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Rubriche Editoriali

rubrica editoriale

  • LA LOTTA PER IL DIRITTO

  • Rudolf Von Jhering
  • La lotta per il diritto e altri saggi
  • (Castelvecchi editore (traduzione di Roberto Racinaro,
  • a cura di Pasquale Femia e Francesco Mancuso), € 21,00, pp. 254)
  • rec. di 
  • Teodoro Klitsche de la Grange

  • A leggere questa nuova edizione della traduzione (del 1989) di Roberto Racinaro di un classico del pensiero giuridico come Der Kampf um’s Recht occorre porsi alcuni interrogativi.   Il primo è: se il saggio di Jhering è uno dei libri giuridici più conosciuto (e pubblicato) degli ultimi centocinquant’anni, tradotto in una ventina di lingue, continuamente ripubblicato (Italia compresa) a che serve una nuova edizione?
  • ...
  • La prima risposta che si può dare è che i problemi lì affrontati (connaturati al diritto) sono sempre attuali. Facciamo un esempio. Nelle prime edizioni del saggio, Jhering scriveva “Il concetto del diritto è un concetto pratico, cioè rivolto ad uno scopo, ma ogni concetto rivolto a uno scopo è configurato per sua natura dualisticamente, poiché racchiude in sé l’antitesi di scopo e di mezzo: non basta rendere noto semplicemente lo scopo, ma deve insieme essere fornito il mezzo, attraverso cui esso possa essere raggiunto”.  A chi rimproverava a Jhering di aver enfatizzato la litigiosità perciò rispondeva, nella prefazione del 1891 (non presente nell’edizione italiana precedente, neanche in quella del 1935, traduttore R. Mariano) “mi limito soltanto a rivolgere, a coloro che si sentono chiamati a farmi delle critiche, due preghiere. In primo luogo, che non facciano in modo di distorcere e snaturare le mie vedute, da farmi propugnare la lite e la lotta, l’amore di far liti e processi, mentre io non richiedo assolutamente la lotta per il diritto in ogni lite, ma solo là, ove l’assalto contro il diritto implica parimenti il dispregio della persona… L’arrendevolezza e lo spirito di conciliazione, la mitezza e la natura pacifica, la composizione amichevole e la rinunzia a far valere il diritto trovano anche nella mia teoria il posto che loro compete; ciò contro cui essa si pronunzia è unicamente l’umiliante tolleranza dell’ingiustizia che deriva da viltà, pigrizia, indolenza” e sottolinea il limite di opposte critiche “Cos’ha il dovere di fare chi si trova dalla parte del diritto, quando il suo diritto è calpestato? Chi può darmi al riguardo una risposta diversa dalla mia, ma tollerabile, cioè compatibile con il sussistere dell’ordinamento giuridico e con l’idea della personalità, mi ha battuto”; perché in attività (e problemi) pratici “per quanto riguarda i problemi puramente scientifici ci si può limitare a confutare semplicemente l’errore, anche se non si è in grado di sostituirvi la verità positiva, ma nel caso dei problemi pratici, ove è certo che un problema non può essere non trattato, e ove la questione è come debba essere trattato, non è sufficiente rifiutare come non giusta l’indicazione positiva data da un altro, ma la si deve sostituire con un’altra. Attendo che ciò avvenga riguardo all’indicazione da me fornita; finora, non sono stati compiuti in proposito neanche i primi passi”.
  • ...
  • E nell’attualità abbondano quelli che Jhering chiamava i “Sancho Panza… i filistei del diritto”, ai quali conveniva l’espressione di Kant “chi si fa verme, non può lamentarsi se viene calpestato”: il risultato delle loro condotte, di mancata coltivazione dei diritti soggettivi, è il venir meno del diritto oggettivo come il grande giurista ripeteva “La vita del diritto è lotta, una lotta dei popoli, del potere statale, degli individui.
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  • Ogni diritto nel mondo è stato conquistato, ogni massima giuridica ha dovuto dapprima essere strappata con la lotta a coloro che le si opponevano, e ogni diritto, il diritto di un popolo come quello del singolo individuo, presuppone la disposizione continua alla sua affermazione. Il diritto non è un concetto logico, ma un concetto di forza… La spada senza la bilancia è la cruda violenza, la bilancia senza la spada è l’impotenza del diritto… Il diritto è un lavoro ininterrotto e cioè non è soltanto un lavoro che riguardi il potere dello Stato, ma tutto il popolo. L’intera vita del diritto, vista con uno sguardo d’insieme, ci offre l’immagine di un infaticabile lavorare e lottare… Ogni singolo che si trova nella situazione di dover affermare il suo diritto, svolge la sua parte in questo lavoro nazionale, offre il suo contributo alla realizzazione dell’idea del diritto sulla terra”.
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  • Che quello stigmatizzato da Jhering sia l’andazzo prevalente nell’Italia del XXI secolo è evidente.
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  • La ripetuta formulazione di leggi che rendono difficoltosa e onerosa l’esecuzione di sentenze, soprattutto nei confronti delle pubbliche amministrazioni ne è la componente saliente. Così come è trascurato quello che sosteneva Jhering, che il diritto è un lavoro di tutto il popolo e non solo (e non tanto) del potere dello Stato. Tanto più quando questo è strumento per l’approvazione e il mantenimento di una classe dirigente decadente: e proprio perciò propensa, come scriveva Pareto, a far uso della furbizia piuttosto che della forza.
  • ...
  • La seconda questione è la capacità di Jhering di coniugare versanti spesso contrapposti, o quanto meno distinti, in una sorta di complexio oppositorum e così diritto soggettivo ed oggettivo, forza e diritto, norma ed eccezione.  L'unità dei quali, o quanto meno la loro coincidenza e sinergia è trascurata o negata.  Gli è che Jhering come scrive in “Das Zweek im Recht” ritiene che scopo del diritto sia la vita (collettiva ed individuale) e in ciò manifesta molti punti di contatto con altri giuristi, a cominciare da Hauriou e Santi Romano. E’ un vitalismo giuridico che vede nella norma lo strumento dell’ordine della (e nella) vita comunitaria (come nella metafora della scacchiera di Romano).
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  • Un cenno, prima di terminare queste note. Jhering rileva che nel “Mercante di Venezia” Shylock lotta per il proprio diritto, che è, a un tempo, quello di Venezia, come afferma il mercante. A fronte di tale domanda “Il giudice aveva l’alternativa di ritenere valida oppure non valida la cambiale”. Tuttavia “dopo che è stata pronunciata la sentenza del giudice, dopo che è stato fugato dal giudice stesso ogni dubbio sul diritto dell’ebreo, non si osa più contraddire tale diritto… lo stesso giudice, che ha riconosciuto solennemente il suo diritto, glielo rende vano con una scusa, con una malizia così meschina e vergognosa, che non merita alcuna seria critica… egli deve prendere soltanto carne senza sangue e deve tagliare solo una libbra determinata, né più né meno”.
  • ...
  • Porzia così vanifica il diritto di Shylock non con l’argomento forte della nullità del contratto per “illiceità della causa” (o illiceità in genere) ma con un espediente da causidico di mezza tacca. E, nell’opera di Shakespeare, anche il Doge ritiene di non poter cambiare la legge di Venezia e la sentenza che la applica. In un altro capolavoro teatrale come il Tartuffe di Molière, la conclusione è inversa, perché il rapporto tra legge ed autorità politica è cambiato. Nello Stato assoluto di Luigi XIV è l’occhio vigile del Sovrano, il quale cassando la sentenza pronunciata legalmente dai giudici (ingannati da Tartuffe) salva Orgon e la sua famiglia. Ma lo fa senza espedienti, senza ipocrisia, sicuro della propria autorità e decisione.
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  • Come scrive Schmitt a proposito dell’Amleto, in Shakespeare c’è una rappresentazione pre-statuale (cioè pre-moderna) della realtà mentre nella commedia di Moliére, c’è un nuovo protagonista: la monarchia assoluta. E di conseguenza lo Stato sovrano, il quale oggi appare in calo di sovranità (e abbondanza di espedienti).

 

  • Lovecraft

  • Lovecraft
  • poeta dell’abisso
  • Un prezioso volume del duo 
  • de Turrisi  Fusco
  • rec. di
  • Giovanni Sessa

  • de Turris-Fusco: “duo fantastico”
  • Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco vanno annoverati tra i massimi esperti di letteratura fantastica e fantascientifica. E’ da poco nelle librerie, per i tipi di Bietti, un loro prezioso volume, H. P. Lovecraft  poeta dell’abisso (per ordini: 02/29528929). ...
  • Il volume uscì, in prima edizione, nel 1979 per La Nuova Italia. Non si tratta però, si badi, di una ristampa. Nella nuova edizione, infatti, compare un’ampia Appendice che contiene una serie di saggi inerenti, tra le altre cose, ai rapporti tra la letteratura del “solitario di Providence” e l’esoterismo, alle traduzioni italiane delle sue opere e agli illustratori dei suoi libri. Inoltre, sono presenti due capitoli, espunti, all’epoca, dalla prima edizione. Essi riguardano le false leggende riguardanti Lovecraft e la sua eredità letteraria.
  • ...
  • Al “fantastico-duo” De Turris-Fusco va attribuito il merito, come si evince dalla lettura del testo, di aver chiarito come le prime edizioni dei libri dello scrittore in Italia, fossero parziali, tanto per i tagli apportati ai testi, quanto per l’inaffidabilità delle traduzioni.
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  • Lovecraft.  Biografia esteriore ed interiore
  • L’incipit del narrato è dedicato a una minuziosa ricostruzione della biografia dello scrittore, mirata a cogliere non semplicemente i dati esteriori della vita dell’intellettuale, ma altresì a ricostruirne la biografia interiore, essenziale per la comprensione della produzione letteraria. Lovecraft (1890-1937) non poté contare su una famiglia “normale”: in tenera età perse il padre, mentre sua madre: «legò a se il figlio con una affetto possessivo […] Circondava Howard di attenzioni protettive soffocanti» (p. 39), che non consentirono al bambino di crescere, come di solito avviene, con i suoi coetanei. Grazie alla biblioteca di famiglia, il ragazzo presto acquisì conoscenze fuori dal comune per la sua giovane età e, durante l’adolescenza, si cimentò con una serie di saggi, che ne mostrarono la propensione per la creatività fantastica. Dormiva di giorno e scriveva di notte. Il sonno, la dimensione onirica, diventarono per Lovecraft valvola di sfogo e rifugio nei confronti della realtà storico-sociale degli USA degli anni Venti, avvertita come intollerabile.
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  • Collaborò con riviste, procurandosi da vivere attraverso la revisione di testi di scrittori esordienti. Nel 1924 si trasferì da Providence a New York, in seguito al matrimonio con Sonia H. Greene, che naufragò già nel 1926: «Dopo il ritorno a Providence, la sua vita trascorse senza scosse né avvenimenti particolarmente significativi sino alla fine» (p. 47). La formazione di Lovecraft era di fatto materialista e meccanicista, ricordano i due autori. Egli ebbe, comunque, il coraggio intellettuale: «di riconoscere che esistono realtà diverse da quelle che appaiono ai nostri sensi; e […] la via che […] ci farà uscire dalle contraddizioni del nostro tempo è il sogno» (p. 27).
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  • Del Tragico
  • Quella di Lovecraft fu, a parere di chi scrive, una gnoseologia originale e sui generis, sostanziata da una visione filosofica centrata su una rivalutazione del tragico. Lo si evince, in tutta evidenza, da alcune sue lettere pubblicate all’inizio del libro. In esse, tra l’altro, si può leggere: «Dato che l’intero piano della creazione è puro caos […] non vi è necessità di tracciare una linea fra realtà ed illusione. Tutto è mero effetto di prospettiva» (p. 22). Non esitono fatti, come seppe Nietzsche, ma interpretazioni degli stessi. Tale concezione è a-teleologica e, in tema, lo scrittore rileva: «Io non riesco a immaginare in altro modo lo schema della vita e delle forze cosmiche, se non come una massa di punti irregolari riuniti in spirali senza direzioni» (p. 22). Ancora più significativamente: «credo che il cosmo sia un insieme senza scopo e senza significato di cicli interminabili […] consistente soltanto di forze cieche che operano secondo schemi fissi ed eterni» (p. 23).
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  • La materia cui guarda il “solitario di Providence” è lucreziana, animata, non è “materia” da intendersi in senso moderno. Egli ha contezza del fatto che la trascendenza vive solo nell’immanenza, nella physis e, in essa, sancisce la magica possibilità dell’impossibile. Un cosmo leopardiano, quello di Lovecraft, orrido e meravigliante in uno. Il suo sguardo di “osservatore distaccato”, la sua curiositas di indagatore, è avulsa dal qualsivoglia antropocentrismo, come nelle corde del grande recanatese (Dialogo di un islandese e della Natura).  Il conservatorismo esistenziale e politico dello scrittore fantastico, va inteso, allora, quale risposta al caos, un tentativo di ordinare, di dar “forma”, sia pure momentanea, a ciò che ordinato non è. Lo sforzo letterario che lo contraddistinse è mirato a presentare: «un tipo di visione magnificata che conferisce strani colori all’universo, e che riveste le circostanze della vita d’un fascino mistico ed un significato occulto» (p. 25).
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  • Simbolo e divino
  • De Turris e Fusco ricostruiscono e analizzano, in modalità convincente, informata e organica, l’opera omnia di questo creatore di mondi immaginari, alla luce di una bibliografia critica assai ampia. Ne analizzano gli esordi, si soffermano sui “miti di Cthulhu”, sulla visione fantascientifica che traligna dalle sue pagine, sui rapporti con l’occulto, sulle lettere e le poesie, sulla struttura linguistica della sua prosa coinvolgente, nonché sul messaggio finale che la connota. Chiariscono, inoltre, le sue ascendenze culturali, da Dunsany a Poe, per citare solo alcuni degli “autori” di Howard.
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  • In particolare, notano che le figure simbolico-divine cui lo scrittore fa riferimento: «incarnano, il cieco terrore dell’individuo razionale posto di fronte ad un abisso cosmico» (p. 111), parallelo all’abisso che vive in interiore homine, nel foro interiore di ognuno di noi. L’uomo della ratio, attraverso gli universali e i concetti, staticizza l’essere sempre all’opera della vita, il carattere veicolare e metamorfico di ogni ente di natura, e richiude l’abisso.  Lovecraft, di contro, tenta di ridare vigore alle potenze che abitano il cosmo e l’uomo, questa la funzione svolta dai “miti di Cthulhu”: «nella sua narrativa non trovano posto divinità benevole o malevole, ma soltanto manifestazioni cieche di forze indifferenti, che agiscono tanto a livello universale quanto individuale» (p. 118). Il lettore non sia tratto in inganno da questa affermazione: il tragico puro, quando venga vissuto in modalità autentica, concede, lo seppero gli Stoici, serenità.  Ha tratto rasserenante di fronte all’orrido e al meravigliante della vita.
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  • Per questa ragione, Lovecraft, poeta dell’abisso, è libro da leggere e meditare, soprattutto oggi, in quanto la dismisura messa in campo dalla Forma-Capitale ha colonizzato l’immaginario degli uomini.   In tal senso, la lettura di queste pagine ha effetto liberante nei confronti degli idola della post-modernità.  Non è cosa di poco conto…
    Gianfranco de Turris - Sebastiano Fusco, H. P. Lovecraft, poeta dell’abisso, Bietti, pp. 314, euro 24,00.


  • Evola XXX

  • Dal Mediterraneo al Nord Olimpico
  • Una raccolta di articoli e conferenze di
  • Julius Evola
  •  rec. di
  • Giovanni Sessa
  •  
  • Una nuova raccolta evoliana
  • Julius Evola è stato pensatore dalla produzione assai vasta. Nel corso della sua esistenza, in particolare a muovere dagli anni Venti del secolo scorso, intrattenne una serie di relazioni con personaggi di primo piano dell’ambiente politico e, soprattutto, culturale, italiano ed europeo. Compì numerosi viaggi nella Mitteleuropa, si recò, più volte, in Austria, Germania, Ungheria, Romania.  È da poco nelle librerie una silloge, davvero preziosa, di articoli e conferenze del pensatore tradizionalista che permette di far luce sulle sue vaste relazioni internazionali, oltre che sulle sue intenzioni politiche-metapolitiche, negli anni decisivi che vanno dal 1920 al 1945.  Ci riferiamo a Julius Evola, Dal Mediterraneo al Nord Olimpico. Articoli e conferenze nella Mitteleuropa (1920-1945) comparso nel catalogo delle Edizioni Mediterranee (per ordini: ordinipv@edizionimediterranee.net   06/3235433).
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  • Novità del libro
  • Le traduzioni dei testi e la curatela del volume si devono a Emanuele La Rosa, collaboratore della Fondazione Evola, che in Archivi e biblioteche tedesche ha rintracciato articoli finora non noti o mai tradotti in italiano. La Rosa e Nuccio D’Anna, studioso di storia delle religioni e simbolismo, firmano i due saggi introduttivi, propedeutici alla comprensione dell’azione di interventismo "tradizionale" messa in atto da Evola nell’Europa centro-orientale. Il libro si segnala, inoltre, per la sua terza parte che raccoglie articoli dedicati ad Evola dalla stampa di lingua tedesca del tempo, molti ancora inediti nella nostra lingua, e per l’Appendice costituita dalla rassegna stampa dedicata all’Evola pittore.  I viaggi, gli scritti e le conferenze del tradizionalista miravano alla costituzione di un fronte comune pan-europeo, rivoluzionario conservatore, atto, da un lato, a “rettificare” i limiti teorico-pratici del fascismo e del nazionalsocialismo e dall’altro capace di dare una risposta forte e convincente alla pervasività del moderno in ogni ambito della vita.  Rileva D’Anna: «in questi suoi interventi non tralasciava di indicare comportamenti “esemplari”, forme di costume e modelli esistenziali considerati importanti in una società che in seguito al pesante crollo economico del 1929 era sprofondata in una pesante crisi d’identità» (p. 9).  A parere di chi scrive, la rivista più prestigiosa sulla quale comparvero gli scritti di Evola fu Europäische Revue, del principe Rohan.  Ad essa collaborarono, tra gli altri, W. F. Otto, Heidegger, Schmitt, Sombart, C. G. Jung e il nostro Ernesto Grassi.  In ogni caso, anche su altri periodici: «Evola continuerà a muoversi […] verso un’unica direzione le cui caratteristiche fondamentali appaiono ordinate attorno a tradizioni sacre […] simboli e forme del pre-politico che trovano su un piano metastorico la propria autentica ragion d’essere» (p. 11).  Per Evola, infatti, l’ordinamento dello Stato della Tradizione era connotato dalla sintesi di due potenze, quella temporale e quella spirituale (Melkitsedek), che il medioevo ghibellino tentò di ripresentare nella storia (sagra del Graal). Alla luce di tali posizioni il tradizionalista operò per rafforzare, in termini non meramente politici, l’alleanza italo-tedesca. In questa silloge compaiono, inoltre, scritti attraverso i quali Evola critica la versione meramente biologica del razzismo che si era affermata in Germania, nel nome di una razza dello spirito, tradizionale, consapevole della tripartizione umana in spirito, anima e corpo.
  • ...
  • Imperialismo pagano in Italia e Germania
  • Da alcuni dei contributi evoliani si rilevano, come coglie La Rosa, differenze importanti tra la versione italiana di Imperialismo pagano e la sua traduzione tedesca del 1933: nella prima, il pensatore: «contrappone al “pericolo euro-cristiano” la funzione positiva di una ripresa della tradizione mediterranea, in quella tedesca si fa latore della tradizione nordico-germanica» (p. 31).
  • Il cambiamento di prospettiva va imputato a ragioni biografiche (la rottura con Reghini, neo-pitagorico e sostenitore della vichiana antiquissima italorum sapientia, finita in tribunale) e a motivazioni ideali. Certo, come si evince dal saggio del curatore, ci fu una scelta strategica di Evola, di impianto “machiavellico”, mirata a spostare la sua influenza teorica nei paesi della Mitteleuropa, per la qual cosa le due versioni di Imperialismo pagano possono essere intese: «come due programmi politici differenti per forma e contenuto […] come una proposta (meta) politica ora offerta al governo fascista, ora a quello nascente nazional-socialista» (p. 32).  Il mutamento teorico è spiegabile anche per ragioni ideali: dopo l’incontro con Guénon, Evola cambiò prospettiva rispetto alla civiltà mediterranea e guardò con altri occhi alla Rinascenza italiana. Mentre in Imperialismo pagano, Giordano Bruno e la filosofia del Rinascimento (come nelle opere filosofiche) hanno ruolo di un certo rilievo, dai primi anni Trenta il filosofo della vicissitudine universale e i neoplatonici del Quattrocento non sono più citati, se non termini negativi. In Rivolta, il tradizionalista giungerà ad affermare: «La vera Rinascenza (della Tradizione) è il Medioevo».  Evola: «traslittera nell’idea imperiale quella della realizzazione dell’individuo […] la cui regola base è il principio di solidarietà tra gli elementi di un organismo» (p. 33). L’Impero diviene il modello metapolitico del filosofo, risposta tanto all’internazionalismo marxista quanto alla plutocrazia americana. Medesima curvatura “nordica” viene messa in atto rispetto ai simboli, dal fascio littorio si passa all’aquila imperiale: «Evola deve “machiavellicamente” operare attivando forze trainanti, simboli e miti […] che siano capaci di affascinare […] il pubblico cui si rivolge» (p. 35).
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  • La crucialità del pensiero evoliano
  • Tale interventismo tradizionale non produsse gli effetti sperati né in Italia, né in Germania. Si evince, comunque, anche da questa importante raccolta, il lascito iperbolico del pensatore. Sul piano individuale esso è simbolizzato dall’individuo assoluto, latinamente “sciolto”, liberato, perfino da se stesso, proteso nella tensione esistenziale indotta dall’incipit vita nova. Il suo esistere è già, in se stesso, esemplare, rinvia, metapoliticamente, al sublime superamento delle organizzazioni politiche contemporanee. La sua arbitrarietà non può venir intesa dall’occhio moderno, educato alle distinzioni escludenti indotte dal logo-centrismo.  Dal mediterraneo al Nord Olimpico è opera che fa ulteriore chiarezza sul pensiero abissale di Julius Evola, per questo da leggere e meditare con sguardo non-rappresentativo, assoluto, oltre la dicotomia soggetto-oggetto, in quanto, per Evola, fenomeno e noumeno dicono il medesimo…

  • Julius Evola, Dal Mediterraneo al Nord Olimpico. Articoli e conferenze nella Mitteleuropa (1920-1945), a cura di Emanuele La Rosa, Edizioni Mediterranee, pp. 331, euro 31,50.

ANTICIPAZIONE delle "Ragioni Generali" sulle "ISTALLAZIONI CREATIVE" Heliopolis
  • SOMMARIO libretto Istall creat

  • Si anticipa qui di seguito una parte della documentazione accessoria che è
  • a servizio logico del libretto
  • "ISTALLAZIONI CREATIVE"
  • Heliopolis,
  • (design: Sandro Giovannini)
  • di prossima pubblicazione per la 
  • Heliopolis Edizioni 
  • di idee e materiali di scrittura.
  • Tale libretto, come si deduce dalla copertina qui riportata, consiste in una cinquantina di pagine  con una Appendice che contiene anche queste "Ragioni Generali", qui anticipate. 
  • Molte le foto a corredo delle "Istallazione creative", sia reali (realizzate) che virtuali (in proposta).
  • Chi volesse ricevere in omaggio tale libretto Heliopolis   
  • in PDF  
  • potrebbe prenotarlo comunicando a
  •   giovannini.sandro@libero.it
  •  la propria mail...

  • RAGIONI GENERALI
  • “Istallazioni creative”
  • (Heliopolis, 1985-2025)
  •  
  • L’idea si é concretata in medie e grandi realizzazioni parietali, per interni ed esterni, che hanno convogliato molte delle nostre precedenti esperienze con e su materiali più diversi tramite tecniche specifiche per cuoio, pergamena, stoffa, carta pregiata, legno, radica, oro, argento, rame, piombo, plexiglass, marmo, resina, terracotta, microcemento, encausto, mosaico, serigrafia, digitale, scrittura manuale, incisioni e/o traforazioni laser, tramite metodologie ispirate all’antico e trattate modernamente.
  • ...
  • Ora, mélange e sovrapposizione di tecniche miste e citazionismo, ricavando il maggior vantaggio da una visione urfuturista, (consapevolmente, da noi solo evocata), ove tutti i lasciti del secolo mai esaurito entro l’eterna guerra civile europea, vissuti tramite una lettura conciliativa e giustapposta di ragioni spirituali e sentimenti materiali, ricerca ancora, seppur disperatamente, una sua armonica potenzialità espressiva.  Queste “istallazioni” non richiedono astrusi strumenti decodificativi e non ammiccano inutilmente a potenzialità indimostrate od indimostrabili.  Sono alla portata di molti, ovviamente ai relativi livelli, proprio perché già comprendono in sé elementi storicizzati seppur complessi, classici, moderni, comunque resi contemporanei. E sperabilmente espressivi.  Il complesso non può e non deve prospettarsi nuovo, ma considerando lucidamente, oggi, le logiche della “catastrofe simbolica” di tanta teoria a riguardo del mercato automatico attuale e delle relative superfetazioni artistiche del mito del “marchio/marchiatura”, dispiegato ormai senza tregua, risulta ancora del tutto spiazzante, soprattutto per ricomposizione difficile tra mastro e maestro, in controtendenza assoluta con il superego narcisista del mito fasullo del “creativo”.  
  • ...
  • La problematicità, quindi, non è tanto o solo nell’essere fuori dal prevedibile schema dell’opera troppo individualizzata nelle sue varie declinazioni, quanto nell’idea/incrocio di varie logiche espressive, che è anche risultato di un percorso che vocazionalmente ha incluso molte esperienze da noi fatte nei decenni tramite il comunitarismo creativo, ovvero una sorta di lunga stagione poetica, critica e metapolitica operata comunque con un senso più ampio di quello dell’artista singolo, non per difetto d’individualità o per vezzo modaiolo, ma per rifiuto dell’artistismo e del maledettismo, persino oltre la solita nozione di “gruppo” artistico, in quanto tentata su vari livelli (poetico, letterario, artistico, metapolitico, saggistico, editoriale, organizzativo...).  Esperienza maturata poi anche in validi percorsi individuali.  La tecnica applicata quindi del montaggio e dello smontaggio - interpretata qui esteticamente più che meccanicamente, può raggiungere una sua risultante pratica.  Tramite diversi moduli artistici, l’intercambiabilità, concetto/chiave, infatti, non permette solo cambi e sovrapposizioni (=di scenario espressivo) ma anche eventuali sostituzioni nel tempo.  Cosa che, in più, lega il destinatario con un rapporto di maggiore durabilità.  Con diversi stili applicabili per una risultante figurativa, evocativa, storica, letteraria, sempre facilmente riconoscibile.  Anche con specifici “lacerti artistici inclusi”.  Nello specifico delle “istallazioni creative”, il risultato, poi, non va letto come “prendere o lasciare”, isolato dalle sia pur minime potenzialità condivisibili della committenza, ma come valore realmente interagente con la fruizione e la committenza stesse.  Non solo a parole, non solo con la parola, ma nel manufatto.
  • ...
  • Con il coinvolgimento diretto di una “presenza” precisa - sia pur necessariamente trasfigurata - della committenza e della fruizione contestuale, tramite due apparati specifici, diversamente mandati ad effetto, e sempre presenti.  Un’immagine della committenza, familiare e/o evocativa/interna, su intesa con i produttori (a vario titolo) ed una specularità, operabile di volta in volta, che rende immediatamente percepibile la fruizione, riflettendo (oltreché, ovviamente, inglobando).
  • ...
  • Nelle “istallazioni creative”, a differenza decisiva rispetto a tutte le altre produzioni paraeditoriali Heliopolis, però, dobbiamo sottolineare che, tali manufatti replicabili in base allo stile scelto di volta in volta a seconda della ragione contestuale, ambiscono avere un livello eminentemente arredativo e scenografico, pur con una indubbia pregnanza artistica dovuta agli inserti con maggiore o minore caratura creativa, di volta in volta inseriti.  Questa potrebbe apparire una capitis deminutio, ma è una piccola voragine su mondi lontanissimi.  
  • ...
  • La complessiva “scrittura esterna” (1) della ragione e del sentimento del nostro tempo, ha quindi una valenza di sommatoria epocale e di tentato recupero terminale, che non può essere disconosciuta facilmente, se non a prezzo di un rifiuto aprioristico al confronto dialogico tra norma e scarto, confronto ormai ampiamente storicizzato. (2)  Gettati nel tempo e condizionati dal clinamen. Ma con una  realizzazione identica a sé. (3)  Al proprio stile. (4)  L’evocazione riconosciuta che diviene espressa ricerca dell’identità simbolica (5)  tramite una rappresentazione scenografica di volta in volta messa in atto, tra essere e sapere, (6)  ove la comprensione dei produttori, dei committenti e dei fruitori, tre assoluti comprimari pur con ruoli ben differenziati, diviene il punto centrale di mediazione, punto focale, in quanto normale, (7)  in quanto comprensibile, in quanto vis(v)ibile...
  • ...
  • Quindi non “trovare un nome”, non “dare una definizione”, formule d’accatto, buone per ogni vera o finta furbizia o costruita ignoranza, (8) ma aiutare a saper vedere, saper comprendere... comprendendo noi per primi tutto ciò che ci è suggerito dal passato, la tradizione del colore (espanso) e della sua effettività identitaria e trainante, così antico-occidentale come estremo-orientale, riscontrabile ora, possibilmente senza esclusioni o false primazie, nel presente e nel futuro delle neuroscienze.  
  • ...
  • Infine accompagnando per mano il committente in un percorso che gli verrà fornito - con un supporto “critico specifico” scritto e/o multimediale - affinché non sia lasciato eventualmente in un debito di conoscenza verso ospiti amici e conoscenti vari che dovessero vedere il manufatto, magari compiacendosene, senza però aver (di fronte) alcun strumento di riferimento preciso. 
  • ...
  • Infatti abbiamo già inteso, in passato e con sorpresa, a solo esempio dalla gioiellistica, il silenzio ottuso sulla parola... che andasse appena oltre qualche nota di garanzia o di servizio.  Anche come prova di un percorso creativo non di “interiorizzazione di ritorno”, di “ritenzione secondaria o terziaria”, più o meno obbligata, ma di messa al centro delle esigenze più profonde (in una sorta di sobria maieutica) e magari per nulla o poco affiorate, del committente medesimo.  L’imposizione autoriale, comunque ineliminabile, almeno si sublimerebbe in tal modo lungo una prova possibilmente non autoritaria ma autorevole, non lineare ma ritornante - potremmo azzardare - ciclica.  
  • ...
  • Quindi istallazioni oltre la supponente od eterodiretta indisponibilità, ma che favoriscano interrogazioni, approfondimenti, suggestioni di ricerca.
  • ...
  • Note.:
  • 1) Manifesto della scrittura esterna.  Il Manifesto della scrittura esterna fu pensato dagli amici e collaboratori che gravitavano già dalla fine degli anni ottanta intorno all’Heliopolis Edizioni (1985-...) ed allo scriptorium heliopolis, emanazione della prima e realizzato da artisti ed antichisti di fama (da cui anche il possibile titolo di “nuova epigrafia”).  Intendeva proporre l’affiancamento alla normale “scrittura interna” tramite una scrittura proiettata verso l’esterno, verso gli spazi del pubblico, non in un modo solo funzionale, ma fortemente identitario, partecipativo verso la comunità, utile per il commerciale e la comunicazione, in tutte le sue forme, oltre ogni livello precedentemente raggiunto (se non, meravigliosamente, nell’antico). Trovava in più in molte epoche e stili diversi una corrispondenza non solo formale o di compiaciuto e rettorico stilema, ma di profonda necessità e quindi d’intima sostanza.  Il manifesto non rimase solo un’enunciazione teorica.  Fu base logica e programmatica di un fare che si estrinsecò (e si manifesta tuttora) in molte realizzazioni, alcune ben riuscite anche commercialmente (esempio il caso eclatante delle magliette letterarie dell’Heliopolis, 1988-1995, prime in tutta Italia) dell’editoriale e del paraeditoriale, dell’alta moda, della gioiellistica, dell’arredamento, della musealistica, del supporto ad istituti di antichistica, del promozionale, marcando uno stile non confondibile.
  • 2) In: Sandro Giovannini, ‘Stile tra norma e scarto’,  da L’Armonioso fine, 2005, SEB, pag. 56-57, ove vengono affrontati e discussi alcuni passaggi logici di riferimento, tratti da  scritti critici al riguardo, di Richards, Barberi Squarotti, Brioschi, Di Girolamo, ed altri...
  • 3) “...Lo stile non esiste antecedentemente, non si rinviene per strada, è al di là di ogni categoria spaziale e temporale, è nel regno del prepensiero, ma anche nella democrazia del fatto, esiste in sé ed in sé si mostra, quale prova che va salvaguardata dal pensiero filosofico/categoriale, logico ed anche irrazionale...”.  in: S. G., ‘Operari sequitur esse’, da L’armonioso...,cit., pag.12.  Questa citazione, che sembrerebbe poter aver senso solo in un milieu filosofico, aiuta invece a giustificare l’effettiva realizzabilità del:“...sempre facilmente riconoscibile”, di cui sopra.
  • 4) “...In questo senso ha valore l’indicazione, spogliata giustamente d’enfasi, del sincretismo, non come momento magmatico ma di sottolineatura, ecumenicità, stile...”, in: Agostino Forte, dal “Commento”, 30.08.1994, al testo del manifesto della scrittura esterna e dello scriptorium heliopolis.  Il sincretismo quindi, non in una valenza new age che confonde tutto, quanto nel senso delle lezioni di uno Zolla ed altri studiosi comparativisti del sacro dell’etnografia e della religione, per utopie di sintesi necessarie più che per prese d’atto d’ibridismi subiti.  Questo “stile” - solo nel caso specifico delle “istallazioni creative” - resta riconoscibile anche per il metodo proposto come ricercatamente interattivo con la più diversa committenza, soprattutto per i due strumenti sempre - difformemente - presenti nel manufatto.
  • 5) L’evocazione dell’identità simbolica è un processo che l’Heliopolis ha messo in conto, negli anni, anche con il progetto telematico ELOGICON (2015-)  In tale direzione si deve comunque trovare un punto d’incontro tra la capacità di riconoscimento che pertiene all’Heliopolis design e la vera e propria identità simbolica del committente.  Consapevole od inconsapevole.  Tra mille esempi possibili, la ricerca filosofica del “valore spirito” di Valery o dello svelamento della voragine del “formicaio digitale”, entro la “società’ automatica” di uno Stiegler, ovvero la ricerca sulla “miseria simbolica”.  Per trovare tra le forze contrapposte (come nell’arco romano), il punto di svolta (far cadere=rivoluzionare) o chiave di volta (stabilizzare=conservare) come precisa risposta del (e nel) manufatto.  Progetto non facile e mai scontato, di cui la maieutica è metodo.  Un costruire lungo un’idea collaborativa effettiva e non di facciata.  Non per slogan o solo a parola, ridotti alla differenza (spesso troppo evidente) tra dichiarato e realizzato, pressati dal funzionalismo delle pratiche.  Troppi siti architetturali ne sono, purtroppo, frequentissima prova.
  • 6) P. D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio Ubaldini, 1976.
  • 7) “...Così il richiamo costante alla normalità, che rischia di divenire un’invocazione suggestionante alla normalizzazione, non può non trascurare (a pena d’inversione totale), avendo origine dai terreni del positivismo logico e del materialismo dialettico, la teoria della normalità geniale (la normalità guidata identitariamente dai propri geni e cromosomi) ovvero dell’usualità producente, ovvero della sobrietà creativa, che sono tutte misure che appartengono invece (o dovrebbero appartenere...) per statuto alla migliore cultura tradizionale... etc... ...”, in: S. G., ‘Semplificazione, atto rivoluzionario’, da L’Armonioso fine, cit., pag. 84-85.
  • 8) AA.VV., “Letteratura - Tardocronache dalla Suburra”, n.° 2; 1985, Heliopolis Edizioni, ove si affronta validamente il tema della “creatività diffusa”, o della “creatività surrogatoria”, pag. 40-45: Marcello Veneziani, Creatività tra libertà e trasgressione: “...La più autentica realizzazione della creatività non è data dall’affermazione della soggettività, ma al contrario la realizzazione creativa è l’affermazione di una superiore impersonalità, è l’espressione dell’oggettività”.  Vedi anche, a riguardo di “trovare un nome” o “vera e finta ignoranza”, la presa d’atto di un coraggioso: ...abbiamo... «...coniato un’intraprendente ondata di nuovi ossimori per sospendere le vecchie incompatibilità: life/style, reality/Tv, word/music, museum/store, food/court, health/care, waiting/lounge.  Il nominare ha preso il posto della lotta di classe, amalgama sonoro di status high concept e storia.  Attraverso acronimi, importazioni inusuali, soppressioni di lettere, invenzione di plurali inesistenti, lo scopo è liberarsi del significato in cambio di una nuova spaziosità…  il Junkspace conosce tutte le tue emozioni, i tuoi desideri.  E’ l’interno del ventre del Grande Fratello.  Anticipa le sensazioni della gente…».  Citazione da: Rem Koolhaas, Junkspace, Quodlibet, 2006, pag.84, in: Sandro Giovannini, “A proposito di Rem Koolhaas”, su    www.heliopolisedizioni.com 
  • I riferimenti logici riportati nelle note sono ora tutti leggibili nel sito ufficiale della Heliopolis Edizioni e della, ivi inclusa, “rivista online heliopolis”: www.heliopolisedizioni.com  

SYMPOSIUM di Apicio
  • Symposium aperto
  • (Symposium  (latino-italiano), aperto sulla riproduzione - a mano nell'originale poi andato in fotocomposizione - di un larario famoso)
  • ***
  • Symposium
  • (da Apicio)
  • Dal quarto rotolo lungo Symposium, una riproduzione ancora più accurata del de re coquinaria di Apicio,  è iniziata la tecnica del "tutto a mano"  ove l'elemento paleografico (una grafia in capitale elegante  riferibile a circa il I sec. a.C.) e l'elemento iconografico (nel prototipo creato per la successiva tiratura in fotocomposizione in 500 copie numerate) risulta essere una filologicamente accettabile parafrasi su carta di tecniche quali mosaico, affresco ed encausto. Questo per offrire al lettore un'immagine il più possibile ampia della trasposizione moderna dell'antico e per dimostrare anche una nostra abilità poliedrica che fuoriuscisse dagli schemi prevedibili delle operazioni consuete del restauro, che pure sono compiute al massimo grado di valore e competenza scientifica.  Questo sempre perché il nostro paraeditoriale è operazione creativa e non operazione conservativa ed i nostri manufatti sono indirizzati al mercato, sia pur colto e raffinato, e non al solo fine del fac-simile o unicamente per specialisti di antichistica.  In realtà, a parte il successo commerciale, in molti casi abbiamo ricevuto proposte di realizzate rotoli da centri universitari di eccellenzza, e talvolta abbiamo seguito tale via. Comunque i due manici del volumen sono stati operati sulle essenze di legno più pregiate con anche incisioni a laser ed a volte persino inserti d'ottone, argento o cuoio firenze, per rendere ancora più prezioso il manufatto complessivo. In un caso poi si è optato, con questo stesso testo tutto a mano, anche per una gioiellizzazzione completa dei due bastoni reggirotolo, affidando su richiesta del grande gioielliere Morpier di Firenze, la realizzazione conseguente. In tal caso Morpier fece una tiratura di 500 pezzi numerati che andarono, già in buona parte prenotati, in tutto il mondo, e noi dovemmo fornire una nuova tiratura della carta pergamenata in 6 fogli orizzontali incollati da noi a mano, di altri 500 copie.


ROTOLO-ASTUCCIO
  • 1 foto astuccio acero e ciliegio chiusi

  • Il 
  • "Rotolo-Astuccio"
  • dell’Heliopolis (modello d'Invenzione industriale), è stato progressivamente perfezionato con l’inserimento di una molla di ritorno-carta, all’interno del cilindretto superiore e di un bastoncino fermo-carta, inserito in apposito alloggio all’interno del cilindretto inferiore.  Il ritorno-carta a molla ed il fermo-carta, il primo per una veloce apertura e chiusura senza problemi ed il secondo per una stabile lettura ed una apertura anche prolungata, permettono quindi un'apertura ed una chiusura agevole, con una estensione della carta per circa 70 cm. di lunghezza massima per circa 22 cm di altezza.  In pratica la carta interna contenuta utilmente si dispiega per poco più di 2 fogli di A4 disposti orizzontalmente.  Il “Rotolo-astuccio” è un prodotto del paraeditoriale con una fortissima valenza regalistica e promozionale ed è stato introdotto anche nel mercato librario, nella cartolibreria di qualità, nell'uso di molti comuni per titoli di matrimonio, nel promozionale istituzionale per premi e documenti di nazionalità,  e nell’arredamento privato...

 

  • I pregiati testi Heliopolis  (non promozionali)  montati dentro il
  • "ROTOLO-ASTUCCIO":
  •  - "Preghiera ad Helios Re" di Giuliano Imperatore, edizione 1989,
    500 esemplari numerati, ultime copie, 50 euro.
    - "Il giudizio di Pilato" da Marco, edizione 1989,
    500 esemplari numerati, ultime copie, 50 euro. 

     - "Canto CXVI" di Ezra Pound,  versione di S.G., edizione 1989,
    500 esemplari numerati, ultime copie, 50 euro. 

  • (qui sotto aperta  "PREGHIERA AD HELIOS RE"  di Flavio Claudio Giuliano Augusto,
  • con la riproduzione manuale dei mosaici pavimentali del palazzo imperiale di Costantinopoli)

2 Rotolo astuccio aperto con scritta

  • contenitore cilindrico eventualmente aggiuntivo al "Rotolo-Astuccio" in seta serigrafata in oro 
  • contenitore cilindrico in seta serigrafata oro per rotolo astuccio
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