• Equo 2

  • Una diversa versione di
  • cattivi maestri
  • di
  • Sandro Giovannini

  • “…ora la forza di Enea
  • regnerà sui Troiani e i figli dei figli
  • e quelli che dopo verranno…”
  • Il., XX, 307-308.

  • Siamo giocoforza abituati a considerare l’espressione “cattivi maestri” come necessariamente legata ai tempi bui del terrorismo. Generalmente sinistra perché la specificità tutta occidentale di considerare comunque maestri o maestrucoli gente di diversa ideologia, allo stupidario da noi dominante per decenni e persino attualmente, non è neanche in mente…

 

  • I “cattivi maestri” non furono però mai filosofeggiati con acume specifico perché quella koinè totalitaria sia pur imbellettata, al massimo riduceva necessariamente tutto a “disguidi, errori, deviazioni, equivoci”, etc, etc… E c’era poi sempre il pericolo incombente che i pensanti sinistri si trovassero, loro malgrado, sempre indagabili (essendo gli unici, ovviamente… a pensare), a seconda convenisse al potere oscuro e vischioso di sacrestia o di loggia, comunque sempre obiettivamente antinazionale.
  • L’altro, il cattiverio di diverso e distorto segno, non poteva neanche ambire, a tutti i livelli d’usualità corrente, più o meno mercificata tra giaculatorie e rese, allo statuto di pensiero.
  • E quindi neanche noi, ripercorreremo, esausti ed in ritardo, quell’epopea stracciona, perché non ne vale il minimo sforzo e lì è quasi tutto squallore e stridore di denti…

  • Bene questo - volenti o nolenti, piacenti o spiacenti - è il pregresso.
  • Ora però avanzano tempi nuovi ove parecchio del popolo messo al muro da tanti potentati della normalità cattoprogressista, così in basso come in alto, potrà forse reagire restandogli sempre meno spazio di manovra. Costrettovi. Matrice lampante d’ogni inadeguatezza, esitazione, timidezza, dietrofront, fallimento più o meno annunciato, persino d’ogni errore od orrore futuro, etc., etc… (vedete! si ribalta la nemesi…)
  • I troppi, alcuni persino in buona fede, che discettano sullo psicodramma dei sinistri e sulle loro fantasie di recupero del pochissimo potere reale che gli è stato strappato, incongruamente e - tutto sommato - con non molta destrezza (date le circostanze), evitano sempre di parlare dello “stato di necessità”.
  • Proprio perché non lo vedono. Non lo sentono sulla loro pelle. Perché s’illudono di non essere la rana, mentre fanno - oggettivamente - la parte dei cuochi. Infatti con la metafora della pentola che cuoce la rana a fuoco lento si spiega il tutto…
  • Ma il problema dei sinistri è che loro sono obnubilati dalla loro “ideo-logica” (Augé), sconnessa, pur essendo ancora essi i cuochi anche se la pentola (forse) è di diversa provenienza e la rana (sicuramente) una forzata bestia (che è moltitudine) e che cerca disperatamente di saltare fuori dalla pentola…
  • Pertanto, questo è lo stato dell’arte… bando alle chiacchiere e passiamo a noi.

  • Noi. Chi si illude di poter ripristinare una paideia positiva è un illuso. Ovvio che il politico politicante deve far finta di crederci. E bene… con la massima persuasione, vera o fasulla poco conta. Ma il pensante deve stabilire la “finzione suprema” alla Stevens, ovvero deve far passare tutto il negativo sulla pelle del negativo affinché, un giorno, sperabilmente il più presto possibile, si possa ristabilire una corretta postura delle cose. Chi si può onestamente illudere di poter invertire un processo iniziato migliaia di anni fa? Ci si rende veramente conto di quanto la pesanteur sia attiva, di quanto sia impossibile affacciare, anche in dubitativa, alcunché su qualsiasi argomento? (Non in sé, ovviamente, ma “in re”…) Ci sono cadute forze ben forti. Subito ti sommergono accanitamente con il loro umanismo sfatto, apparentemente imbelle ma onnisciente, pregiudiziale e presuntuoso, intollerante e crudele, con la loro ipotesi ridicola d’una speranza cosmica, forse non più del tutto dogmatica ma sempre pietisticamente affidativa od astrattamente umana-troppo-umana o con le proiezioni tecno-materiali perlopiù irrazionali o modaiole, quando sappiamo benissimo, dentro di noi, che se non reagiamo - di necessità più o meno scompostamente ormai - in tempi brevi a condizioni estreme accumulatesi, l’entropia (questa sì… veramente cosmica) sarà inevitabile. E questi sarebbero i migliori illusi e non gli inevitabili - prevedibili - rabbiosi, cani da guardia…
  • Se ci raccogliamo in noi stessi e siamo onesti e lucidi non possiamo non convenire con questo metodo. E se non conveniamo è solo perché facciamo parte con quei cuochi o con quei seminatori d’imbrogli e d’oppio. Di necessità – comunque - con quella “bestia”. Perché magari vogliamo sperare, credere od illuderci, invece di combattere.
  • Non parlo poi neanche dei cosiddetti “rinnegati del terrore”, (Caillois), che si sa… passano facilmente alla “retorica dell’ordine” (usuale, dominante), comunque paludata od anarcoide.
  • Parlo di coloro che ancora vogliono discentrare il disordine accanto a sé e sono consapevoli che solo forze massive si possono opporre (l’esito comunque è sempre incerto) a forze massive. Lo spirito deve poter animare, invece, allora, qui, un popolo/quasi/zombie, là vomitare un “cadavere con l’armatura”, (Toynbee), da supereroe di plastica, dall’altra occhieggiare alla “SCO”, sapendo che nessuno aiuterà mai - per bontà - chi non è “in armi”…
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  • Ma anche le guerre straniere possono essere d’epifania, di risveglio e di liberazione.
  • Elevare la “finzione suprema” a metodo, essere dei cattivi maestri fra tanti buoni e rovinosi propositi, spregiare definitivamente, a qualsiasi costo, la resa.