• LA
  • CONNETTIVITA’:
  • IL FENOMENO DEL 2017
  • E DEI PROSSIMI 10 ANNI 
  •  
  • di
  • Vittorio de Pedys
  • articolo de pedys
  • Dopo la globalizzazione verrà la rivoluzione della connettività.
  • Lo SCHELETRO saranno i trasporti: autostrade, ferrovie, aeroporti, porti;
  • il SISTEMA VASCOLARE è l’energia: petrolio, gas, fracking, raffinerie, centrali elettriche, reti ;
  • il SISTEMA NERVOSO sono le comunicazioni: satelliti, internet, dati, data centers.
  • Dopo la iper-globalizzazione avremo forse la fine della globalizzazione, oppure la sua sublimazione, cioè la connettivizzazione. Nel 19’ secolo avemmo la geopolitica; nel 20’ abbiamo avuto la geoeconomia, nel 21’ avremo la geotecnologia.
  • La connettività causa complessità: il sistema diventa multi-polare, multi-civilizzazione, multi-attore. Abbiamo sempre sostenuto che la complessità crescente del mondo in cui viviamo ed ancor più, vivremo, richiede strumenti di analisi profondi ed a più strati, e con ben maggiore articolazione dei paradigmi semplici del passato. Quegli schemi (nord-sud, destra-sinistra, popolo-elite, ricchi-poveri, ecc.), non sono in grado di spiegare la realtà e chi continua ad utilizzarli non riesce a capire i fenomeni che ci circondano; ancor peggio se utilizzati per decisioni di policy, la loro completa inadeguatezza non può che generare ulteriori fallimenti, distacchi della popolazione ed aggravamenti della distonia. Oggi è necessario vedere il mondo come è e dove va, applicando paradigmi fluidi, di alleanza variabili e di geometrie di equilibrio degli attori in continuo, tattico, mutamento a seconda delle mutevoli circostanze e degli oggetti del contendere. Il gioco è sempre quello del potere e della sua appropriazione, ma gli attori non sono più gli stessi e neppure i palcoscenici e gli abiti di scena. Dove ieri si parlava ancora di sovranità (ne abbiamo residui più che altro archetipali ancora in azione) oggi bisogna parlare di supply chains mondiali; dove ci si appassionava di rivalità oggi occorre capire le interdipendenze; dove si parlava di potere tout court oggi è vitale l’innovazione. Un esempio per tutti del tipo di analisi necessaria per capire la realtà è la Cina. Questo colosso è al tempo stesso capitalista sfrenato e comunista ortodosso; oppure ancora, si consideri che OGGI la dirigista Cina è il primo partner commerciale di ben 124 paesi, mentre gli USA, campioni del WTO e del libero scambio, lo sono di soli 56...   C’è chi alcune di queste realtà le ha percepite: leggerei in controluce la dichiarazione rivoluzionaria della Merkel (passata sotto imbarazzata mancanza di analisi) “Non esiste una garanzia eterna di stretta cooperazione fra UE ed USA”. E’ un caso che in Cina le auto più vendute siano VolksWagen? Magari una seria e preveggente capacità di analisi sistemica aiuta poi la politica industriale dei paesi che riescono a svilupparla. Da noi inutile anche parlarne. Chi dominerà le infrastrutture sarà la nuova autorità: pensare alla Belt and Road Initiative, o al porto del Pireo, o agli acquisti di miniere e vasti terreni in Africa da parte della Cina. Quindi da nazioni e confini a infrastrutture e supply chains. Si prevede che si costruiranno più infrastrutture nei prossimi 40 anni che negli ultimi 4000. Si stima che sarà speso 1 miliardo di $ all’anno per le esigenze infrastrutturali di base di ogni miliardo di popolazione.
  • C’è addirittura chi sostiene, come l’analista P. Khanna, che la connettività aumenta la frammentazione e la devoluzione (Veneto, Scozia, Catalogna, Hong Kong, Macao, Singapore, Crimea, Taiwan) e che la devoluzione diminuisce i rischi di guerra e di conflitto internazionale. A nostro parere l’ipotesi non è suffragata dai contesti fattuali, ma comunque è il segno di una possibile evoluzione del nuovo pensiero strategico, portato al limite. Un’altra fondamentale conseguenza di questa analisi approfondita riguarda i fenomeni migratori. Noi oggi siamo attoniti di fronte all’invasione economica dall’Africa, ma il tema è, a vederlo con attenzione, ben più ampio. Nel 2013 c’erano già circa 230 milioni di migranti, cioè circa il 3,5 % della popolazione mondiale . Ma la mobilità è un diritto inalienabile dell’uomo moderno e ci si aspetta che un miliardo di persone all’anno passino le frontiere. Avremo, oltre ai disperati che minacciano di rendere la civiltà europea una cosa del passato, anche altri fenomeni migratori più evoluti: milioni di cinesi che cercano cittadinanza negli Usa, e poi lavoratori, expatriats di livello alto, studenti in progressione geometrica. Si porrà presto il problema del migrante permanente, del visto globale e della cittadinanza giuridica globale. Un ulteriore elemento è il “circuito” cui si appartiene. Presto potrebbe esser più importante della nazionalità.   Si tratta di appartenenza identitaria ad un network o ad un circuito professionale: manifattura, infrastrutture, energia, finanza, tecnologia, ecc.
  • Una domanda legittima è: perché la classe media occidentale vive sempre più consapevolmente in una fase di profonda insoddisfazione? Badate bene che ciò potrebbe, forse, costituire il prodromo di un inizio di ribellione. La risposta è perché, nonostante le rassicurazioni elargite dal pensiero unico del politicamente corretto, questa classe sta impoverendosi, precarizzandosi e percepisce in maniera epidermica che sta perdendo la guerra. I numeri, misurati ad esempio attraverso il coefficiente di equità distributiva di Gini, dimostrano ampiamente che le diseguaglianze stanno spostandosi dal classico mondo internazionale all’ambito domestico occidentale, soprattutto in termini di reddito disponibile pro-capite. I veri vincitori della globalizzazione sono i cittadini “globali” (i “superaffluents”) e l’emergente classe media asiatica. La parte di popolazione occidentale, sempre maggiore, che ricade nella definizione di classe medio-bassa, occupa dei percentili con tassi di crescita irrisori nel ventennio “distruttivo” 1998-2008. Solo il primo 1% della popolazione occidentale ha mantenuto tassi di crescita paragonabili a quelli della classe media asiatica, che aggiunge alle sue schiere qualcosa come la popolazione dell’Inghilterra ogni anno.
  • Tutti gli altri occidentali stanno rimanendo indietro, e la percezione è sempre più dolorosa perché il confronto viene fatto rispetto ad una sola generazione, quella immediatamente precedente, che viveva con felicità una fase di crescita. Uno studio della Price Waterhouse Cooper mostra il trend impressionante di cosa accadrà alle classi medie: un travaso di ricchezza senza precedenti dalla classi medie sviluppate a quelle emergenti. Così evolverà il PIL pro-capite (aggiustato per parità di potere d’acquisto) dal 2016 al 2050 per i paesi del G7 (sviluppati) e per i paesi del E7 (emergenti). Anche se il PIL pro-capite dei G7 rimarrà superiore, il gap fra i due gruppi si chiuderà in maniera notevolissima. Solo per fare un esempio, nel 2016 il PIL statunitense era quattro volte quello cinese, mentre nel 2050 sarà solo il doppio. Il PIL italiano sarà raggiunto da quello turco e russo, e quasi, da quello cinese. Considerando i livelli assoluti di ricchezza molto più alti in media in occidente rispetto all’Asia, si può facilmente capire come la classe media, che ha costituito per quasi un secolo il sylos sempre più largo dell’ascensore sociale collettivo, sta diventando invece progressivamente e velocemente una clessidra con la base in perpetuo allagamento verso il basso. Sarà vitale vedere se la castrazione chimica della classe media occidentale fatta col lavaggio dei cervelli derivante dalle deliranti politiche figlie del pensiero elitario e “politicamente corrette” saprà mantenere le pulsioni di rivolta entro limiti gestibili, oppure, come auspicabile, tali argini saranno rotti.
  • In conclusione nel mondo in cui siamo entrati le categorie del passato non aiutano né a capirlo né a governarlo: nel mondo della connettività fluida e del regno della supply chain si può solo dire economicamente: “we are all price takers”.