• azzurre lontanaze1

  • Azzurre lontananze
  • Tradizione on the road 
  • di
  • Giovanni Sessa
  • recensione di
  • Giacomo Rossi
  • Siamo in estate e per molti si apre il tempo della lettura e quello del viaggio. A tale proposito, il recente volume Azzurre lontananze. Tradizione on the road del filosofo Giovani Sessa, edito da Iduna (per ordini: associazione.iduna@gmail.com, pp. 221, euro 20,00), offre spunti preziosissimi a riguardo. L’Autore raccoglie in queste pagine i diari scritti durante i viaggi in Irlanda, Islanda, Nepal, Pakistan e Mongolia, compiuti tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. L’opera è impreziosita dalla prima traduzione italiana di alcuni capitoli del “Viaggio in Nepal” di Gustave Le Bon. Il famoso antropologo, psicologo e sociologo francese visitò il Paese himalayano tra il 1884 e il 1886.
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  • “Azzurre lontananze” è un testo che fa corrispondere alla scorrevolezza della prosa il ritmo del viaggio: il filosofo viaggiatore cerca, nel suo andare-camminare, quell’Altrove che è comprensione e realizzazione di sé nel cosmo. L’appassionato di letteratura di viaggio che si avvicina al libro troverà ben altro che la semplice narrazione di esperienze esotiche. Attraverso il saggio introduttivo, infatti, il lettore è condotto nella filosofia del viaggio sottesa a tutte le esperienze che vengono narrate; una filosofia pratico-realizzativa declinata attraverso l’arte del camminare e dell’andar per monti.
  • Proprio i libri, che da sempre hanno accompagnato ogni “andare” dell’autore, ci aiutano a comprendere meglio le direttive del suo pensiero. Dopo le letture, durante l’infanzia, dei classici d’avventura, Sessa ha assunto una maggiore consapevolezza della propria ricerca, grazie al confronto con David Thoreau e Bruce Chatwin.  Così l’idea del viaggio e l’idea del camminare si sono fuse in un’esperienza unica. Il camminare induce «uno stato di levità psichico-mentale, una ri-nascita, un recuperato nuovo vigore esistenziale, che si manifesta nella sintonia con uomini, animali, piante e fiori». Il viaggio compiuto al ritmo dei propri passi è un andare lento, attento all’incontro dell’altro e del diverso e alle manifestazioni cangianti e molteplici del cosmo. Nel cammino ci si pone in sintonia con il cosmo e il mondo non viene percepito come palcoscenico delle attività umane, sfondo da calpestare sportivamente o consumare turisticamente con l’occhio della fotocamera. Il soggetto e l’oggetto in una “contemplazione in cammino” si dileguano come categorie e impariamo, con Bruce Chatwin, che «i cieli girano attorno di continuo, il sole sorge e tramonta, stelle e pianeti mantengono costanti i loro moti, l’aria è in perpetuo agitata dai venti, le acque crescono e calano per insegnarci che dovremo essere sempre in movimento». Giovanni Sessa intende il viaggiare camminando, come una pratica di liberazione e di realizzazione dell’individuo cosmico.
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  • Vogliamo sottolineare come già nei diari del giovane Sessa traspaia l’idea di quel logos physikós, che l’Autore ha tematizzato in età matura. Pur essendo presenti i richiami a una struttura chiusa e necessitante della storia, al Kali-Yuga quale età ultima, che l’Autore si è lasciato alle spalle, egli nei viaggi era già alla ricerca dell’origine sempre possibile.    Questi diari ci introducono nelle terre del mito attraverso i vissuti dell’autore, e ci pongono al cospetto di ambienti severi e poco antropizzati, i cui simboli riescono ancora ad essere cifrati da chi li avvicina con rispetto e timore. Soprattutto nei diari del Nepal e del Pakistan, si avvertono le cime innevate, il fiato corto di colui che si pone in cammino e l’ingresso in una dimensione superna che trascende il quotidiano e avvicina allo straordinario e al sacro. Proprio un’esperienza estrema, vissuta in Nepal, mostra come, per l’autore, l’abbandono della sicurezza e la ricerca dei propri limiti, possano aprire a forme di conoscenza realizzativa che consentono di trascendere il semplicemente umano. Lo studio della filosofia evoliana e della pratica alpinistica, che il tradizionalista romano utilizzò come via di liberazione, consentono a Sessa di inquadrare e descrivere accuratamente queste sue esperienze. I racconti sono impreziositi anche dalla conoscenza approfondita del buddhismo e delle filosofie orientali, nonché del simbolo della montagna quale Axis Mundi .
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  • Appare curioso, alla luce di quanto appena detto, il sottotitolo dell’opera che ci troviamo a recensire: “Tradizione on the road”. L’autore specifica di aver condiviso la modalità del viaggio, resa famosa dalle opere della beat generation: il viaggiatore “alternativo” che tende a muoversi con pochi mezzi a disposizione, in autostop, in quanto critico della società capitalistica e globalizzata; tuttavia, alla critica e al rifiuto di un determinato stile di vita, Sessa ha fatto seguire l’adesione al mondo valoriale della Tradizione. È bene sottolineare come l’idea della Tradizione vissuta dall’autore, sia un esercizio di autotrascendimento, di realizzazione di ciò che si ha da essere. Il viaggiatore cerca, attraverso l’apertura al Mondo nelle sue più svariate forme, di delineare i propri confini, ritrovando se stesso nel cosmo e il cosmo in se stesso.  Affinché ciò possa avvenire, egli deve incontrare quell’alterità che non può essere immediatamente ridotta a oggetto sfruttabile da parte del soggetto.
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  • Il pensiero unico, la tecnica dispiegata, l’Industria culturale, rendono ancora possibili viaggi autentici? Sono passati tre decenni dalla stesura dei diari qui presentati e l’avanzamento della desertificazione del mondo, a livello naturale e simbolico, è palese. Il viaggio tende a diventare sempre più una traslazione di corpi che acquistano pacchetti di esperienze a prezzi accessibili; la macchina del turismo si nutre della pubblicità gratuita che gli stessi turisti, attraverso smartphone e social media fanno rimbalzare nell’etere. I pixel che vagano nella rete si trasformano in nuovi oggetti del desiderio in grado di appagare, temporaneamente, nuovi acquirenti e il consumo dei luoghi e dei territori, prima di essere un problema ecologico, è problema simbolico.  L’altro perde la sua distanza e finisce per essere assimilato e integrato dalla macchina dell’omologazione
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  • Già Sessa aveva constatato con occhio lucido i cambiamenti portati da certe forme di turismo, specie in Mongolia, paese,allora, appena uscito dalla dittatura comunista.   Nonostante ciò, se ci incamminiamo sulla strada con spirito di scoperta, occhi curiosi e passi misurati, così come ci mostra Sessa, possiamo trovare l’ignoto e l’insolito anche dietro casa.  Ogni ontofania, infatti, è una ierofania, a patto che si lasci essere ciò che ci viene incontro e non lo si riduca a oggetto di manipolazione.
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  • All’uomo che si crede dominatore del mondo si chiudono le possibilità di entrare nella Realtà, che si ritira in sé e diventa incomprensibile. Il dominio sulle cose le allontana da noi.   Aristotele nella Metafisica affermò che gli uomini hanno cominciato a filosofare grazie alla meraviglia.  Questo libro è un continuo invito a meravigliarci: viaggiare in modo consapevole, è proprio dei filosofi.