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rivista online hp 2021 2

Rubriche Editoriali

rubrica editoriale

  • calasso

  • Sotto gli occhi dell’Agnello
  • Calasso e l’autodistruzione del cristianesimo
  • di
  • Giovanni Sessa
  •  
  • La casa editrice Adelphi continua a pubblicare gli scritti che, il suo storico direttore editoriale, Roberto Calasso, ha concluso prima della sua scomparsa, nel luglio del 2021. È nelle librerie, Sotto gli occhi dell’Agnello (pp. 107, euro 13,00), testo nel quale lo scrittore fiorentino fa i conti con la tradizione cristiana. Si tratta di un libro snello, ma estremamente denso sotto il profilo concettuale. Gli aforismi che lo costituiscono, strettamente legati tra loro, sono centrati sull’esegesi dei testi sacri e in particolare dell’Apocalisse che, ricorda l’autore: «fu accolta nel canone durante il quarto secolo, soprattutto per l’approvazione del vescovo Atanasio di Alessandria […] Da allora il Nuovo Testamento si chiuse non come voce della mitezza, ma come annuncio di qualcosa di ignoto, dominato dal fatto di essere nuovo» (p. 41). In realtà, a dire di Calasso, l’Apocalisse rappresenta: «l’autodistruzione del cristianesimo» (p. 47). Il suo alludere a un novum ignoto, nella ripresa di un tipico elemento dottrinale paolino, ha contribuito a fondare le prospettive di filosofia della storia, moderne e anticristiane nei loro esiti politici e spirituali.
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  • Quale possibilità restano aperte per gli uomini, dopo il messaggio apocalittico del Veggente?: «Vari mondi frantumati e ostili. Ciascuno vuole il suo novum ma non l’ottiene» (p. 43), questa la situazione. Nell’Apocalisse è, inoltre, evocata una figura ricorrente nella Bibbia, quella dell’Agnello ucciso prima del costituirsi del mondo. Il suo sangue, viene detto nei testi sacri, sarebbe servito a riscattare momentaneamente gli Ebrei, come accadde durante la fuga dall’Egitto. Esso si sarebbe nuovamente materializzato davanti agli occhi di Giovanni Battista con le fattezze di Gesù. In questa sua successiva manifestazione il sangue dell’Agnello avrebbe dovuto riscattare per l’eternità la condizione umana. La storia sacra è, pertanto, rappresentata dal transito dall’animale originario, muto e terrorizzato dinnanzi al proprio sacrificio, alla Parola vivente del Cristo. Eppure questa prospettiva escatologica-soteriologica viene meno nell’Apocalisse che, al contrario, si conclude con la consummatio di ciò che è stato, della stessa terra, e con la prospettiva di un possibile instaurasi di un’ altra terra sotto un altrettanto altro cielo.
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  • La Nuova Gerusalemme, nell’incontro con l’Agnello, si fa annunciatrice di immortalità: «non ci sarà più la morte» (p. 48). In tale Città, l’Agnello svolge la funzione del tempio, del luogo sacro. Eppure, il linguaggio apocalittico ha perso il tratto vibratile che aveva in Paolo, e facendosi duro, legnoso, apodittico, testimonia una sopravvenuta lacerazione, una frattura irredimibile nel processo del tempo sacro. La figura dell’Agnello, la sua presenza nell’intera tradizione biblica, il suo essere in uno all’origine delle cose e alla fine del processo storico, rappresenta, agli occhi di Calasso, il mistero più profondo del cristianesimo. L’intero narrato tenta di trovare risposte a queste fondamentali domande: chi era realmente l’Agnello candido e ferito che Iahvè pose all’inizio del tempo? Chi lo colpì, ferendolo a morte? E soprattutto, per quale ragione proprio nell’Apocalisse torna a presentarsi agli uomini? Il Cristo non li aveva, con il suo salire al Calvario, salvati per sempre?
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  • A questo mistero allude la rappresentazione pittorica dell’Agnello, realizzata da van Eyck nel Polittico di Gand. Gli occhi dell’animale, impenetrabili proprio come il mistero dell’esistenza, sono al centro dell’argomentare calassiano, in quanto: «Se l’Agnello sostituisce Gesù, a una sequenza di storie si sostituisce un atto: l’uccisione» (p. 66). Sul retro del Polittico è dipinta una Annunciazione, nella quale, come da tradizione, Maria è colta nell’atto di leggere un libro. Torna il tema della letteratura come custodia del sacro. Del resto, se la lingua dell’Apocalisse è un’offesa del greco, nel degrado linguistico è da ravvisarsi l’incipit dell’irreversibile decadenza. Dopo il sacrificio del Cristo è necessario, forse, un nuovo Paracleto, un “difensore” dell’umanità, rappresentato dall’Agnello? Nel Vangelo di Giovanni si legge: «Anch’io chiederò al Padre, ed egli vi darà un altro Paracleto che rimarrà con voi in eterno» (p. 78). Cosa divide Giovanni Evangelista dal Veggente dell’Apocalisse? Il primo vuole allontanare il mondo, il secondo ne vuole, tout court, la distruzione.
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  • Alla fine dei tempi Cristo: «scompare e viene sostituito da un altro essere celeste, il Paracleto» (p. 84). Dalla lettura della fine dell’Apocalisse è possibile arguire che il mondo è luogo di conflitto e lacerazione. L’Agnello, ucciso fin dall’origine, lo testimonia. La colpa precede, in tale ottica, l’esistenza. Come eliminarla? Facendo, probabilmente, ricorso alla potenza dell’ultimo Paracleto. Per Calasso, la prima cristianità tentò una risposta, un confronto, con il male inscritto nella vita. La cristianità storica, dimentica del mistero, conciliata con il mondo, è il fondamento, sempre più celato agli occhi dei più, dell’“innominabile attuale”, quint’essenza del mondo borghese. Le pagine di questo ultimo Calasso, non forniscono risposta certa intorno al destino umano, procedono per allusioni, per congetture enigmatiche. Pensare la vita, non implica, infatti, il pervenire a certezze apodittiche, induce al contrario la custodia dell’enigma in cui essa si risolve.

  • Idea di natura

  • Il ritorno della physis
  • L’idea di natura tra Oriente e Occidente
  • di 
  • AA.VV.
  • rec.  di
  • Giovanni Sessa
  •  
  • Il fallimento delle filosofie della storia, ha spinto, in particolare dagli anni Sessanta del secolo scorso, molti pensatori a guardare con maggiore interesse alla realtà della natura. Questo ritorno alla physis è stato, di certo, favorito dal pieno dispiegarsi del dissesto ambientale. Lynn White individuò, in quel frangente, nell’immagine di Adamo signore e dominatore, il prototipo dell’uomo che sfrutta la terra. Al contrario, James Barr ritenne che i presupposti dell’antropocentrismo prometeico, fossero impliciti nel razionalismo greco, fatto proprio dalle chiese cristiane e mostratosi, in tutta la sua distruttiva potenza, nella modernità.   Tale fase storica è centrata sull’antropocentrismo e sul dualismo uomo-natura, sul mito della crescita infinita, sull’idea di temporalità progressiva, sulla riduzione della physis a mera quantità.  In un volume interessante, che si deve a tre accademici, Marcello Ghilardi, Giangiorgio Pasqualotto e Paolo Vidali, L’idea di natura tra Oriente e Occidente, nelle librerie per Scholé (pp. 200, euro 16,00), la natura non viene letta alla luce delle nozioni di ente e di sostanza, ma di relazione.   A dire dei tre autori, l’idea di natura: «...va discussa e ridisegnata nel dialogo con altri modi di significazione […] non per scadere in forme pigre di relativismo culturale, bensì per attivare le potenzialità proprie di culture e tradizioni differenti» (p. 8).
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  • Prizzi

  • Cultural Intelligence ed Etnografia di Guerra
  • di
  •  Federico Prizzi
    • "Le nuove modalità belliche" 

  •  rec.
  • di
  • Giovanni Sessa 

 

  • In un contesto storico come l’attuale, nel quale l’informazione è concentrata sul dramma della guerra russo-ucraina, il cittadino comune può comprendere come la guerra moderna non venga combattuta, sic et simpliciter, con gli armamenti e le forze militari schierate sul campo ma come essa richieda, per essere vinta, un grande sforzo comunicativo delle parti in lotta. Questo è solo uno dei molteplici aspetti delle guerre moderne indagati, in un recente volume, da Federico Prizzi. Ci riferiamo a, Cultural Intelligence ed etnografia di guerra, comparso nel catalogo di Altravista Edizioni (pp. 217, euro 25,00). L’autore, antropologo, polemologo e storico militare dell’Università Addoun di Galkaio in Puntland, in queste pagine chiarisce, anche a beneficio del lettore non specialista, i tratti salienti dei conflitti contemporanei.
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  • Attento studioso di geopolitica, dopo anni di ricerca trascorsi in zone di guerra, prese atto che, al fine di comprendere le ragioni dei conflitti, è necessario servirsi di una metodologia pluridisciplinare, pensata non solo su basi teoriche. Sulla sua formazione ebbe grande rilievo la lettura delle opere di Gaston Bouthoul, padre della Polemologia. Inoltre, ebbe contezza dei limiti connotanti le teorie delle Relazioni Internazionali, che rivelavano sul campo la loro incapacità di prevedere l’esplodere bellico. Solo l’approccio antropologico, la conoscenza delle tradizioni e consuetudini di un dato popolo, concede al polemologo la strumentazione necessaria per discernere le ragioni del dirompere della guerra e fornisce, per di più, mezzi di mediazione per indurre il superamento dei contrasti e delle divergenze. La ricerca antropologica militare è: «frutto di un preciso metodo etnografico di tipo induttivo» (p. 12). L’Etnologia studia le differenze e le somiglianze tra culture e società: «Ciò permette al ricercatore di connettere eventi, tempi, spazi e persone in un quadro sintetico e organico, sia attraverso i dati provenienti dalla ricerca sul campo che da quelli ottenuti da uno studio a distanza» (p. 14). L’etnologo è divenuto mediatore culturale che si insedia su un dato territorio durante e dopo un conflitto, cosicché, l’etnologia applicata: «si è trasformata in “Etologia d’Azione”» (p. 15).
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  • Intento del libro di Prizzi è quello di delineare una nuova disciplina a supporto delle operazioni militari: «il Cultural Intelligence è un nuovo profilo professionale nell’ambito delle Forze Armate: l’Etnografo di Guerra» (p. 15). Il volume è diviso in due parti. La prima parte si basa sulle esperienze personali dell’autore, ed è preceduta dalla presentazione, estremamente attuale e interessante, dell’evoluzione culturale dei conflitti contemporanei. Il discorso si focalizza attorno a quattro tipologie di conflitti: Guerra Cognitiva, Sovversione urbana, Counterinsurgency e  Compound Warfare. La seconda parte è il risultato di uno studio a distanza condotto da Prizzi in Somalia attorno all’azione del gruppo terrorista Al Shabaad e alla sua Information Warfare. Opportunamente Prizzi, rievocando la nascita di Minerva armata dalla testa di Giove, ricorda come per gli Antichi guerra e conoscenza andassero di pari passo. Nel mondo contemporaneo, dopo che tale verità era stata lungamente obliata, essa sembra ora riaffermarsi con forza.
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  • In particolare, ciò è accaduto dopo l’attentato alle Torri Gemelle e dopo il fallimento delle operazioni di peacekeepers. Ci si chiese, in quel frangente,  per quale ragione non si fosse ancora raggiunto un equilibrio geo-politico nel mondo. Le ragioni sono molteplice e complesse. Era comunque evidente che, fino ad allora, era stata trascurata: «la dimensione culturale dei conflitti» (p. 19). Infatti, nelle guerre contemporanee, anche in quella russo-ucraina, l’aspetto “cognitivo” è di assoluto rilievo: «uno degli scopi dell’attacco cognitivo è […] di screditare l’avversario, attraverso la polemica e il sospetto […] attraverso il bombardamento mediatico» (p. 21). Le parti in causa, pertanto, si accusano vicendevolmente di crimini e nefandezze. La Guerra cognitiva è guerra d’informazione: «Perdere l’iniziativa mediatica vuol dire subire sconfitte» (p. 21). Con tale modalità bellica si tende a colpire “l’ideologia” dell’avversario, la “tradizione”, l’humus delle sue consuetudini, la sua visione del mondo. Vi sono, negli eserciti, Brigate create allo scopo: la Settantasettesima del British Army, specializzata in Information Warfare. Ad essa si affianca un’unità segreta: «impiegata in operazioni coperte di disinformazione e controinformazione scoperta grazie alla diffusione di documenti classificati da parte di Edward Snowden» (p. 23).
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  • Tali operazioni passano attraverso i Social più diffusi. Un ruolo altrettanto rilevante ha la conflittualità indotta dalla Sovversione. Essa si articola in quattro momenti: Sovversione, Insorgenza, Guerra Civile e Rivoluzione. La Sovversione non coincide con la sollevazione popolare, non è spontanea, ma indotta e preparata nel tempo. Insorgenti e Sovversivi hanno bisogno dell’appoggio e del contatto con la popolazione locale: «Un esempio in tal senso è oggi l’appoggio della popolazione della Val di Susa ai gruppi NO TAV» (p. 26). La Sovversione si basa su un mito (Le Bon-Sorel) attorno al quale si coagula un “Gruppo primario” cha dà inizio alla propaganda e che individua il supporto attivo di una organizzazione politica. Esempi di tali guerre asimmetriche sono state le Rivoluzioni Colorate e le Primavere Arabe, sulle quali agirono le teorie di Gene Sharp. In ogni caso, le forze “cospirazioniste”: «possono […] soffiare su un malessere preesistente, ma […] non crearne uno completamente ex novo» (p. 40). Negli ultimi anni abbiamo spesso assistito a casi di Counterinsurgency. Quando in un conflitto vi è un’evidente disparità di forze in campo (conflitto asimmetrico), la parte più debole è obbligata ad evitare uno sconto diretto con il contendente e quindi dà luogo a fenomeni di Insorgenza.
  • ...
  • Tale situazione ha spesso prodotto la Compound Warfare, conflitti che: «hanno visto l’impiego combinato di forze convenzionali e irregolari in combattimento» (p. 47). Lo stiamo verificando in Ucraina. Ecco perché, al fine di giungere a mediare tra le parti, è indispensabile far riferimento al Cultural Intelligence e all’Etnografo di Guerra. E’ il ruolo in qualche modo svolto, sia pure a distanza, dall’autore stesso nel caso somalo, descritto nel settimo e conclusivo capitolo del volume.

Esempio di un prototipo di "Tavoletta Heliopolis", di Sandro Giovannini
  • Tavoletta sperimentale Heliopolis

  • "TAVOLETTA  SPERIMENTALE"  
  • di 
  • Sandro Giovannini
  • Alla base delle edizioni e successive tirature effettive di Tavolette Heliopolis, in tutto una ventina tra artistiche e promozionali, c'è stata sempre una vasta creazione di prototipi atti a tentare d'individuare il miglior esito successivo.  Ma non sempre la funzionalizzazione per la vendita ha comportato che il prototipo, nelle mie mani, non si distaccasse totalmente dalla sua fattibilità numerica prevedibile e conseguente e non prendesse il sopravvento il puro compiacimento estetico.  Ovviamente mi riferisco alle copertine in vari materiali pregiati, perché dell'interno a stampa - su base sempre a mia mano o digitale, quindi del "cosiddetto contenuto" e del suo discutibilissimo valore - qui non parlo affatto.  Nella foto a corredo di queste poche parole, ecco che viene presentata una delle tantissime copertine da me fatte per la "Profezia di Enea", autori  Braccesi e Manfredi e poi totalmente risolta manualmente per l'interno per testi e figure. Il materiale usato è carta a mano di Fabriano, pergamena vera e  trancia intera di legno. Collage.  Anni '90 del Novecento...


libro/manifesto: "Per una NUOVA OGGETTIVITA'. Popolo, partecipazione, destino". Autori Vari, Heliopolis Edizioni

 

 
 
il
LIBRO-MANIFESTO:
1 Copertina pagina frontale LIBRO MANIFESTO
 
 
  • "Per una NUOVA OGGETTIVITA'.
  • Popolo, partecipazione, destino"  
  • AUTORI  VARI
  • Heliopolis Edizioni   (2011-2012)
 
 
 Oltre 90 contributi scritti,
circa 150 adesioni,
 
il 
LIBRO-MANIFESTO
è stato il massimo sforzo teorico della società di pensiero Nuova Oggettività, (2010-2015) giunto alla fine di 2 anni di incontri, le premanifesto,  laboratori a tema organizzati in varie città con moltissimi partecipanti.  Noi crediamo che rappresenti un ottimo punto d'arrivo in ordine ad una elaborazione teorica che da decenni non trovava più un composito eppur penetrante sguardo d'assieme e pur essendo, intorno al 2015-2016 esauritasi l'esperienza della comunità funzionale prima allargata e poi ristretta per molti motivi dovuti
principalmente a fattori interpersonali  (tra cui l'improvvisa scomparsa di uno dei fondatori Gian Franco Lami e la divaricazione definitiva di alcuni peripli esperienziali), rimanga a tutt'oggi una grande esperienza
paragonbile a pochissime altre del dopoguerra,
nel nostro mondo ideale...
(s. g.)
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TAVOLETTA Heliopolis NON AVER PAURA DI DIRE

Tavoletta NON AVER PAURA DI DIRE

  • Tavoletta  Heliopolis
  • 42 AUTORI
  • "NON AVER PAURA DI DIRE"
  •   Collana Tabulae 
  • Questa pregiata tavoletta Heliopolis esce in parallelo con un e-book stesso testo.
  • Ma al di là della ormai storica collana a cui tanti scrittori hanno partecipato,
  • cosa ricerca questo doppio filosofico e comunicazionale?
  • Se è vero che oggi è improponibile non cercare di comunicare e nello stesso tempo tutto si sfilaccia nella quantità e nell’indifferenziato, allora questo ossimoro vivente, questo duplice registro serve a soddisfare un’esigenza ineludibile rimanendo fedeli alla profonda vocazione
  • ed evocazione del bello nella sostanza (che è forma),
  • aggiungendo e non sottraendo.
  • Contenutisticamente gli autori perseguono una propria ricerca di verità e di coraggio,
  • oggi altrettanto
  • preziosa. 
    • 130 pagine,
    • n 100 copie numerate,
    • ULTIMI  ESEMPLARI
    • con copertina lignea incisa laser,
    • costo 50 euro.
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