• Quaderni evoliani
  • OLTRE IL SUPERUOMO,
  • IL SILENZIO...
  • Il Nietzsche di Evola
  • di 
  • Riccardo Scarpa
  • Il 50° dei Quaderni evoliani, pubblicati dalla Fondazione Evola per i tipi di Pagine in Roma (Euro 17,00), sotto il titolo di Oltre il Superuomo, raccoglie scritti dell’Evola, dal 1926 al 1973, dedicati al pensiero ed alla vita di Friedrich Nietzsche. La raccolta è stata curata da Giovanni Perez, di cui è anche l’introduzione.   Questi ha aggiunto dell’altro rispetto compilazioni precedenti.

  • Sapiente l’inquadramento nel contesto della postfazione di Giovanni Sessa. Si dica subito che, dalla lettura dei testi, emerge quanto il pensatore tradizionalista, critico nei confronti del cosiddetto neoidealismo italiano di stampo crociano e gentiliano, non sfugga affatto, però, a quella voga storicistica di cercare di distinguere «ciò che è vivo e ciò che è morto» del sistema d’idee d’un dato pensatore; naturalmente per identificare «ciò che è vivo» con le posizioni omogenee alla visione dello scrivente, e «ciò che è morto» con quanto non lo è. Per Julius Evola, la parte caduca del Nietzsche fu quella modernista e quella tendenzialmente perenne la rivolta contro quello stesso mondo moderno. È giudicata caduca la parte in cui, nel Così parlò Zarathustra ed altrove, si sposò la concezione darwinistica e biologistica dell’evoluzione fisica dall’animale all’essere umano; evoluzione che certamente non s’è fermata, per cui anche l’uomo verrà superato in un ultrauomo, il quale si volterà indietro a guardare esseri umani ritardati nell’evolvere delle razze, con la stessa commiserazione con cui l’umano oggi guarda la scimmia. Sono pagine importanti, se si considera l’accusa di razzismo che accompagna la leggenda nera di Julius Evola. Rilevanti quelle in cui l’Evola censura con asprezza l’uso fatto da Friedrich Nietzsche dell’idea di sopravvivenza del più forte e del più adatto (espressione consuetamente attribuita a Charles Darwin, che pure ne dà il concetto, ma che si trova nel suo amico Herbert Spencer), che sfociò in quella definizione, considerata dall’Evola ributtante, della: «bionda bestia da preda». Questa adesione all’evoluzionismo biologico sarebbe in contrasto, per Julius Evola, colla parte attuale e perenne di Friedrich Nietzsche. Essa consiste nella chiaroveggenza dell’approdo nichilistico dell’individualismo borghese; e nella concezione d’un essere ultraumano, tale in quanto dotato d’una spiritualità superiore, in grado di andare oltre ogni crisi dei valori col far centro sul proprio valore intrinseco. Un essere totalmente libero, poiché centrato sul valore che ha in sé. Friedrich Nietzsche non è affatto nichilista, in quanto supera la «morte di Dio» col soggetto che ha in sé la luce divina. Questi s’impone sulla massa disperata senza più fede, e perciò senza speranza, con la certezza che gli dà la fede che ha in sé stesso. Supera il bisogno di trascendenza, che s’è annichilito, in quanto trascende Sé stesso. Non v’è chi non veda come questa parte dell’Ultrauomo piacque a Julius Evola, poiché non è altro dall’Individuo Assoluto evoliano. Evola riporta poi l’ipotesi, avanzata da taluni, che l’alienazione mentale in cui il filosofo tedesco cadde negli ultimi dieci anni della sua presenza sulla Terra, sarebbe il frutto dello sforzo cerebrale per ricondurre a sistema le evidenti aporie della sua intuizione ideale e delle cose. Qui mi si permetta d’accennare ad un limite del pensiero occidentale moderno, che è evidente nella psicologia e nella psicoanalisi: la mancata corretta percezione del distinguo fra anima e spirito, col ridurre la vita ad un rapporto fra corpo ed anima. La psiche è l’anima, cioè l’elemento emotivo interiore col quale si risponde alle sensazioni del corpo fisico, lo spirito è l’essenza superiore che dovrebbe domare e dirigere le passioni dell’anima, guidare la formazione e la vita del corpo fisico, attraverso il sistema cerebrospinale, che è un organo del corpo fisico ma collegato colla mente, la parte più concreta dell’attività spirituale. Fu un merito della teosofia moderna e dell’antroposofia steineriana, che l’Evola conobbe benissimo ma sottostimò per varie incomprensioni, aver rivalutato questi elementi tradizionali. Essi permettono di porre la spiritualità umana al vertice di un’opera di organizzazione della vita, da parte dello spirito stesso. Ciò comincia dai minerali, ci sono suggestive pagine di Wolfgang Goethe, e prosegue attraverso i regni vegetale ed animale, sino a quello umano. La cosiddetta follia di Friedrich Nietzsche si manifestò, la prima volta, in Torino, quando abbracciò un cavallo caduto per stanchezza, fustigato da un postiglione, e pianse. Le emozioni della sua anima provarono per l’animale quell’empatia che, nel Così parlò Zarathustra, non avrebbe provato il superuomo volgendosi a guardare esseri attardatisi nello stato umano; come, a sua detta, non proverebbe un uomo verso una scimmia. Si fermò all’emozione dell’anima, o forse comprese che lo spirito operava nelle forme del cavallo, che la vera trascendenza sta nell’intuire l’essenza eterna che agisce, su questo piano della Terra, nelle forme transitorie della vita impermanente che, dopo aver svolto la sua missione, perisce? Si narra che Tommaso d’Aquino, facondo ed erudito autore d’una Summa immensa, quando ebbe una vera intuizione mistica cessò di scrivere, non vergò più manco un rigo.  Friedrich Nietzsche, da quando in quella povera bestia intuì l’essenza oltre le forme d’una misera esistenza, concluse gli ultimi anni sulla Terramin perfetto mutismo. Gli altri, i «normali», lo considerarono matto.