• gentile

  • Ritrovare Dio
  • Gentile e la religione
  • di
  • Giovanni Sessa

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  • Giovanni Gentile, nonostante il pregiudizio esegetico di alcuni critici nei suoi confronti, indotto da ragioni eminentemente politiche, resta, a giudizio degli studiosi più seri e svincolati dall’intellettualmente corretto, uno dei punti più avanzati della filosofia del Novecento. Ad Hervé A. Cavallera, emerito dell’Università del Salento, che al pensatore di Castelvetrano ha dedicato un’intera ed intensa vita di studio, curatore delle «Opere Complete» di Gentile, va riconosciuto il merito di aver messo in chiaro la rilevanza storico-teoretica dell’attualismo. E’ in libreria, per i tipi delle Edizioni Mediterranee, la sua ultima fatica di curatore. Ci riferiamo al volume, di grande interesse, Giovanni Gentile, Ritrovare Dio. Scritti sulla religione (per ordini: ordinipv@edizionimediterranee.net, 06/3235433, pp. 220, euro 17,50).
  • Si tratta di una silloge di scritti di Gentile dedicati alla religione, divisa in tre sezioni. La prima raccoglie testi tratti dalle opere teoretiche del filosofo, afferenti alla problematica religiosa. La seconda, scritti relativi al suo rapporto con il cristianesimo, non escluso quelli in cui ebbe a polemizzare con studiosi cattolici ortodossi. La terza, infine, a giudizio di chi scrive la più stimolante delle tre, presenta saggi nei quali Gentile si occupò del pensiero cristiano e non cristiano, con particolare attenzione per la Grecia classica, le religioni misteriche e il pensiero orientale. I contributi gentiliani sono presentati secondo l’ordine cronologico in cui vennero, in origine, pubblicati. Ciò consente al lettore di cogliere l’evoluzione subita dalla tematica religiosa nelle pagine del fondatore dell’attualismo. Cavallera, nel saggio introduttivo, ricorda che: «Il problema della religione è fondamentale per intendere il pensiero di Giovanni Gentile» (p. 7). La filosofia sorse, del resto, come si evince tanto in Platone quanto in Aristotele, dalla «meraviglia» di fronte al mondo. Una meraviglia ed uno stupore dai tratti non solo rassicuranti ma, altresì, terrifici. L’angoscia del divenire, come alla contemporaneità è stato ricordato da Emanuele Severino, sorge in noi dalla constatazione della continua oscillazione degli enti dal nulla all’essere e dall’essere al nulla.
  • Ora, la risposta a tale problema, è stata fornita, in modalità immediata, dalla religione che ha attribuito, attraverso la rivelazione, il sorgere della vita ad un intervento divino con la creazione dal nulla. Tale risposta non ha mai soddisfatto i filosofi. Questi, chiosa Cavallera: «cercano la verità ultima di là delle credenze religiose, senza peraltro ignorarle» (p. 8). A tale atteggiamento ermeneutico si è attenuto, nel suo iter speculativo, il pensatore siciliano. Dalla lettura della prima sezione del libro, si evince come nella dialettica dello spirito la religione incarni il momento dell’oggettività: «La religione può essere definita come l’antitesi dell’arte. Questa esaltazione del soggetto […] quella esaltazione dell’oggetto, sottratto ai vincoli dello spirito, in cui consiste l’idealità» (p. 9). La religione si ferma sulla soglia della conoscenza del reale. In essa il conoscere si dà: «solo misticamente con quell’immediata adesione del soggetto all’oggetto» (p. 9), che solo la filosofia realizza pienamente quale sintesi concettuale di soggetto ed oggetto.
    Ugo Spirito ebbe a sostenere che il pensatore di Castelvetrano viene impropriamente ricordato quale filosofo dell’Io, in realtà egli fu filosofo di Dio. Del resto, Gentile si era formato in una famiglia cattolica, si era sposato in Chiesa ed aveva battezzato i propri figli.  Volle, fin dal 1907, la reintroduzione della religione cattolica nella scuola dell’obbligo, in quanto, proprio come Giordano Bruno, il più radicale anticristiano della filosofia italiana, riconosceva alla religione una funzione educativa, dando essa ai fanciulli contezza del limite umano e del retto comportamento: «L’insegnamento di religione all’infanzia è garanzia della serietà di pensiero della futura generazione. Solo chi ha la coscienza di un assoluto valore dà un senso alla vita individuale» (p. 10). Sotto il profilo didattico, la religione andava insegnata, non quale sterile dottrinarismo, ma sotto forma di viva poesia. Nelle scuole superiori, come si evince dagli scritti della seconda sezione del libro, l’insegnamento religioso doveva essere sostituito dalla forma più alta del conoscere, dalla filosofia. Nonostante ciò, Gentile agì affinché in Italia venisse riconosciuta giuridicamente l’università cattolica, per la cui promozione andava battendosi padre Agostino Gemelli.
  • Proprio quest’ultimo, dopo il Concordato del 1929, fu aspro critico del filosofo, fino al punto di giungere a definire il suo pensiero, sic et simpliciter, come «anticristiano». Quando venne pubblicata sulla prima pagine del Corriere della Sera, nel giugno del 1932, la voce «Fascismo» dell’Enciclopedia italiana, la cui prima parte era stata scritta dal filosofo, non mancarono le reazioni stizzite di ambienti vaticani. Nello scritto mancavano, infatti, riferimenti positivi al Concordato. Il volume dell’Enciclopedia fu ritirato e se ne dispose una nuova stesura. In essa si precisava che: «lo Stato fascista non rimane indifferente di fronte al fatto religioso in genere e a quella particolare religione positiva che è il cattolicesimo italiano» (p. 12). Il che mostra, una volta di più, come il «guelfismo» avesse trovato accoglienza nel fascismo. Nel 1934 i libri di Gentile furono messi all’Indice. Il pensatore attualista: «non cessò mai di ritenersi cattolico» (p. 13). Il suo cattolicesimo fu paradossale, esito della poligonia del vero di Gioberti, alla luce della quale ogni fedele: «poteva sostenere il proprio modo di sentirsi cattolico» (p. 13), sino all’eterodossia ereticale.
  • La filosofia di Gentile, non annulla l’elemento religioso ma, nel proprio farsi, ne salva la costitutiva positività.  L’amore cristico per l’umanità attesta, in modo puramente simbolico, quella particolarizzazione dell’Io realizzata dall’attualismo. La terza parte del volume si apre con saggi in cui l’autore mostra profonda conoscenza della teologia cattolica. Segnaliamo gli scritti dedicati a Tommaso, a Bonaventura, e al pensiero di Filippo Neri. Di grande interesse, i saggi sull’orfismo e su Steiner. Del fondatore dell’antroposofia, Gentile mostra l’insufficienza teorica. Questi, nella Filosofia della libertà, si definisce monista. In realtà egli resta, nonostante gli apprezzabili sforzi, un dualista nel quale percezione e pensiero rimangono distinti. La libertà, quale attributo dell’individualità, è avviluppata al dato naturalistico. Gli scritti, oltre che testimoniare attenzione per l’esoterismo, mostrano la volontà di un confronto con la filosofia orientale. Gentile giunge a giudicare immorale l’idea di perpetuità, maturata nel cristianesimo, secondo la quale l’individuo ambisce alla continuità: «nell’altro mondo di se stesso» (p. 17). L’eternità, invece, come nelle vie iniziatiche, implica la morte dell’Io in vista di una ri-nascita.
  • Gentile si limita a sostenere il permanere dell’essere nel divenire, ma ciò implica, come rileva Cavallera: «Una manifestazione dell’eternità nello scorrere del tempo» (p. 18).