• von salomon

  • I Soldati perduti
  • di von Salomon
  • La Germania dei Corpi franchi
  • di
  • Giovanni Sessa
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  • Ernst von Salomon è stato uno degli uomini di maggior valore della componente nazional-rivoluzionaria, all’interno della rivoluzione conservatrice. Fu vicino, almeno per un certo periodo, alle tematiche del nazional-bolscevismo ma, a differenza del fratello Bruno, con il quale condivise parte del proprio iter teorico-politico, mai cadde nell’illusione di vivificare il comunismo, idea astratta e moderna, con lo spirito teutonico. Fu scrittore di vaglia. Lo mostrano opere quali, I proscritti, La città e I cadetti. A riprova dello straordinario valore letterario della sua produzione e del suo valore di partecipata testimonianza, relativa a uno dei periodi più drammatici della storia della Germania, vale a dire gli anni successivi al Primo conflitto mondiale, è da poco nelle librerie un suo volume, I soldati perduti, edito da Oaks per l’attenta cura di Antonio Chimisso (per ordini: info@oakseditrice.it, pp. 144, euro 15,00). Il libro, oltre allo scritto che dà il nome alla raccolta, comprende due racconti, L’assassinio e Senta e Visita a Ernst Jünger, cronaca della visita, a vent’anni dal loro ultimo incontro, fatta al grande scrittore e amico di una vita. Il testo è corredato da un ampio apparato fotografico, in cui von Salomon è ritratto in diversi momenti della sua esistenza.
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  • Von Salomon è il testimone di un’unica grande tragedia: «La mia tragedia […] è […] l’essere un tedesco senza Germania, un prussiano senza Prussia, un monarchico senza monarchia» (p. 45). Sebbene la sua vasta produzione attraversi la dimensione dell’assenza, della fine di un mondo, comune a tanta letteratura mitteleuropea, il nostro non visse di rimpianti ma si spese alla ricerca dell’azione salvifica. Fin dal primo dopoguerra, sua intenzione più profonda fu l’affermazione del valore e del tratto spirituale dell’idea nazionale tedesca, ben oltre gli steccati di qualsivoglia nazionalismo etnico.  Da ciò trasse il proprio: «distacco dal nazionalsocialismo, di cui non condivideva la visione della sovranità nelle mani del popolo portatore di una volontà propria interpretata dal Führer» (p. 13). Per von Salomon, autentico prussiano, l’autorità era incarnata dal Sovrano: «primo servitore dello Stato» (p. 13). Il nemico della sovranità tradizionale era la borghesia, il cui spirito si era incarnato nel capitalismo. Sarebbe stato necessario battersi per quei ceti che pativano la tirannia economica della borghesia internazionale alla fine della prima guerra mondiale, i contadini. Von Salomon fu attivo, con altri sodali della rivoluzione conservatrice a fianco di suo fratello, nello Schleswig-Holstein durante la rivolta rurale. Fu arrestato. In quella circostanza Jünger gli scrisse che la rivolta aveva messo in luce il tratto borghese e sistemico dei nazisti e degli stessi comunisti.
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  • L’amicizia con lo scrittore entomologo lo portò a scrivere I soldati perduti, testo inserito nel libro collettaneo, Guerra e Guerrieri, curato da Jünger. Nelle sue pagine, l’autore evoca l’epopea e il successivo fallimento dell’esperienza dei Corpi Franchi. Lo stile scrittorio è lapidario, quasi meccanico, apparentemente algido ma efficace: ci fa sentire il pathos che animò quelle compagini guerriere, determinato dal contatto con il pericolo, con l’elementare che la guerra aveva permesso di riscoprire. Gli appartenenti ai Corpi avevano compiuto una scelta nata: «dall’indistinto, dal cuore, da un malessere che può trovare il suo farmaco solo nel pericolo, nello scontro, nella lotta» (p. 26). I loro successi furono resi insignificanti da un ceto politico inetto. Al termine della loro esperienza, si dispersero. Molti di loro, come von Salomon, negli anni dell’hitlerismo, furono esuli in patria, in quanto videro nella NSDAP, lo ricorda Chimisso, un: «erede illegittimo e profittatore dei sacrifici di chi aveva dato vita a quell’epopea» (p. 27). Più volte, nel corso del tempo, von Salomon tornò a discutere di quell’esperienza. Negli ultimi scritti, sembra svanire la disillusione per il tradimento patito, ed emerge, il ricordo di un’esperienza irripetibile.
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  • Nel racconto, L’Assassino, il protagonista è alter ego dell’autore: incarna il malessere che questi provava nei confronti del mondo borghese. Invitato ad una festa presso conoscenti legati a tale ambiente, non si riconosce nei presenti, si sente estraneo, diverso da loro. Poi, in un crescendo narrativo, reso magistralmente dallo scrittore, si scaglia contro gli oggetti presenti nell’appartamento e, infine, inopinatamente, uccide uno degli inviatati. É, ancora una volta, l’emersione dell’elementare a guidargli la mano. Queste pagine mettono in scena la spinta emotiva che indusse von Salomon ad aderire ai Corpi Franchi: «quello che volevamo non lo sapevamo e quel che sapevamo non lo volevamo» (p. 32). Solo tornando alla natura, si sarebbe potuta trovare una via d’uscita dal conformismo cloroformizzante della società mercantile.
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  • Altro il tema che si evince in, Senta. Questo è il nome di un cane, una femmina di pastore tedesco cresciuta nella scuola di polizia e addestrata al controllo dei prigionieri nel carcere in cui era detenuto von Salomon. Si trattava di un cane aggressivo. Nonostante ciò, il detenuto von Salomon instaurò con l’animale, un rapporto di amicizia. Quando decise di saltare le mura di cinta della prigione, egli era convinto che il cane non si sarebbe scagliato contro di lui. Senta, al contrario, l’aggredì immobilizzandolo. Il cane assurge a simbolo della fedeltà al dovere al quale era stato educato, emblema dell’Haltung: «del cittadino nello Stato ideale di von Salomon» (p. 34). Infine, nel ricordo dell’incontro con Jünger nella casa di Wilflingen, l’autore ricostruisce l’intensa amicizia che li aveva legati in gioventù e che non si era spenta, nonostante i venti anni di mancata frequenza. Un incontro tra uomini che, al termine del Secondo conflitto, avevano perso il mondo cui erano appartenuti.   Tale mondo continuava a vivere nello spazio libero del loro cuore.