• dal  GEORGE-KREIS    al   COLLEGE DE SOCIOLOGIE

di

Federico Gizzi


 

  • Larvatus prodeo. 
  • (Descartes, Cogitationes privatae, 1619).

  • Negli ultimi venti anni si sono moltiplicati, con esito largamente profittevole, gli studi generali e particolari riguardanti quel fenomeno che potremmo definire l’evocazione del Sacro perduto; ovvero quei tentativi pubblici e privati, svoltisi sui più vari piani, di restituire un soffio di sacralità e di trascendenza ad un mondo, quello occidentale, avvertito oramai come avviato sulla strada di una apparentemente inesorabile secolarizzazione. Notissimi sono gli studi relativi alla sacralizzazione della politica e, più in generale, riguardanti le nuove religioni politiche, del XIX e soprattutto del XX secolo[1]; meno note, ma altrettanto importanti, le ricerche svolte su cenacoli, gruppi, consorterie, lignèe, reseau, che all’interno delle stesse coordinate spazio-temporali e culturali hanno tentato, vuoi con caratteristiche più contemplative, vuoi più operative, di effettuare vere e proprie fondazioni religiose ovvero di praticare evocazioni sacrali, a vantaggio o anche a svantaggio di una civiltà avvertita come giunta ad una pienezza dei tempi che non consentiva di operare altrimenti in questi ambiti.   Il focus di questo contributo è centrato su due ambiti delimitati, il George-Kreis e il Collège de Sociologie, ormai piuttosto ben studiati e sui quali ambiti, ovvero sui protagonisti di essi, esistono diverse opere imprescindibili, alle quali si rimanda[2]; il che mi esenta dal trattarne diffusamente e generalmente.   Mi è invece sembrato più interessante trattarne a luce radente, diciamo, alcuni aspetti comparativi, marcandone differenze ed analogie, osservandone alcuni aspetti fenomenologici peculiari, e soprattutto inserendo questi ambiti, ed i loro protagonisti, nelle vicende storiche di cui, pur nella discrezione del loro essere ed operare, si sono trovati ad essere spettatori e talvolta anche attori; quell’insieme di vicende, che, tra fine del XIX secolo e metà del XX, possiamo riassumere nel termine Tramonto dell’Occidente ed ingresso (dell’Europa) nella Post-storia[3].    L’interesse per questi due ambiti, ciascuno a suo modo così elitario, è cominciato per me quando incontrai la figura del tutto eccezionale di Alfred Schuler, che potremmo definire lo psicopompo del George-Kreis[4]; di questo autore, e della sua opera principale, ho avuto modo di trattare nel n° 29 della rivista La Cittadella, dove, parlandone più diffusamente, ho abbozzato il confronto con gli ambiti propri al Collège[5]. Qui invece il baricentro della narrazione è spostato su quest’ultimo gruppo, che ho cercato di posizionare all’interno di un vastissimo insieme di relazioni palesi e segrete che segnano la storia culturale, e non solo, del Novecento europeo.    Parlare di relazioni palesi e segrete non vuol certo suggerire, gli Dei ci consentano di sfuggirne sempre, una visione volgarmente complottistica degli eventi storici; piuttosto, invitare a vedere, del tessuto storico, la trama e l’ordito. E’ stato detto che quel che spesso ci manca è una storia gnostica, che sappia leggere gli intersignes che punteggiano così di frequente, a saperli vedere, il tempo storico[6]. Questo scritto, con molta presunzione, ambirebbe anche a fornire un contributo in questa direzione.
  • Un’ultima osservazione, relativa allo stile di queste pagine; uno scrittore dei nostri tempi, Jean Parvulesco, ha sostenuto più volte con forza che i tempi presenti, e l’affrontare determinati argomenti, richiedano da parte dello scrittore l’utilizzo dello stile esaltato, l’unico atto a far emergere certi specifici contenuti. Benché non sia uno scrittore, ho tentato di praticare, in una determinata misura, la stessa scelta[7]. Se anche minimamente vi sia riuscito, questo, ovviamente, è giudizio che spetta al benevolo lettore.
  • Le note al testo, bibliografiche o meno, hanno anche il compito di riequilibrare lo scritto e ancorarlo alle modalità consuete della prosa saggistica.

 

 

  • Chassé-croiset
  • Secondo una struttura a chiasmo il Collège risulta analogo al Kreis, pur nelle profonde diversità, nell’essere al tempo stesso vicino e distante alla propria tradizione nazionale. Un antinazionalismo e una forte francofilia contraddistinguono il Kreis secondo una secolare tradizione molto tedesca. Un disprezzo della Republìque ed una sostanziale preoccupazione per le sorti della France, caratterizzano il Collège, secondo una secolare tradizione molto francese.

  • L’ Urreich di Stefan George
  • L’antinazionalismo di George è indiscutibile. Il suo regno non è di questa terra. Non ancora. La sua Germania è una Germania Celeste che ha solo il nome in comune con il Reich bismarckiano. Meglio, è un archetipo che costituisce un prius cronologico ed ontologico alla Germania stessa. Auspica l’avvento del terzo regno, sì, ma in questo senso:
  • RHEIN: I
  • Ein fürstlich paar geschwister hielt in frone
  • Bisher des weiten Innenreiches mitte.
  • Bald wacht aus dem jahrhundertschlaf das dritte
  • Auch echte kind und hebt im Rhein die krone[8].
  • (Stefan George: Der siebente Ring. Gesamt-Ausgabe der Werke, Band 6 / 7, Berlin 1931, S. 197-198.)
  • ancor più netto riguardo alla Germania è:
  • Den eklen schutt von rotel kalk und teer
  • Spei ich hinaus ins reinigende meer[9].
  • Significa ripudiare l’intera tradizione prussiano-nazionale del 1813, e le sue possibilità, e del 1848 e del 1871, in favore di qualcosa di molto più antico, di una Lotaringia non storica, di un Reich anteriore alle divisioni nazionali e alla perenne possibilità di divisione, propria di qualsiasi Imperium Romanum. Questo terzo regno viene ad essere una radicale alternativa al concetto di Dritte Reich più noto, quello concepito da Moeller van der Bruck nel 1923[10] … George non è un millenarista gioachimita, e soprattutto non è un dialettico: il Terzo Regno si manifesta come luminosa verità che sbaraglia le altre due false, i solidali nemici (i due fratelli). Il Terzo è per George colui che porta il vero titolo alla Römische Krone; e non è, non potrà mai essere uno “Stato nazionale”[11].   Un’indagine ulteriore potrebbe cercare di individuare se vi siano dei sentieri che, dalle concezioni proprie al Kreis, conducano in qualche modo alla costruzione europea avvenuta dopo il 1945, anche se ovviamente questa Europa, originariamente “renana”, e concepita nella forma cattolico-romana, non ha molto a che vedere con quanto veniva agito, pensato e poetato prima della Finis Europae; e forse ci sarebbe qualcosa da dire sulla riconciliazione franco-tedesca, così come voluta soprattutto da de Gaulle; ma si tratta di una storia e delle storie lunghe a raccontarsi…   Comunque sia, è solo a partire dal 1908 (in relazione alla Wende metafisica e sacrale legata alla scomparsa di Maximin?) che avviene uno spostamento della poetica di George verso la “Germania”, intesa come oggetto di una metapolitica[12].   Der Zweite Reich, centrale, assiale. Il Kreis, George, l’Impero Segreto, sarà il suo esoterico. Der Dritte Reich, orientalia, dominio dell’exoterico.
  • Apolitìa come metapolitica sembra essere il segno distintivo del Kreis, mentre sarà propria del Collège la volontà di agire in direzione della GRANDE politica.
    Il silenzioso e volontario esilio svizzero negli ultimi mesi di vita di George, nel 1933, non è certo una dissidenza banalmente “politica”[13]; è il gesto di una potenza sovrana, poetico-sacerdotale, che si ritira dalle scene del mondo negando un riconoscimento, un’unzione, al nuovo potere. Nessun Sacre de Hitler, per chi trae la propria legittimità da un Volk al massimo grado dell’indifferenziazione.   In George è qualcosa di rosacruciano. A questo sembrano rimandare simboli e poetica ne I Templari, nella Stella dell’Alleanza[14].   Questa ligneè relativa ad una assoluta apolitìa che in determinati casi di eccezione acconsente ad intervenire nella politica con finalità metapolitiche è ben visibile qualora si ponga mente alla presenza dei fratelli von Stauffenberg nel Kreis (il maggiore degli Stauffenberg, anch’egli perito nella repressione forsennata dell’attentato del 20 luglio 1944, fu il coniatore del termine “Germania Segreta”)[15]. Molte altre tracce riconducono i cospiratori del 20 luglio agli ambienti della “Germania Segreta”; a volerlo leggere con attenzione, il Diario parigino di Ernst Junger è colmo di allusioni in tal senso[16].   Il Kreis sarà generatore di mille traiettorie diverse in tutti coloro che vi hanno partecipato ovvero ne sono stati toccati, accomunate però dallo sguardo retrospettivo (un passato futuro) in direzione di una Germania non odinica, di una Germania come ultimo e supremo frutto di Roma, Sacro Romano Imperiale, Ottoniana, Bizantina, e quindi di una genealogia Roma – Bisanzio - Istanbul; qui certo fortissimo permane l’impulso iniziale dato da Alfred Schuler lo Sciamano, da Ludwig Klages, da Friedrich Gundolf (indicativo un suo libro, Caesar.Geschichte seines Ruhms)[17]. E’anche una delle fonti a cui attingerà la formazione di Hugo von Hoffmansthal, di colui che conierà il termine di Konservative Revolution, precisandone il più vero senso (mentre ben altra cosa diverrà il termine nella celebre lettura che ne darà Armin Mohler)[18]; a cui guarderà Rainer Maria Rilke; da dove, in un’altra dimensione, trarrà nutrimento l’estetismo di Klaus Mann, grande art pour l’art; e molti altri saranno in debito con il Kreis, non ultimo chi, come il grandissimo Ernst Robert Curtius, saprà redigere, con infinita pietas, il repertorio tre volte millenario delle forme letterarie europee[19].    Dirà in un’occasione George: “Wilde, D’Annunzio: grandi artisti”[20]. L’affermazione mostra come la sua natura sia quella di Vate, come, nella diversità, D’Annunzio; non è ancora venuto il tempo dell’apparizione degli sciamani sul suolo europeo[21]. La Grande Forma ancora tiene.    Sulla questione della “Forma” mettere a confronto: l’Algabal di George e l’Heliogabale di Artaud, 1892 e 1934[22]. Il primo inaugura il Kreis, e i Blatter fur die Kunste, ovvero quanto di più eletto potesse offrire la cultura europea alla svolta del secolo; il secondo, prossimo al Retour du Mexique di Artaud, contiene già tutta la notiòn de depense, è l’ouverture al Collège[23]. Nulla di più differente rispetto all’artificium absolutum della prima opera, distillato di Mallarmé, ma in tutti e due appare evidente come il giovanissimo Cesare siriaco sia immagine di un Sacro che è radicalmente Altro rispetto al mondo profano ed ordinario; costituisca un artificium, etimologicamente, che deve sostituire la sostanziale irrealtà del mondo ordinario, di veglia, seppure con mezzi diversissimi. La Wende metafisica di George avverrà con l’epifania di Maximin, mentre Artaud è métaphisique malgré soi, metafisico sul e nel suo corpo.

  • Qual è il legame più patente (nel più pieno senso del termine: di una manifestazione sofferta) tra il Kreis ed il Collège? Forse il concetto del Sacrificio: Sacrum facere, un limes non superato, laddove per l’altezza della posta in gioco non poteva essere richiesto meno del supremo tra i sacrifici[24].

  • Una visione comparativa inserirebbe tranquillamente il Kreis e la comunità di Acephàle, exoterico del Collège, nei cento e cento “circoli” e “Collège”, che tra Otto e Novecento, nelle più svariate forme, hanno tentato, tra mille magie, dalle più alte alle più basse, dalle più elitiste alle più indifferenziate, dalle più speculative alle più operative, di insufflare nel corpo afflosciato ovvero inaridito dell’Occidente decadente, meccanico, secolarizzato, cristiano, ateo, democratico, liberale, capitalista o collettivista, o qualsiasi altro possibile giudizio insofferente ne sia stato dato, di insufflare dicevamo, ovvero evocare ex alto o anche ex imo, nuovamente parcelle o nuclei germinali o epidemie del Sacro.     Che si tratti in Italia di massonerie “di frangia” o del Gruppo di UR, o in Francia di gruppi esoterico-occultisti, o in Inghilterra di neo-rosacruciani, e da lì alla Hermetic Brotherhood of Luxor, alla Golden Dawn e all’O.T.O. e a Crowley… dall’esterno le somiglianze risulteranno molte; ma un’analisi storica e fenomenologica al tempo stesso, pur nelle analogie di fondo dirà molto di più, cogliendo quanto di specifico vi è stato in ognuno di questi momenti apparsi all’interno dell’Untergang des Abendlandes[25] .   Momenti grandiosi e meschini insieme, mossi quasi sempre dall’urgenza dei tempi, facili allo sfaldamento e alla perdita della Grande Forma, e che, trasferitisi tra Guerra e Dopoguerra (e Dopostoria) oltre Oceano, subiranno frequente la deriva verso un luciferismo tristo e feroce, verso Cielo Drive, LA, 9 Agosto 1969: Helter Skelter, Death to Pigs! Oltre, si stenderanno gli imperi dianetici di Scientology[26].

  • Rispetto al Collège, negli anni immediatamente precedenti, vi fu un’esperienza forse molto più hard, ma infinitamente lontana dalla dimensione di qualsiasi politìa: René Daumal e il rabelaisiano e patafisico ambiente de Le Grand Jeu[27].

  • L’ULTIMA avanguardia entre-deux-guerres.
  • Qual è la linea maestra (una delle linee) del Collège? Suscitare, scatenare, epidemia, PANICO. Portare il culto del Dio itifallico entro le mura della Polis languente: Wo aber Gefahr ist, waechst das Rettende auch[28].    Ma, forse senza che se ne avvedano del tutto gli stessi artefici, viene attivata – si tenta di attivare – una ligneè di magia, influenze, ligature, riemerge dal lavoro in cripta l’opera più inquietante del Nolano, il potentissimo DE VINCULIS IN GENERE (secondo la lettura che ne diede Couliano)[29].    Magia si erge di fronte a magia, di fronte e a fianco delle terribili ed efficacissime ligature che in quegli anni si vanno ordendo nelle adunate di Norimberga; e forse anche nel silenzio di alcuni palazzi di Mosca.    Rispetto al Kreis il Collège costituisce un momento, tanto breve quanto intenso e lancinante; rispetto al quarantennale sacerdozio di George. Si tratta di un passaggio ad altra modalità, quando il Vate si spegne nel 1933 sulle rive di un lago elvetico, e qualcosa di decisamente nuovo si impadronisce del Reich. Qualche anno dopo Artaud tornerà dal Messico, con strumenti per una risposta all’altezza della sfida.    Dalla apolitìa alla metapolitica, alla grande politica, una linea emanazionista che, manifestandosi nel tempo storico, si lega all’urgenza dei tempi stessi.    La politicità del Collège andrebbe anche letta, essotericamente, nel più ampio contesto del pensiero non-conformista, francese nella sua maggioranza, degli anni trenta: i non-conformisti, ovvero, ormai sembra essere ben chiaro, non una minoranza ni droite ni gauche, ma la MAGGIORANZA del pensiero e dei pensatori significativi nella fase finale della Troisième en France, “senza alternative serie” (Hollier)[30].   Un mondo che vedrà scissioni fusioni svolte copernicane silenzi fucilazioni esilii palinodie travestimenti et ultra, dopo 1) il 1940 2) il 1944, tali da renderlo, anche al di là delle censure e degli anatemi post-bellici, un palinsesto di difficile lettura.    Ma ci sarà una ragione se i resistenti, quelli che faranno da kata-echon, quelli che risponderanno al rappel du dix-huit du juin, così come anche molti depotenziatori, guastatori, rallentatori, muri di gomma, che opereranno a Vichy, provenivano quasi tutti dalle file dell’Action Française? E, al contempo, quanti collaboranti provenivano dall’apparato politico-amministrativo della Republìque…  Quanta devozione timorata ed ipocrita, e soprattutto, quanta incomprensione nei silenzi sul & recuperi selettivi dell’operato di Bataille e sodali dopo; a buona ragione, perché la loro “ricostruzione dell’universo” (dionisiaca e panica; e talvolta orfica e neoplatonica), in alcun modo è riconducibile alla Scuola di Monaco (quella “facile”, come annotava Junger) o di Milano (1910,1919)[31]; si affaccia su tutt’altre possibilità. MA CERTO NON HA NULLA A CHE VEDERE, NON HA, DIREMMO, NEMMENO UN ALFABETO COMUNE, CON QUALSIASI “MAGNIFICA SORTE E PROGRESSIVA”, che essa sia annunciata da Mosca o da Londra-Washington, o da una Ville lumière impavesata per il quatorze-de-juillet.

  • Il Collège, essoterico di Acephàle, a sua volta essoterico dell’omonima società segreta.   Dal segreto (ogni freemasonry degna di questo nome; il Kreis) alla società segreta (il Collège) ai servizi segreti (ogni Great Game; inclusi quelli odierni)[32].
  • Chi è il Maestro? Non c’è il Vate, non c’è “poesia” tradizionale, con Apollo Febo ed il corteggio delle Muse. E’avvenuto il passaggio (quanto meno, nelle intenzioni) dal Vate allo Sciamano, la Forma assottigliata non contiene più la materia allo stato incandescente, prorompente. Si ha un analogon rispetto al quadro politico, dove nell’Imperium, nel Reich, avviene il passaggio dal Kaiser al Fuhrer. Così le opere del Collège rispetto agli alexandrin libéré emersi dalle trance, alle scritture automatiche, di Breton e dei surrealisti[33]….   C’è da dubitare, senza nulla togliere all’importanza dell’autore, che questo ruolo possa essere attribuito a Bataille, anche a costo di suscitare lo sconcerto di quanti sono rimasti stregati dalla sua avvincente costruzione filosofico-letteraria, e le ire di quanti hanno costruito sul personaggio proficue carriere universitario-editoriali; la sua figura non riesce a riassumere da sola la totalità del senso del Collège[34].   Molta maggiore attenzione andrebbe prestata al giovane luperco Roger Caillois. E’ centrale. E’ determinato. E’ propenso ad un attivismo, ad una operatività, ben lontani dalle posizioni di Bataille[35].   Trascina più che essere trascinato. In lui domina Euphorìa, nel senso della forza che porta via. Qualcosa che ricorda le atmosfere del Re degli Ontani di Tournier[36]. La sua precocità è assoluta. A diciotto anni padroneggia sovranamente la lingua francese ed è già vicino a Roger Gilbert-Lecomte e a Le grand jeu prima di passare vicino, per poco, ai surrealisti, e subito lasciarli. Quante cose ha scritto, per poi non siglarle, non rivendicarle. Ma mai nemmeno rinnegarle. Che gioco strano.
  • Caillois nella sua geniale precocità e nella sua riservatezza un poco ambigua, specie dopo il 1940, fa venire alla mente Johann Valentin Andreae, il geniale e ambiguo teologo al centro dell’affaire dei Rosa+Croce, oltre tre secoli prima[37].    Ma chi è il Maestro Segreto?

  • Occhiali rotondi, capelli neri e lucidi di brillantina, colletto duro da Germania guglielmina, cravatta nera e sottile; il labbro inferiore è sensuale e sporgente. Alexandre Kojève inizia le sue lezioni all’Ecole Pratique des Hautes Etudes. E’ l’anno 1933[38].    Probabilmente il Novecento parigino non ha visto lezioni di importanza ed influenza paragonabili a quelle di Kojève, a parte, quarant’anni dopo, quelle di Foucault: ma l’autore della Volontà di sapere era un professore del Collège de France, mentre il “filosofo della domenica” era TERRIBILMENTE OPERATIVO[39]…   Quanti Nomi assistevano alle sue lezioni… e quanti futuri Grandi Maestri delle proprie chevalerie… Georges Bataille, Andrè Breton, Jacques Lacan, l’immenso Henry Corbin, Roger Caillois, anche Raymond Aron, e Bertrand de Jouvenel, Maurice Merleau-Ponty, Raymond Queneau, Gaston Fessard ed Eric Weil, Georges Gurvitch, Jean Hyppolite, Robert Marjolin, e una volta anche Hannah Arendt[40].

  • Ouverture eurasiatique
  •  Kojève.  Da un Oriente in preda a mortali convulsioni, un Maestro si è diretto verso Occidente. Un Gurdjieff in colletto alto, accademico. Negli stessi anni, il Novecento si diffonde, come un’epidemia, dall’Oriente verso Occidente. Una serie di immani esplosioni, in confronto alle quali il 14 di Luglio sembra una festa campestre… Russia 1905, Persia 1906, Turchia 1908, Cina 1911. Tutto questo PRIMA di Sarajevo 1914 (e qui siamo già in un piccolo avamposto dell’Oriente…)[41].    E’ una katastrophè, anche a prescindere dal conflitto mondiale. Come lo sarebbe stato il Febbraio 1917 anche senza l’Ottobre. Dopo, l’epidemia. La Spagnola devasta i continenti. Porta con sé Schiele, Klimt, Weber, Apollinaire. La Finis Austriae. Due milioni di morti solo nei territori dell’Impero. L’Eurasia nel 1918-1920 è risucchiata in un colossale maelstrom. L’Occidente non ne è del tutto consapevole, in ultimo, a ben vedere, il finisterre dell’Eurasia, latino anglosassone scandinavo, la Svizzera, l’Olanda, ne viene toccato quasi marginalmente[42].   Si compiono grandi atti magici per difendere i propri paesi dalle orde di Gog e Magog, dal caos montante.   In Italia si raccolgono le spoglie di centomila caduti in battaglia, disposti attorno ad un Duca e Condottiero, per difendere la soglia orientale. Un Vate Latino, come accadeva un tempo agli eroi fondatori e salvatori e redentori, difende, con il corpo suo e dei suoi compagni, apostolicamente disposti a raggiera attorno a lui, la porta settentrionale del paese contro l’”eterno barbaro”[43].    Da un Sud ontologico più che geografico preme il Messico. Lo si presagiva fin dai tempi del Generale Galliffet, il sanguinario “normalizzatore” della Parigi comunarda, che aveva fatto il suo apprendistato nell’Impero dello sventurato Maximilian. Lo sapeva anche Carducci, basti leggere Miramar. Graecia capta… Lo ribadirà con chiarezza Junger nei suoi Diari parigini[44]. I Tropici penetrano in Europa, prima di qualsiasi “effetto serra”. Giovanni Battista dei surrealisti, il primo “tropicalizzatore” dell’arte europea fu il Doganiere Rousseau (non a caso piaceva loro tanto)[45].   L’Occidente INVASO, da Sud e da Est, nella psiche, ben prima che nella materialità dei milioni di deracineès delle periferie dell’intero pianeta[46]. Il Novecento, secolo psicotropo, penetra nella mente. Dietro la Cocaina, che fa tanto Decò, si prefigura il Grande Afghanistan della cartografia surrealista[47].    Contra, si staglia la chevalerìe dei grandi difensori della traditio europea, per lo più francesi, uno spartiacque nato entre-deux-guerres. Biblioteche, cattedre, musei, riviste, divenute altrettanti Kraak des Chevaliers per alcuni grandi nomi: D’Ors, Curtius, Fumaroli, Clair[48]. E poi gli Inglesi; e gli emigrés da tutto l’Oriente; e i Tedeschi. Warburg, ovviamente, primo tra i nomi. E tutta la scienza iconologica, a Londra. Ma ancora prima, la scienza morfologica dei Francesi, con Male, Focillon, Baltrusaitis[49]. E Caillois, dopo il Collège. Come Pegaso, si fanno scudo della Gorgone, quando questa non li abbia impietriti, alla ricerca della logica, se ve ne è una, propria alle forme brulicanti, alla teratologia. Ancor prima che giunga Albert Hoffmann[50], e senza supporti chimici, se non quelli che secerne la mente stessa, partono per viaggi acidi, da cui qualcuno non è tornato, qualcuno ne è rimasto segnato, qualcuno ne è uscito più ricco: chi, tra questi, sia riuscito ad entrare nella grotta del tesoro, ad affrontare, schivare o ingannare il Drago, e ad uscire con una manciata di pietre preziose, minima ma sufficiente a nutrire tutta la sua restante vita.  Translatio Imperii. Di fronte allo scatenarsi rinnovato dei Titani, gli Dei, sotto mentite spoglie, come quando fuggirono in Egitto di fronte a Tifone, approdano alle biblioteche delle Universities del Nuovo Continente.

  • Giochi di specchi, scambi, infingimenti, identità plurime tra Occidentalia ed Orientalia.
  • Talvolta nel Collège emerge un’aura romantica e goethiana. Bataille parla dei rapporti tra individui ed astri. Il termine Collegium richiama qualcosa di quasi sacerdotale, monastico. “The Invisibile College”. I ROSACROCE DEL NOVECENTO[51].

  • 1931 e sgg. il “Sacro Tremendo” e la scoperta del Messico
  •  Una ligneè mexicaine è con evidenza quella che lega Lawrence ad Artaud; certo con degrés abissali di consapevolezza tra i due[52]. In ultima analisi, Artaud è irriducibile a qualsiasi sodalizio, sebbene il suo contributo all’aura che si manifesterà nel Collège, più indiretto che diretto, sia incalcolabile. Il suo ruolo è in qualche modo paragonabile a quello di Schuler nel Kreis; ma Artaud è estremamente più coerente nell’outrance e quindi anche nell’(auto)distruzione.   L’articolo di Artaud del 1931 nella N.R.F., sul teatro sacro balinese, e l’inizio delle lezioni di Kojève all’Ecole nel 1933, costituiscono le sorgenti delle due correnti principali che daranno vita al Collège[53].    E’la grande stagione di un’antropologia sul campo, per la prima volta vissuta scientemente come Innere Erlebnis: Marcel Griaule, Michel Leiris (questi al tempo stesso interno ed esterno ad Acephàle ed al Collège) inaugurano una versione hard della disciplina[54]; Leiris coltiverà insieme a Bataille una ricca diramazione “taurobolica”, mitraica, incentrata anche sulla corrida, filone che parte almeno da Montherlant, e che giungerà fino al Jean Cau di Toro![55].    Dal Messico azteco, alla Rivoluzione messicana, al Surrealismo, si giunge all’ossessione di Bataille per il Sacrificio e per la mis-à-mort, condensata, gallico more, nel regicidio di Luigi XVI[56].   L’arte azteca colpisce di schianto per la sua asciuttezza estrema, concinnitas, immediatezza, E’ COSI’: un’arte ieratica, ma ad un grado per noi intollerabile di concentrazione espressiva.    Contagio. L’appestato Artaud si dirige verso il Collège, e IL SOLE azteco si dirige verso il Collège, e verso il Sole Mediterraneo e Mitraico, un terreno preparato fin dai tempi dei Fauves e del Picasso più grande … Il Sole di Aztlan risveglia il Sole Mitraico… Come il Sole Siriaco, ai tempi di Aureliano, risvegliò il Sol Indiges romano… Fino a giungere al Sol Invictus di Raymond Abellio[57]…    E d’autre coté Georges Dumezil negli stessi anni teneva il suo pregnante corso sui centauri, che dopo fu ripudiato.    “Credo capiti, a tutti coloro che insegnano, un anno mirabile: come mai prima né dopo, seggono sui banchi gli ascoltatori ideali, i predestinati; saranno due, tre, al massimo quattro. A loro si comunica gioiosamente, con trasporto, ciò che si è pensato in segreto, con difficoltà. Si ha però la premonizione, quasi inconfessata, che essi stravolgeranno tutto, brillantemente tradiranno, perché tradizione e tradimento vanno di conserva”[58].   Nel frattempo, nelle aule dell’Ecole, avveniva l’incontro tra Hegel e lo sciamanesimo.  “Grazie a (…) Kojève, (Bataille e Caillois) imparavano a leggere Hegel secondo la tradizione hegeliana russa, come maestro della ‘potenza del negativo’ del demoniaco”[59].  Di fronte ai terribili “centauri” di Oltrereno, presto dilaganti in tutta Europa, Bataille e Caillois scoprono che il Sacro “républicaine” non può non essere fondato sulla commemorazione dell’atto fondatore: la mis-à-mort, il sacrificium del rex: 21 du janvier 1793, place de la Revolution (già Louis XV, poi sarà de la Concorde).    Qualche anno prima, Bataille si aggirava fascinato tra le scenografie stile Novecento della Mostra del Decennale a Roma, annotando come la scure – ed il Fascio - del Littore avessero sostituito ovunque il signum della religio cristiana. Dal Sacrificato al Sacrificatore[60].   I citoyens de la République… Una certa aria di condivisione di un fondo opaco, una latente consapevolezza, reciproca e solidale… Come chi è compartecipe di un segreto, indicibile… L’essenza dell’esprit républicaine

  • Ascoltavano le conferenze Horkheimer, Adorno, Benjamin[61]. Da quello che ne hanno riferito, sembra che non capissero nulla. O forse, proprio perché capivano, rifiutavano tutto, negavano, dimenticavano.

  • Hollier, Surya (nomina sunt omina). Storia segreta e palese del Collège
  •  La minuscola stazione di Saint-Nom-la-Breteche, perduta in piena foresta di Saint-Germain: un ottimo soggetto per un quadro di Magritte o di Delvaux[62].  Oltre le lezioni di Mauss, e l’eresia politica, con Boris Souvarine, oltre gli articoli di Contre-attaque, oltre il magistero di Breton: Acephàle. Bataille menziona la cruautè Azteca. “Niente vino a mezzogiorno”, impongono le regole della fratrìa; incombono i demoni meridiani, dirà Caillois[63].   Kojève, cui Bataille sembra riservare sempre particolari riguardi, non approva e non disapprova: sperimenta gli sperimentatori?
  • Primato del simbolico, secundum rythum (Bataille) vel mythum (Caillois), versus ogni primazia dell’oikonomicus ovvero dell’utilitas ovvero della praxis. Il sociale, immensa mole monadica, secondo gli insegnamenti di Durkheim, mostra crepe, si gonfia, si assottiglia, diviene traslucido, si rompe, giungendo al punto di mostrare la sua relazione analogica con L’ALTRO. Appare costellato, come avrebbe detto in quegli stessi anni da Zurigo un anziano orso[64].   Caillois sembra essere più portato ad un’urgenza “operativa” di quanto non lo sia Bataille, più legato all’esperienza mistica individuale. Attrazione di Caillois per il segreto, la segretezza. Segue i corsi di Dumézil, dove si parla dei Luperci. Anni, questi, di poi dimenticati studi sulle Mannerbunde, quali quelli di Stig Wikander, Franz Altheim, ed altri. Dopo nell’accademia accreditata ne tratterà senza timori solo Pio Filippani-Ronconi[65].    Attratti tutti dalla mitologia e dalla mistica dei corpi speciali, fratrìe del Novecento. Tutte scaturite dalle Tempeste d’Acciaio. Arditi, abiti neri, emblemi di morte: altra e parallela philìa rispetto a quella massonica, e poi repubblicano-anarchica, così amazingly simile. Fino all’O.A.S., per quanto riguarda la Francia[66]…    L’inchiesta svolta da Jules Monnerot sui direttori di coscienza, molto significativa per indicare la direzione degli spiriti vicini al Collège[67]…    In campo meramente politico Bataille raggiunge col Collège un punto di massimo avvicinamento, o allontanamento, se vogliamo, rispetto agli avvenimenti presenti, movimento molto più ultra dei testi già molto orientati – verso l’oriens proprio a quegli anni - di Contreattaque, o anche di Acephàle (la rivista). E però, su di un piano quasi del tutto essoterico, non sembra che aleggi anche la grande, e talvolta mediocre, ombra di Sorel[68]?    In Caillois c’è volontà di potenza.  I Luperci donano e confermano la regalità[69].  Contra, Bataille. Caillois, dopo, negherà di aver partecipato ad Acephàle (la società), di aver rifiutato quanto comportava, e questo, sembra di poter dire, NON PER PRINCIPIO, ma per ASSENZA DI UNA INTELAIATURA MITOLOGICA che reggesse il tutto.  Insostenibilità del rito senza il mito; analogon alle posizioni proprie dell’unico grande assente di questi anni, Levi-Strauss, il quale si stava dedicando, nei Tropici che si accingevano a diventare tristi, alla decifrazione e catalogazione delle tassonomie della Penseè Sauvage[70]. Stavano diventando tristi, perché tutto il mana, così avrebbe sbrigativamente sintetizzato un tempo Durkheim, se lo era portato Artaud in Europa.    Levi-Strauss avrà una polemica con Caillois nel 1954, quando questi l’accuserà di “avanguardia”, stupefacente, ma in fondo nemmeno troppo, dopo la Wende “occidentale”, e ad haut degrèe di Caillois[71]…   Eppure, avverso al mero rito, aveva ricevuto nozioni di religione indiana che gli avrebbero consentito di affrontare la questione (da Daumal)… Per Bataille, invece, un rito senza mito… Questo porta ad una voluta ed invocata precarietà, tutto è sempre sull’orlo della disgregazione… L’esperienza precipita continuamente in una dimensione meramente individuale, quindi la comunità, instabile, mai veramente fondata, di continuo dissolve se stessa…

  • Le Vent d’Hiver, il più “boreale” degli scritti di Caillois, soffierà nel Collège per due inverni, 1937-38, 1938-39[72]; poi sarà l’inverno malato, il calore malsano e palustre della Drole de guerre, che con i suoi umidi venti di scirocco finirà di debilitare quanto rimasto delle strutture della Républìque. La Francia avrà il suo otto settembre, tutto quello che era avvenuto prima sarà travolto dal senso saturnio della fine, della fine di un mondo…

  • Glosse alla Storia segreta e palese
  • Volendo, alle storie accennate se ne potrebbero aggiungere molte altre, quasi infinite, che provengono da altre regioni, si incrociano per poco o lungamente con le prime, e poi si dirigono verso ulteriori itinerari.   Si potrebbe parlare di Pierre Klossowski, anch’egli un “interno”, e di Maurice Blanchot, che ALLORA era molto vicino a questi reseau, e cercare di dire qualcosa di Dumézil, che sembrava apprezzare abbastanza Caillois, e che in quegli anni frequentava allo stesso tempo le officine della Grand Loge, e le redazioni dell’Action Francaise, e ragionava delle origini “celtiche”, e trifunzionali, della Maconnerie[73].   E dire qualcosa di Foucault, che molti anni dopo dirà come il suo pensiero debba molto a quello di Dumézil, e che l’essenza del metodo di questi è tutto raccolto nella sua sotie nostradamique[74]…   Altro Maitre, Dumézil, talvolta elusivo… Qualcosa di Scottisch[75]…   E di Lacan, anche lui, come Dumézil, proveniente da ascendenze giovanili maurrassiane… Lacan, che in quegli anni sviluppa il concetto, di ascendenze orfiche ed ermetiche, della “fase dello specchio”[76]… Gli specchi di Lacan e i labirinti di Caillois. Il labirinto, il gioco di specchi, costituiscono una realtà indiscutibile della Francia di quegli anni… Caillois porterà tutt’e due questi emblemi con sé, in Messico, in Argentina. Diverrà il traduttore di Borges. I labirinti mitici e portegni del poeta accoglieranno nella loro obliosa memoria i labirinti e gli specchi tra cui si collocò un giorno il Collège.

  • Note dalla post-storia
  •  Nella storia appaiono talvolta certi momenti saturnii, quando la dimensione divoratrice di Kala-Kronos si mostra in tutta la sua desolata potenza; e ciò che è stato appare irrevocabilmente morto. Così sarà apparsa dal Campidoglio Roma il 23 agosto del 410; così per un abitante di New York la città l’11 settembre 2001; e altrettanto dev’essere stato per i francesi il 14 giugno 1940, quando nella città deserta i reparti della Werhmacht sfilavano per gli Champs-Elysees e, solitario, uno swastikà sventolava dalla Tour Eiffel. Dimensione apocalittica e millenaristica dell’evento: si coglie in Montherlant, Le solstice de Juin[77]. Un sole nero sulla capitale e sulla nazione. Il Regno Cristianissimo sotto il signum di un’altra croce. Quale significato questa portasse, non era ancora dato a tutti capirlo. Ma cosa fosse morto, era chiaro a tutti.   Da allora, per Bataille, uno “sfaldamento”? Un ritorno ad una dimensione prevalentemente “letteraria”? L’eros come una delimitazione ?   Per Caillois, avverrà una “svolta” copernicana, tra Argentina e Messico; si volgerà di nuovo verso la letteratura.  Prima, aveva effettuato il sacrificio della letteratura all’operatività del Sacro.   Dopo il 1940, Caillois eserciterà il sacerdozio della letteratura: Argentina, Messico, la rivista SUR, il sodalizio con la Ocampo. Riservatezza, contrazione. Sarà attratto via via maggiormente dalla dimensione “minerale” (L’ecriture des pierres, libro superbo)[78]. Troverà la forza, la resistenza, nell’aridità, nella secchezza, nell’assolutezza di qualcosa che è stringato, non-divagante; ritornerà all’arido-secco-assoluto di quel Messico inesorabile che era stato alle origini di tutto l’affaire.   Non una palinodia, giammai: la sua tempra non era da accondiscendere a queste cose. Ma si trasferirà definitivamente au-delà di ogni posizione di attiva politìa, non sarà più conducibile alle forze in campo. La Comunione dei forti.[79] Una scelta – altissima – di archetipi a cui rifarsi, Grecia, Pericle, Atene, etc., vs. Persia, Filippo, metastoricamente intesi. Una ligneè nietzschiana. Poi infine verrà la Turris della letteratura. Ma prima c’era stato il vento d’inverno, quando ancora era al di qua della scelta, e tutte le potenzialità erano presenti. Colui che era stato un giovane luperco, sfavillante di lucida ebbrezza, si era per poco abbeverato di un soma che avrebbe nutrito, fonte segreta della forma, tutta la sua opera ulteriore. Il dominio di Apollo, lo sappiamo da oltre cento e venti anni, si basa sul segreto e doloroso legame con Dioniso. E negli ipogei di Delfi aleggia ancora la sapienza di Pitone.    Appoggiati ad una balaustra di una terrazza, affacciata su di un perenne ed immobile tramonto, Caillois e George parlano di queste cose, tra molte altre, alternando nella conversazione il francese ed il tedesco, e svuotando una dopo l’altra diverse buone bottiglie di vino del Reno.

  • Dopo il 1940 un Heroe corneilliano riuscirà con lo splendore della pubblica pompa a far credere che quanto accaduto non fosse mai stato.

  • Kojève, il maestro segreto. Alla fine del conflitto, entrato nella schiera dei grand commis d’état, pubblicherà, a macerie ancora fumanti, L’Impero Latino.[80] Bisogna leggere questo breve testo per capire che cos’è la grande politica. Per capire anche quanto possano essere risibili e parziali le accuse che vorrebbero vedere nel nipote di Kandinskij una trentennale spia del KGB[81].
  • Ci sono dei Grandi Giochi che trascendono i problemi di doppia o tripla fedeltà. E’ una delle due ligneè geopolitiche della Francia post-storica, quella che era costata la vita all’Ammiraglio Darlan. Prevarrà quella del Generale (seppellita nell’ignominia quella del Maresciallo). Sono veramente due linee? Agonali o complementari[i]?   E’una linea geopolitica. Che sarà quella di Raymond Abellio, di Jean Parvulesco. E forse anche quella di Dominique de Roux, che consumerà il suo breve tempo nel Portogallo della Rivoluzione dei Garofani, intriso della saudade di una stagione post-storica[ii].    Anche i più triti manuali per le scuole possono fornire una foto della firma dei Trattati di Roma, 25 marzo 1957. Campidoglio, Palazzo dei Conservatori, Sala degli Orazi e Curiazi.
    Ingrandiamo la foto. Tra gli affreschi del Cavalier d’Arpino, che narrano la storia delle origini dell’Urbe – storie di Lupe e di giovani luperci[iii] – , si distinguono i pesanti doppiopetto, trasudanti perbenismo, dei più o meno mediocri politici democratici e cristiani che tessono discorsi sull’Europa Carolingia. Italiani, tedesco-federali, francesi d’Alsazia, fiamminghi… Benemeriti, avvolti in una praxis concretissima, guelfa, lontani da ogni dimensione, non diciamo metastorica, ma nemmeno propriamente storica: l’unico modo per far sì che il ricordo di quanto avvenuto una manciata di anni prima non gettasse i popoli d’Europa nella definitiva cachessia spirituale.
       
  • Ingrandiamo ancora. Tra le grisaglie e i rigati degli statisti di un continente oblioso di sé, un viso un poco largo, slavo, i capelli bianchi e diradati, il labbro inferiore sporgente ed assottigliato, gli occhi, che una volta erano belli, intensi ed umidi, nascosti da un paio di pesanti occhiali scuri. Il Maestro Segreto, alias il Filosofo della Domenica, ormai alto funzionario del Quai d’Orsay, assisteva al parto, avvenuto anche con il suo contributo, dell’Europa post-storica. 

    La nostra causa è un segreto velato in un segreto, il segreto di qualcosa che rimane velato, 

  • un segreto che solo un altro segreto può insegnare: è un segreto su un segreto che si appaga di un segreto”

  • (Ja’far Sadiq)


Note al testo:

  • 1  Mi riferisco in particolare ai celeberrimi testi di George L. Mosse, relativi all’intero contesto europeo, e a quelli di Emilio Gentile, che trattano specificamente della situazione italiana.

    2 Qui di seguito sono indicati i testi di riferimento, sui quali mi sono largamente basato nella stesura del presente contributo. Per quanto riguarda Stefan George e le vicende del Kreis: Raymond Furness, Zarathustra’s Children: a study of a lost generation of German writers, Rochester NY 2000; Robert E. Norton, Secret Germany: Stefan George and His Circle, Ithaca NY 2002. Per quanto riguarda la relazione tra i due ambienti: S. Barbera e C. Grottanelli, Sacrifici umani tra Monaco e Parigi: Schuler, Klages, Caillois e Bataille, in La riscoperta del “sacro” tra le due guerre mondiali, Firenze 2005. P

    3 Il concetto di Tramonto dell’Occidente è ovviamente mutuato dal titolo della celeberrima opera di Oswald Spengler, Der Untergang des Abendlandes; precisando però che il valore ermeneutico del concetto stesso che qui si intende particolarmente privilegiare è quello contenuto nella lignèe filosofica che si estende da Martin Heidegger alle ultime opere di Massimo Cacciari, ai quali autori si rimanda. Altrettanto per il concetto di Post-storia, intesa nel senso fondamentalmente gnostico rintracciabile in Roberto Calasso, La rovina di Kasch, Milano 1983, passim.

    4 Per il concetto di storia gnostica e il termine intersignes rimando, oltre a Calasso, La rovina, cit., all’immensa opera del grande semitista Louis Massignon.

    5Su Jean Parvulesco, la sua opera e le sue teorie “metaletterarie”, vedi un articolo dedicatogli dalla rivista Antaios, n° 4, Solstice d’été 1994, e un’intervista apparsa nella rivista Elements, n° 126, Automne 2007.

    6Antonin Artaud, Eliogabalo o l’anarchico incoronato, Milano 1969, con la sempre sottile introduzione di Albino Galvano.

    7 Vedi Galvano, in Artaud, Eliogabalo, cit.; e anche, con profitto, la Premessa di Stefano Fumagalli in Elio Lampridio, Vita di Eliogabalo. Delirio e passione di un imperatore romano. Milano 1994   .

    8 Sembra pressoché certo che il gesto senza ritorno dell’estremo sacrificio non sia stato compiuto in nessuno dei due gruppi; e che questa impasse, almeno nel secondo caso, sia stata non ultimo motivo del riflusso “letterario” avvenuto in molti dei partecipanti ai due sodalizi; rimane il fatto che, mentre nel primo caso la cosa non è andata oltre delle mere elucubrazioni, nel secondo si è giunti fino all’organizzazione degli aspetti operativi, e oltre. Con buona pace di Barbera e Grottanelli, Sacrifici, cit., che nel loro contributo esibiscono il cartellino giallo per il secondo gruppo, e quello rosso per il primo.

    9Al riguardo delle manifestazioni del “Sacro Sinistro”, avvenute nel corso del Novecento sulla sponda atlantica dell’Oceano Atlantico, ed in particolare di quell’Estremo Occidente che è la California, segnalo un bel libro intenso di Walter Catalano, Applausi per mano sola. Dai sotterranei del Novecento, Firenze 2001.

    10 Rimando a Le grand jeu. Scritti di Roger Gilbert-Lecomte e René Daumal, Milano 2005

    11 Dove' è il pericolo/ anche ciò che salva cresce. La citazione è dalla celeberrima poesia di Holderlin, Patmos.

    12 L’espressione lavoro in cripta è tipica dell’ambiente latomistico, e più in particolare delle cosiddette massonerie di frangia, ovvero delle logge “selvagge”. Vedi anche l’Entretien avec le vénérable d’une loge maconnique traditionnelle francaise in Antaios, n°5, cit. Ma il termine ricorre con una particolare pregnanza anche nell’ultimo “grande romanzo” di Ernst Junger, Eumeswil (1977; ed. italiana Milano 1981), singolarmente trascurato dalla critica, romanzo che meglio di ogni altro descrive la condizione post-storica dell’uomo presente. Uno dei protagonisti del romanzo, alla fine delle vicende narrate, sceglie il lavoro in cripta, nelle catacombe; il suo nome è Bruno… Peraltro non risulta in alcun modo una affiliazione muratoria di alcun tipo da parte di Junger.

    Il De Vinculis in genere è un capolavoro assoluto e sulfureo ed incredibilmente poco conosciuto fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori; un’opera al cui confronto il Principe del Segretario fiorentino è un testo di intrattenimento; è l’Arthasastra magico dell’Occidente. Rimasto inedito sino alla fine dell’Ottocento, è stato riscoperto nel suo significato, a partire dagli studi ormai classici di Francis A.Yates su Bruno e i Rosa+Croce, soprattutto da Ioan Petru Couliano, il cui libro Eros e magia nel Rinascimento, Milano 1995, rimane una ulteriore pietra miliare nell’ambito degli argomenti che interessano anche questo contributo. Quanto alla sua figura e alla sua tragica fine, si dovrebbe aprire tutto un altro capitolo…

    Forse anche a titolo di palinodia per l’Image d’Epinal a cui le Logge ridussero spesso Bruno nell’Ottocento, oggi Il Rito Simbolico Italiano, ad esempio, sta concentrando il suo interesse sul De Vinculis… Vedi www.ritosimbolico.net/studi2/ studi2_16.html.

    13 Hollier, Il Collège, introduzione, cit.,

    14 “talvolta orfica e neoplatonica”: accenni a questo “spirito” del Collège in Elémire Zolla, Uscite dal mondo, p.472 Milano 1992; per il riferimento alla “Scuola” di Monaco, e altre, vedi in Junger, Diari, passim, cit.

    15 Questo décalage gnostico non necessita certo di una bibliografia di riferimento: è presente allo sguardo di chiunque non sia totalmente ilico, sfogliando i giornali, sulle riviste, nelle librerie, in migliaia e migliaia di siti web; in ogni caso mi permetto di consigliare, a titolo di esempio, le ponderose ed affascinanti opere di Peter Hopkirk (Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale, Milano 2004; Diavoli stranieri sulla via della seta. La ricerca dei tesori perduti dell'Asia centrale, Milano 2006; Alla conquista di Lhasa, Milano 2008).  

    16 Sullo stile (oltrechè sui contenuti) della prosa spiritica e della scrittura automatica tra otto e novecento, altamente istruttivo è il recente libro a cura di Stéphane Mahieu, Petit manuel de littérature d'outre-tombe - Anthologie des tables tournantes, Paris 2008.

    17 Ritengo sia stato il ruolo, soprattutto nel dopoguerra, di (grande) letterato, la sua capacità di eccezionale affabulatore delle e con le parole, ad aver in qualche modo ipnotizzato quanti (letterati anch’essi) si sono occupati di lui, trascurando in qualche modo l’eccezionale milieu di cui ha fatto parte negli anni trenta.

    18 Hollier, Il Collège, cit.; Surya, Georges Bataille, cit.; Felgine, Roger Caillois, cit.

    19 Michel Tournier, Il re degli ontani, Milano 1970.

    20 Non oso nemmeno accennare alla tematica rosacruciana, la cui bibliografia è pressoché sterminata; ma mi permetto di consigliare un rapido ed essenziale libretto sull’argomento, ampiamente dedicato alla persona del giovane teologo luterano, al centro, apparentemente, di tutto l’affaire: Roland Edighoffer, Les Rose-Croix, coll. Que sais-je? n°1982, Paris 1982 (sic).

    21 Vedi Zolla, Uscite, p. 470, cit.; Filoni, Il Filosofo, passim, cit.

    22 Vedi Filoni, Il Filosofo, passim, cit.

    23 Gli attributi dati ai vari personaggi citati non sono affatto casuali, ma rimandano a quel “combattimento per l’anima del mondo”, ovvero Quete du Graal, che il Novecento ha visto svolgersi, spesso in concordia discors, ad opera di questi, e molti altri, Grandi Nomi, e delle varie silsilah che da loro sono derivate: secondo la lettura ierostorica delle vicende umane che è stata data da una Figura decisiva, a mio giudizio, quale Henry Corbin.

    24Un testo che riesce a cogliere l’essenza del primo Novecento, non come Finis Europae, ma bensì come lo scatenamento di forze che, dopo aver devastato l’Eurasia, giungono a far tremare l’Occidente europeo, è Tom Reiss, L’Orientalista, Milano 2006.

    25 Prospettiva analoga è quella presentata, su di un piano strettamente politico, da Dan Diner, Raccontare il Novecento. Una storia politica, Milano 2007. Non ho avuto modo di consultare il recentissimo Cataclysms: A History of the Twentieth Century from Europe’s Edge, dello stesso autore, che sembra maggiormente cogliere alcune delle tematiche accennate qui.

    26 Da un punto di vista strettamente storico-politico, sul tema delle frontiere orientali d’Italia un testo impeccabile è quello di Marina Cattaruzza, L’Italia ed il confine orientale, Bologna 2007.

    27 Vedi Junger, Diario, cit., p. 157

    28 Vedi Junger, Diario, cit., pp. 353-354

    29 Occorrerebbe fare qui un confronto con quanto detto da Calasso in La rovina, cit., pp. 75-77. A distanza di venticinque anni dall’uscita del libro, le considerazioni ivi svolte possono essere ormai tranquillamente declinate al presente.

    30 Rimando a quanto detto nel bel duello svoltosi tra Jean Clair e Regis Debray, solo superficialmente uno scontro tra radicamento e cosmopolitismo, con tutte le nuances del caso: Jean Clair – Regis Debray, Processo al Surrealismo, Roma 2007. Kojève avrebbe ricordato, in un caso come questo, che, secondo Hegel, la tragedia è la lotta del Giusto con il Giusto!

    31 Una genealogia di Dotti e Saggi Occidentali par excellence, il cui capostipite è il tanto misconosciuto studioso catalano, Don Eugenio d’Ors, la cui appassionata parzialità lo ha condotto spesso ad intuizioni fulminanti. A titolo esemplificativo, rimando, nella sua vasta produzione, a Oceanografia del tedio, Venezia 1984. (riedizione della prima edizione del 1943, nella splendida lingua della traduzione di Oreste Macrì) Un’altra di quelle opere minime-massime che richiedono da tempo una nuova adeguata edizione.

    32Su questa lignèe morfologica, per certi versi più appartata rispetto alla tradizione iconologica impostasi nel corso del xx secolo, altamente istruttivo il saggio di Jean-Francois Chevrier, Ritratto di Jurgis Baltrusaitis, presente in Jurgis Baltrusaitis, Arte sumera, arte romanica, Milano 2006. Cenni su questi argomenti presenti, a saperli ben leggere, anche in diversi loci del libro di Roberto Calasso, Il rosa Tiepolo, Milano 2006.  

    33Malgrè soi tramutato nel Giovanni Battista del Dio chimico ad opera dei leaders della Beat Generation. Scomparso di recente, preferisco ricordarlo come uno dei due Dioscuri, insieme ad Ernst Junger, che hanno speso la loro vita matura in continue Annaherungen al Dio ignoto. Testo di riferimento, ovviamente, Ernst Junger, Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza, Milano 2006.

    34 Vedi sempre Zolla, Parigi, cit. in Uscite, cit.; Edighoffer, Les Rose-Croix, cit.

    35 Ancora Zolla, Parigi, cit., in Uscite, cit.

    36 Idem.

    37 Le loro opere, da L’Afrique fantome a Dieu d’eau, hanno fondato un altro modus essendi dell’antropologia europea, rispetto a quella dominante, che pure ha prodotto le opere sublimi di un Mauss o di un Granet: una scienza dionisiaca, e non apollinea, come quella di questi grandissimi, o in qualche modo anche del loro erede Levi-Strauss. Con tutti i rischi inerenti alla diversa posizione dello studioso: che accetta, in qualche modo, non di comprendere, ma di essere compreso dall’oggetto di studio. Ovviamente, senza una possibile soluzione riguardo al maggiore o minore valore euristico delle due scelte.

    38 Riguardo questa linea “mitraica”, che negli anni venti suscitava particolari interessi operativi in Italia, come è peraltro ben noto, la sua probabile origine accademica è da rintracciare, alla fine dell’ottocento, negli studi pionieristici di Franz Cumont; ovvero nei corridoi della Libera Università di Bruxelles; ovvero in ambienti latomistici più o meno eterodossi che sembrano avere caratterizzato e caratterizzare il bistrattato plat pays. Considerazioni interessanti nel più volte richiamato numero di Antaios, n° 5, cit. Parallelamente, per la lignèe mitraica mediterranea, letteraria e operativa, che spazia dal giovane ed ardente Henry de Montherlant, Les Bestiaires, Paris 1926, al Jean Cau percorso da umori tellurici, Les oreilles et la queue, Paris 1961 (ed. it. Toro!, Milano 1962), passando appunto per Bataille e Leiris (di cui non si può non citare Specchio della tauromachia), vedi sempre, di Zolla, Fascinazioni egizie e Mitra, pp 175-201, oltre a Parigi, cit., in Uscite, cit., e anche il soave Aure. I luoghi e i riti, Venezia 1985.

    39 Vedi i diversi contributi presenti in Hollier, Il Collège, cit. Da un’altra prospettiva risultano interessantissime le considerazioni svolte sul regicidio, e su molte altre cose che ad esso si connettono, da parte di Jean Clair in Medusa. L’orrido e il sublime nell’arte, Milano 1992. Clair si colloca dalla parte dell’altra faccia del Dio Janus: quella che guarda verso Occidente.

    40Relativamente al Sol Invictus, antico e moderno, rimando alla classica opera, da poco riedita ed arricchita, di Franz Altheim, Il Dio Invitto, Roma 2007; così come al testo più “militante” di Beniamino M. Di Dario, Il sole invincibile. Aureliano riformatore politico e religioso, Salerno 2002.

    41 Questa citazione, come la successiva, è stata tratta da un contributo di grande importanza che Elémire Zolla ha apportato agli argomenti qui trattati: Parigi fra il 1862 e il 1932 L’esotismo messicano, in Uscite, pp. 459 – 479, cit. (soprattutto mirabile per la capacità di sintesi mostrata dal grande studioso e poligrafo torinese).

    42 Zolla, Parigi, cit., in Uscite, cit.

    43 Occasione dove molta risulta essere l’attrazione e scarsa la repulsione: tra i tanti esegeti e turiferari di Bataille l’unico veramente onesto, e non elusivo su questi aspetti, risulta essere, come quasi sempre, Hollier, Il Collège, cit.

    44 Certo, la filogenesi ebraica, in particolar modo veterotestamentaria, può essere stata un ostacolo all’accettazione di quanto avveniva nel Collège; e ancor più nel retrobottega del Collège. Gli elohim sono stati ormai completamente obliati da questa estrema intellighentzia ebraica fin de race, sull’orlo dell’ultimo abisso. Per quanto riguarda in particolare Benjamin, genio la cui natura, molto più ambigua di quanto non sembri, è stata compresa in maniera spesso troppo unilaterale dall’esercito dei benjaminiani di professione e di complemento, Benjamin, dicevo, non poteva non avere un rapporto difficilissimo con quanto diceva e faceva il Collège, stante l’estrema fragilità di colui che aveva scritto il breve ed enigmatico racconto Agesilaus Santander – il suo nome segreto. Intollerabile intensità di queste pochissime pagine, dove il “bambino ferito” Benjamin raggiunge le altezze, meglio, le profondità, di Kafka, e per le quali rimando, ovviamente, al testo e commento di Gershom Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Milano 1978.

    45 Per il contesto e la descrizione dei rituali segreti del Collège rimando a Surya, Georges Bataille, cit.

    46 Tra le numerose opere di Caillois, questo testo del 1937 risulta oggi un poco dimenticato. E’ senza dubbio la sua opera più greca. Vedi Roger Caillois, I demoni meridiani, Torino 1988.

    47 Nel 1936 Jung scriverà il (poi) contestatissimo saggio su Odino, vedi Carl Gustav Jung, Wotan, in Opere, vol. X, tomo I, pp. 279-280, Torino, 1985. L’accusa di essersi esposto al “contagio” risulta a dir poco risibile, se rivolta a chi aveva scritto nel 1917 i Septem sermones ad mortuos: dopo questo tipo di “esperienze” difficilmente poteva essere “contagiato” da alcunché

    48 Anche qui rimando a Zolla, Parigi, cit., e Georges Dumézil, pp. 481-493, in Uscite, cit.; vedi anche Zolla, Discesa all’Ade e Resurrezione, Milano 2002.

    49 Sulle analogie indiscutibili, ma difficilmente spiegabili in termini di trasmissione storica, di apparato rituale e simbolico, tra massoneria, repubblicanesimo/anarchismo, e fascismo, per quanto riguarda l’Italia buone pagine sono quelle della prefazione di Vittorio Vanni al libro di Anna Maria Isastia. Massoneria e Fascismo. La repressione degli anni Venti, Firenze 2003.

    50 Hollier, Il Collège, cit.

    51 Il misconoscimento, se non negli studi specialistici, del ruolo avuto da Georges Sorel nella rifondazione di una sinistra latina postmarxista, a partire dagli ultimi anni del XIX secolo, e della sua eredità, è veramente prodigioso.

    52La bibliografia su luperci e lupercalia è vastissima; qui mi ricollego alla colossale opera di ricostruzione sintetica della genesi e delle strutture della Romanitas che da vent’anni va compiendo Andrea Carandini, alle cui opere, da La Nascita di Roma, Torino 1997, sino alla recentissima La casa di Augusto. Dai Lupercalia al Natale, Bari 2008, rimando per collocare il senso dell’affermazione; oltre alle archeologiche conferme fattuali, di recente e felice riscontro.

    53 Sul ruolo del mito e la incomprensione del rito in Levi-Strauss, vedi pagine illuminanti in Calasso, La rovina, pp. 258-263, cit.

    54 Questo incredibile chassé-croiset può ora leggersi in Roger Caillois, Claude Lévi-Strauss, Diogene coricato. Una polemica su civiltà e barbarie, Torino 2004

    55 Vedi, per cogliere egregiamente “l’aria che tira” nel periodo di attività del Collège (utilizzo questo termine un poco grossier rifacendomi al filosofo Mario Perniola. Vedi Mario Perniola, L’aria si fa tesa. Per una filosofia del sentire presente, Genova 1994), Jean Guerin, Gli avvenimenti, pp. 465-471, in Hollier, Il Collège, cit.

    56 Su questi aspetti complementari, più che opposti, direi, dell’immenso studioso della civiltà indoeuropea, vedi Georges Dumézil, Un banchetto di immortalità. Conversazioni con Didier Eribon, Parma 1991.

    57 Il riferimento è al suo celebre divertissement senile, Georges Dumézil, Il monaco nero in grigio dentro Varennes. Sotie nostradamica – Divertimento sulle ultime parole di Socrate, Milano 1987.

    58 E sarebbe da aggiungere qualcosa, poiché ben pochi se ne sono occupati, sull’alto rango raggiunto nel Rito Scozzese Antico e Accettato da un altro grandissimo, più volte incontrato in queste pagine, il Maitre Henry Corbin, il quale, nel 1978, prossimo alla fine della sua vita terrena, veniva accolto con grandi onori in Scozia: “facciamo il viaggio ad Edimburgo, poiché Henry, stanco e deluso dalla sua esperienza parigina, vuole incontrare ‘gli scozzesi”. La bella accoglienza toccò in lui corde segrete: “un grande organo, un cuore di più di 200 uomini, sconvolgente. Vi ritrovo la mia piccola Germania di quarant’anni or sono” (Cfr. la sua agenda 1978). Cena sontuosa, la serata si conclude al castello di Lord Eglin-Bruce (l’uomo del Partenone)” (dai Derniers souvenirs di Stella Corbin, in www.amiscorbin.com/textes/francais/derniers%20souvenirs.htm.) Nel frattempo nel suo Iran si scatenava il furor, che per lui era di natura ahrimanica, delle sterminate folle dei Mostazafin, ad inaugurare un nuovo tempo della storia, profana e sacra.

    59 Se il pensiero lacaniano, a motivo del suo scatenato ermetismo, è stato spesso malcompreso, e talvolta quasi dileggiato, ad ogni buon conto Lacan rimane figura oltremodo interessante, basterebbe rammentare il fatto che per lungo tempo è stato il possessore del capolavoro di Courbet, L’origine del mondo. Quella stessa opera che adesso langue, calcificata dallo sguardo impudico di milioni di devoti del pellegrinaggio culturale, in quella sorta di Galleries Lafayette dell’arte che è il parigino Musee d’Orsay. Terribile profanazione, nel senso proprio del termine, rispetto alla sorta di tabernacolo velato, la cui ostensione era riservata agli happy few, entro cui Lacan aveva collocato l’opera. Aut vultus aut vulva. Sulla storia dell’opera, vedi Thierry Savatier, Courbet e l'origine del mondo. Storia di un quadro scandaloso, Torino 2008.

    60 Vedi Henry de Montherlant, Il solstizio di giugno, Firenze 1986.

    61 Roger Caillois, La scrittura delle pietre, Genova 1986. Ma per apprezzare in pieno questo splendido libro-objet d’art, bisogna rivolgersi alla prima edizione pubblicata da Skira (Roger Caillois, L’écriture des pierres, Genève 1970)

    62 Roger Caillois, La comunione dei forti, Torino 2007.

    63 Alexandre Kojève, L’Impero Latino, in Il silenzio della tirannide, Milano 2004. Questo “diamante geopolitico”, che prefigura almeno una faccia della politica estera francese degli ultimi sessanta anni e più, fu scritto per fare chiarezza verso se stesso, nel novembre 1944; quando ancora dovevano concludersi le ultime, atroci, convulsioni della guerra. Il segno distintivo del genius, proprio a figure come Kojève, è spesso, saper vedere il dopo, che tutti già prefigurano, come uno scontato presente, e saper pensare un ulteriore dopo; è l’unione della più spregiudicata praxis alla più completa veggenza.

    64 Sull’affaire Kojève – KGB vedi Filoni, Il filosofo, cit. Poderoso l’uso che è stato fatto della presenza del suo nome nel dossier Mitrokhin, nei siti web in lingua inglese a lui dedicati…

    65 Sulle “grandi linee” della Geo- e Metapolitica francese, almeno dai secondi anni Trenta ad oggi, si potrebbe scrivere un ulteriore saggio di enorme interesse; e una mera bibliografia di riferimento trascende i limiti del presente contributo.

    Qui basti accennare, a titolo di esempio, come la conciliazione franco-tedesca abbia delle radici non solo, ovviamente, nell’operato di coloro che durante l’occupazione tessevano legami per il futuro all’Hotel Ritz (ogni rimando è alle tracce nei Diari, cit., di Junger), ma anche nell’operato prebellico di Otto Abetz. Se l’editoria italiana ed europea non fosse così attratta dalla maggiore spendibilità di temi quali le SS in Tibet, et similia, potrebbero venirne fuori interessanti ricerche… E certi discorsi rimandano, almeno per analogia, a quanto detto più sopra sulle varie silsilah, o chaines d’union, scaturite da Stefan George… Sparsi maillons che spetta al chercheur di oggi, speculativo o operativo, ricongiungere e saldare…

    Sempre a titolo di “carotaggio” sull’argomento, non mi sembra che l’impareggiabile ed infaticabile attività metapolitica di Alain de Benoist sia stata mai confrontata con queste tendenze di lungo periodo della geopolitica francese.

    66 Sulla affascinante, malinconica e cavalleresca figura di Dominique de Roux, rimando, per l’aspetto “cifrato”, alla citata intervista a Parvulesco, Elements, n° 126, cit.; per la sua vespertina stagione portoghese, vedi Dominique de Roux, Le Cinquième Empire, Paris 2007

    67 Rimando sempre alla generalità dei testi “romani” di Andrea Carandini, a partire da Carandini, La nascita, cit. Da non dimenticare, riguardo a questo evento così come alla malconcepita e peggio svezzata costituzione europea del 2004, che in questa stessa Sala ha avuto il suo battesimo, da non dimenticare, dicevo, le parole di un alto esponente della lignèè europea “occidentalista”, quale Marc Fumaroli, secondo cui l’orologio segreto dell’Europa batte le sue ore tuttora a partire da Roma; vedi anche, dello stesso, il contributo presente in Res Libraria. Trent'anni di Edizioni dell’Elefante (catalogo della mostra), Roma 1994.

    68 La citazione delle parole del sesto Imam della Shi’a è tratta da Calasso, La rovina, p.401, cit.