
La preistoria della- Phantasia
- Una raccolta di saggi su un tema filosofico cruciale
- rec. di
- Giovanni Sessa
- È nelle librerie un volume davvero interessante, che induce il lettore a confrontarsi con un plesso teoretico di grande rilievo. Si tratta della raccolta di cinque interventi che gli autori tennero in un seminario tenutosi nella tarda primavera del 2023 all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Ci riferiamo a, Per una preistoria della Phantasia, edito da Istituto Italiano per gli Stufi Filosofici Press (per ordini: info@scuoladipitagora.it/iisf). Nel testo, curato da Mauro Serra, sono contenuti i contributi di Alessandra Manieri, Alessandro Starvu, Roberta Ioli, Daniele Guastini e dello stesso Serra. Nella Premessa, il curatore chiarisce le ragioni di questa pubblicazione: indagare la “preistoria della phantasia”. Nel pensiero greco, infatti, riferimenti espliciti al termine oggetto di indagine, di fatto li si rinviene solo in Platone e in Aristotele. Di contro, i cinque studiosi sono convinti che la phantasia abbia rivestito un ruolo significativo anche nell’Ellade arcaica, a muovere da Omero. Dalla lettura si evince, inoltre, la discontinuità tra l’idea di phantasia ellenica e la nozione di “immaginazione”, impostati a partire da Kant.
- ...
- Alessandra Manieri compie l’esegesi della poesia omerica con l’intento: «di mostrare […] la stretta relazione esistente tra la “fantasia”di Omero […] e la creazione di un linguaggio poetico […] contrassegnato […] dalla trasmissione orale» (p. 12). Nella poesia arcaica, ne ebbe contezza Vico, parole ed espressioni: «sono “immagini delle cose”» (p. 13). Tale forma originaria della lingua è anteriore al lógos che, comunque, la presuppone. Non casualmente, Aristotele si soffermò su relazioni e differenze intercorrenti tra metafora e similitudine. La seconda non è immediatamente piacevole, ha struttura più ampia rispetto alla prima: «la metafora attiva un processo di apprendimento, con cui la mente si allena a cogliere le analogie, che non segue le vie del ragionamento logico» (p. 16). Le similitudini sono metafore che necessitano di una spiegazione ulteriore, integrativa. Manieri si intrattiene su molti luoghi dell’opera omerica, mostrando come in essi sia evidente il continuo gioco di metafore e similitudini. Le parole coniate dal poeta sono imitazioni di voci, suoni naturali, create su base percettiva, che vengono, di continuo, poste in relazione: «attraverso un crescendo iperbolico» (p. 24). L’argomentazione dell’autrice è sostanziata da vaste conoscenze filologiche, che mostra in qual modo l’ascoltatore venga indotto: «a visualizzare con la sua immaginazione, la rappresentazione» (p. 32) presentata, di volta in volta, dal poeta. Significativa la constatazione che l’uomo greco arcaico: «aveva una concezione della natura […] provvista di un’anima» (p. 34).
- ...
- Il saggio di Alessandro Starvu si focalizza su una caratteristica della fantasia messa a tema da Aristotele, che è presente nella trattatistica successiva, almeno fino alla Seconda Sofistica: «Si tratta della nozione di “ostensione ecfrastica”, ovvero della capacità della phantasia di visualizzare […] condurre sotto gli occhi della mente, un qualsivoglia argomento» (p. 41). Tale “porre sotto gli occhi” è compiutamente alluso dalle parole greche enérgeia ed enárgeia, “efficacia” e “vividezza”. Ciò implica che tale “vedere immaginifico” abbia tratto immediatamente persuasivo. L’autore chiarisce che la “vividezza” in Omero rimanda alla “lucentezza”. Il poeta è letto quale pittore, in forza dell’affermazione di Simonide per la quale: «la pittura è poesia silenziosa, la poesia pittura parlante» (p. 45). Starvu procede, con persuasività d’accenti e competenza filologico-filosofica, all’ekfrasis dello scudo di Achille. Chiarisce, in particolare, che la poetica omerica è centrata sul “guardare luminoso”: «che sottende un brillare di gioia tipico del mondo arcaico» (p. 46).
- ...
- Cruciale è il saggio di Roberta Ioli. La studiosa si sofferma su Anassimandro, mostrando il tratto visionario-immaginativo della sua filosofia: «Immaginando di poter osservare la terra dal cielo […] egli arriva a tracciare su una superficie a due dimensioni l’intera estensione delle terre e delle acque, e contribuisce a creare una nuova immagine del cosmo» (p. 87). La sua carta è un phantastón, un oggetto immaginario. La stessa evidenza è attribuibile a Senofane che, a proposito della natura degli dèi, utilizzò lo stratagemma del “controfattuale” capace di: «restituire presenza a ciò che non è o non sarà mai, se non nell’evocazione del possibile» (p. 89). Il filosofo inventa e, con lo scrivere o il disegnare, testimonia la possibilità dell’impossibile, che inaugura una catena deduttiva. La fantasia ha, quindi, implicazioni teoriche e pratiche. Gorgia chiarisce come i primi “fisici” tendessero a cogliere nel visibile l’invisibile. Il sofista si pone oltre l’interdizione eleatica del non poter dire gli esistenziali negativi, sostiene la possibilità di pensare il non-essere, al fine di destrutturare le certezze apodittiche e statiche. Aristotele ha precisato i due tempi che agiscono nel processo di immaginazione, il passato vicinissimo e il futuro imminente. Essi azzerano: «la distanza che li separa dal presente, […] dall’attualità della vita» (p. 100). La vista incide nell’anima immagini, frutto di esperienze. Esse sollecitano emozioni ma attivano, altresì, il processo conoscitivo. Come colse Guido Calogero, la logica noetica precede quella dianoetica. La fantasia non produce semplici descrizioni dell’esistente: «la capacità immersiva del lettore (o ascoltatore) è tanto più intensa quanto meno il processo immaginativo è soffocato dai dettagli narrativi» (p. 108).
- ...
- Daniele Guastini discute la differenza che distingue la phantasia greca dall’Einbildungskraft, l’immaginazione moderna. Lo fa attraversando criticamente, in modalità organica, le posizioni platoniche e quelle aristoteliche, guardando alla nascita dell’estetica moderna con Kant. A suo dire, immaginazione è il nome attribuito dalla modernità alla capacità di anticipazione soggettiva della conoscenza propria della fantasia. Verso di essa: «l’antichità nutriva […] non pochi sospetti» (p. 139), animata com’era da un forte radicamento ontologico, dall’idea di un mondo fondato, “vero”.
- ...
- Mauro Serra, a proposito della fantasia, si pone il seguente quesito: «è possibile, e come, rintracciare una preistoria di tale concetto di cui si ritrovino poi tracce nella speculazione filosofica vera e propria?» (p. 143). Lo studioso prende le mosse da una cornice teorica generale, la relazione tra visione e linguaggio, dalla quale si può tentare di rintracciare una risposta plausibile alla domanda. Nella poesia aedica a vedere realmente sono le Muse, di contro, a “far vedere” sono: «le parole con cui l’aedo restituisce “con ordine” la stessa sequenza degli avvenimenti», visti, in presa diretta, dalle Muse (p. 160). “Ricordando”, grazie alla divina Memoria, gli aedi aprivano per l’ascoltare la possibilità di accedere alla dimensione invisibile del reale.
- ...
- La fantasia, come seppero Giorgio Colli ed Ernesto Grassi, ha a che fare con uno sguardo sul mondo che non si contrappone astrattamente al discorso logico, ma ne costituisce l’antecedente e il presupposto. Una lezione di grande rilevanza.
- AA.VV., Per una preistoria della Phantasia, a cura di M. Serra, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, pp. 165, euro 18,00.








