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    "ISTALLAZIONI  CREATIVE".   Nel n°43 di “Letteratura-Tradizione”, del 2009, nella forma “a libro”, ultimo numero delle tre serie della rivista, uscì nella sezione finale a colori (pag. 219-221) un mio resoconto di tutto il percorso che mi aveva portato dalla metà degli anni ’60, attraverso tutti gli esperimenti d’incrocio tra immagine e parola, a giungere alla fine degli anni ’90 a studiare e realizzare per la heliopolis design, dei complessi manufatti parietali per interni ed esterni, equilibrati tra proposta artistica ed indicazione arredativa. Non quindi delle sculture, che, nel mio caso, rispondono, anche ora, ad un più stretto e del tutto personale criterio creativo, ma una forma  imprevedibilmente capace di suggestioni diverse, e rivolta primariamente all’interno od all’esterno della dimensioni architettonica, con una valenza ricercata e perseguita per far star meglio persone e cose, consapevolmente e diversamente da ciò che la cosiddetta opera d’arte ambisce più o meno sempre, a ragione od a torto, come statuto e rango. Qualcosa quindi di volutamente “inferiore” ma al fruttuoso incrocio - sempre più doverosamente esplorabile - tra maestria e maestranza. Non una cosa nuova, se vogliamo essere sinceri, perché nuova non può essere e non vuole neanche sembrare quando ogni ideuccia variativa, diciamo ogni “modello di utilità” (per esser chiarissimi) già se ne arroga la qualità, quanto ancora del tutto spiazzante proprio perché assembla più spazi significanti nello stravolgimento dei protocolli dell’artistismo e del deviazionismo creativo. Incredibilmente quelle 3 pagine diedero motivo (allora) ad un famoso critico artistico - non so come miracolosamente colpito da un semplice e forse velleitario accrocchio di 4 foto, neanche riuscitissime - ad invitarmi più che generosamente ad esporre a Palazzo Venezia, tale modulo espressivo. Dopo difficile valutazione, decisi, credo responsabilmente, di non farlo, perché avrei dovuto deviare all’improvviso da tutta la mia vita di ricerca ed espressione, che aveva ancora una precisa connotazione comunitaria, a qualcosa di inevitabilmente diverso, marcato da una singolarità stravolgente. Dovendo concentrarmi per anni, necessariamente, senza poi nessuna garanzia di sequela vera, su una cosa sola, mentre ho sempre privilegiato farne molte e diverse, contemporaneamente. Da qualche tempo, però, si è rideterminata verso questa nostra idea di allora - evidentemente a suo tempo anzitempo - un interesse che potremmo definire maturo e più comprensivo della valenza ricca e non solo assemblante, forse intelligente e non solo furba, comunque coinvolgente e non solo a parole nell’ormai abusato ricorso allo slogan olistico ed interattivo... Chi frequenta infatti, ora, i più importanti siti ove si determinano concetti abitativi e fatturati rilevanti si rende conto - persino contro ogni sua legittima od ingenua aspettativa - della discrasia lampante tra lo scontato minimalismo arredativo per interni imposto disfunzionalmente e proposte architetturali a volte persino affascinanti e/o geniali. Con riflessioni conseguentemente e dolorosamente scontate sugli esiti diffusamente infausti di ideologie e didattiche ormai dominanti.
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  •  1 Istall. Creat. Milano 1 vista complessiva vicina

  • “Istallazioni creative”
  • (Heliopolis, 1985-2023)
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  • L’idea si é concretata in medie e grandi realizzazioni parietali, per interni ed esterni, che hanno convogliato molte delle nostre precedenti esperienze con e su materiali più diversi tramite tecniche specifiche per cuoio, pergamena, stoffa, carta pregiata, legno, radica, oro, argento, rame, piombo, plexiglass, marmo, resina, terracotta, microcemento, encausto, mosaico, serigrafia, digitale, scrittura manuale, incisioni e/o traforazioni laser, tramite metodologie ispirate all’antico e trattate modernamente.
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  • Ora, mélange e sovrapposizione di tecniche miste e citazionismo, ricavando il maggior vantaggio da una visione urfuturista, (consapevolmente, da noi solo evocata), ove tutti i lasciti del secolo mai esaurito entro l’eterna guerra civile europea, vissuti tramite una lettura conciliativa e giustapposta di ragioni spirituali e sentimenti materiali, ricerca ancora, seppur disperatamente, una sua armonica potenzialità espressiva. Queste “istallazioni” non richiedono astrusi strumenti decodificativi e non ammiccano inutilmente a potenzialità indimostrate od indimostrabili. Sono alla portata di molti, ovviamente ai relativi livelli, proprio perché già comprendono in sé elementi storicizzati seppur complessi, classici, moderni, comunque resi contemporanei. E sperabilmente espressivi. Il complesso non può e non deve prospettarsi nuovo, ma considerando lucidamente, oggi, le logiche della “catastrofe simbolica” di tanta teoria a riguardo del mercato automatico attuale e delle relative superfetazioni artistiche del mito del “marchio/marchiatura”, dispiegato ormai senza tregua, risulta ancora del tutto spiazzante, soprattutto per ricomposizione difficile tra mastro e maestro, in controtendenza assoluta con il superego narcisista del mito fasullo del “creativo”.
  • La problematicità, quindi, non è tanto o solo nell’essere fuori dal prevedibile schema dell’opera troppo individualizzata nelle sue varie declinazioni, quanto nell’idea/incrocio di varie logiche espressive, che è anche risultato di un percorso che vocazionalmente ha incluso molte esperienze da noi fatte nei decenni tramite il comunitarismo creativo, ovvero una sorta di lunga stagione poetica, critica e metapolitica operata comunque con un senso più ampio di quello dell’artista singolo, non per difetto d’individualità o per vezzo modaiolo, ma per rifiuto dell’artistismo e del maledettismo, persino oltre la solita nozione di “gruppo” artistico, in quanto tentata su vari livelli (poetico, letterario, artistico, metapolitico, saggistico, editoriale, organizzativo...). Esperienza maturata poi anche in validi percorsi individuali. La tecnica applicata quindi del montaggio e dello smontaggio - interpretata qui esteticamente più che meccanicamente, può raggiungere una sua risultante pratica. Tramite diversi moduli artistici, l’intercambiabilità, concetto/chiave, infatti, non permette solo cambi e sovrapposizioni (=di scenario espressivo) ma anche eventuali sostituzioni nel tempo. Cosa che, in più, lega il destinatario con un rapporto di maggiore durabilità. Con diversi stili applicabili per una risultante figurativa, evocativa, storica, letteraria, sempre facilmente riconoscibile. Anche con specifici “lacerti artistici inclusi”. Nello specifico delle “istallazioni creative”, il risultato, poi, non va letto come “prendere o lasciare”, isolato dalle sia pur minime potenzialità condivisibili della committenza, ma come valore realmente interagente con la fruizione e la committenza stesse. Non solo a parole, non solo con la parola, ma nel manufatto. Con il coinvolgimento diretto di una “presenza” precisa - sia pur necessariamente trasfigurata - della committenza e della fruizione contestuale, tramite due apparati specifici, diversamente mandati ad effetto, e sempre presenti. Un’immagine della committenza, familiare e/o evocativa/interna, su intesa con i produttori (a vario titolo) ed una specularità, operabile di volta in volta, che rende immediatamente percepibile la fruizione, riflettendo (oltreché, ovviamente, inglobando).
  • 6 Istall. Creat. Milano 3

  • Nelle “istallazioni creative”, a differenza decisiva rispetto a tutte le altre produzioni paraeditoriali Heliopolis, però, dobbiamo sottolineare che, tali manufatti replicabili in base allo stile scelto di volta in volta a seconda della ragione contestuale, ambiscono avere un livello eminentemente arredativo e scenografico, pur con una indubbia pregnanza artistica dovuta agli inserti con maggiore o minore caratura creativa, di volta in volta inseriti. Questa potrebbe apparire una capitis deminutio, ma è una piccola voragine su mondi lontanissimi.
  • La complessiva “scrittura esterna” (1) della ragione e del sentimento del nostro tempo, ha quindi una valenza di sommatoria epocale e di tentato recupero terminale, che non può essere disconosciuta facilmente, se non a prezzo di un rifiuto aprioristico al confronto dialogico tra norma e scarto, confronto ormai ampiamente storicizzato. (2) Gettati nel tempo e condizionati dal clinamen. Ma con una realizzazione identica a sé. (3) Al proprio stile. (4) L’evocazione riconosciuta che diviene espressa ricerca dell’identità simbolica (5) tramite una rappresentazione scenografica di volta in volta messa in atto, tra essere e sapere, (6) ove la comprensione dei produttori, dei committenti e dei fruitori, tre assoluti comprimari pur con ruoli ben differenziati, diviene il punto centrale di mediazione, punto focale, in quanto normale, (7) in quanto comprensibile, in quanto vis(v)ibile... Quindi non “trovare un nome”, non “dare una definizione”, formule d’accatto, buone per ogni vera o finta furbizia o costruita ignoranza, (8) ma aiutare a saper vedere, saper comprendere... comprendendo noi per primi tutto ciò che ci è suggerito dal passato, la tradizione del colore (espanso) e della sua effettività identitaria e trainante, così antico-occidentale come estremo-orientale, riscontrabile ora, possibilmente senza esclusioni o false primazie, nel presente e nel futuro delle neuroscienze.
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  • Infine accompagnando per mano il committente in un percorso che gli verrà fornito - con un supporto “critico specifico” scritto e/o multimediale - affinché non sia lasciato eventualmente in un debito di conoscenza verso ospiti amici e conoscenti vari che dovessero vedere il manufatto, magari compiacendosene, senza però aver (di fronte) alcun strumento di riferimento preciso. Infatti abbiamo già inteso, in passato e con sorpresa, a solo esempio dalla gioiellistica, il silenzio ottuso sulla parola... che andasse appena oltre qualche nota di garanzia o di servizio. Anche come prova di un percorso creativo non di “interiorizzazione di ritorno”, di “ritenzione secondaria o terziaria”, più o meno obbligata, ma di messa al centro delle esigenze più profonde (in una sorta di sobria maieutica) e magari per nulla o poco affiorate del committente medesimo. L’imposizione autoriale, comunque ineliminabile, almeno si sublimerebbe in tal modo lungo una prova possibilmente non autoritaria ma autorevole, non lineare ma ritornante - potremmo azzardare - ciclica.
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  • Quindi istallazioni oltre la supponente od eterodiretta indisponibilità, ma che favoriscano interrogazioni, approfondimenti, suggestioni di ricerca.
     1 Istall. Creat. Venezia 1 particolare parete destra

  • Note.:
  • 1) Manifesto della scrittura esterna. Il Manifesto della scrittura esterna fu pensato dagli amici e collaboratori che gravitavano già dalla fine degli anni ottanta intorno all’Heliopolis Edizioni (1985-...) ed allo scriptorium heliopolis, emanazione della prima e realizzato da artisti ed antichisti di fama (da cui anche il possibile titolo di “nuova epigrafia”). Intendeva proporre l’affiancamento alla normale “scrittura interna” tramite una scrittura proiettata verso l’esterno, verso gli spazi del pubblico, non in un modo solo funzionale, ma fortemente identitario, partecipativo verso la comunità, utile per il commerciale e la comunicazione, in tutte le sue forme, oltre ogni livello precedentemente raggiunto (se non, meravigliosamente, nell’antico). Trovava in più in molte epoche e stili diversi una corrispondenza non solo formale o di compiaciuto e rettorico stilema, ma di profonda necessità e quindi d’intima sostanza. Il manifesto non rimase solo un’enunciazione teorica. Fu base logica e programmatica di un fare che si estrinsecò (e si manifesta tuttora) in molte realizzazioni, alcune ben riuscite anche commercialmente (esempio il caso eclatante delle magliette letterarie dell’Heliopolis, 1988-1995, prime in tutta Italia) dell’editoriale e del paraeditoriale, dell’alta moda, della gioiellistica, dell’arredamento, della musealistica, del supporto ad istituti di antichistica, del promozionale, marcando uno stile non confondibile.
  • 2) In: Sandro Giovannini, ‘Stile tra norma e scarto’, da L’Armonioso fine, 2005, SEB, pag. 56-57, ove vengono affrontati e discussi alcuni passaggi logici di riferimento, tratti da scritti critici al riguardo, di Richards, Barberi Squarotti, Brioschi, Di Girolamo, ed altri...
  • 3) “...Lo stile non esiste antecedentemente, non si rinviene per strada, è al di là di ogni categoria spaziale e temporale, è nel regno del prepensiero, ma anche nella democrazia del fatto, esiste in sé ed in sé si mostra, quale prova che va salvaguardata dal pensiero filosofico/categoriale, logico ed anche irrazionale...”. in: S. G., ‘Operari sequitur esse’, da L’armonioso...,cit., pag.12. Questa citazione, che sembrerebbe poter aver senso solo in un milieu filosofico, aiuta invece a giustificare l’effettiva realizzabilità del:“...sempre facilmente riconoscibile”, di cui sopra.
  • 4) “...In questo senso ha valore l’indicazione, spogliata giustamente d’enfasi, del sincretismo, non come momento magmatico ma di sottolineatura, ecumenicità, stile...”, in: Agostino Forte, dal “Commento”, 30.08.1994, al testo del manifesto della scrittura esterna e dello scriptorium heliopolis. Il sincretismo quindi, non in una valenza new age che confonde tutto, quanto nel senso delle lezioni di uno Zolla ed altri studiosi comparativisti del sacro dell’etnografia e della religione, per utopie di sintesi necessarie più che per prese d’atto d’ibridismi subiti. Questo “stile” - solo nel caso specifico delle “istallazioni creative” - resta riconoscibile anche per il metodo proposto come ricercatamente interattivo con la più diversa committenza, soprattutto per i due strumenti sempre - difformemente - presenti nel manufatto.
  • 5) L’evocazione dell’identità simbolica è un processo che l’Heliopolis ha messo in conto, negli anni, anche con il progetto telematico ELOGICON (2015-) In tale direzione si deve comunque trovare un punto d’incontro tra la capacità di riconoscimento che pertiene all’Heliopolis design e la vera e propria identità simbolica del committente. Consapevole od inconsapevole. Tra mille esempi possibili, la ricerca filosofica del “valore spirito” di Valery o dello svelamento della voragine del “formicaio digitale”, entro la “società’ automatica” di uno Stiegler, ovvero la ricerca sulla “miseria simbolica”. Per trovare tra le forze contrapposte (come nell’arco romano), il punto di svolta (far cadere=rivoluzionare) o chiave di volta (stabilizzare=conservare) come precisa risposta del (e nel) manufatto. Progetto non facile e mai scontato, di cui la maieutica è metodo. Un costruire lungo un’idea collaborativa effettiva e non di facciata. Non per slogan o solo a parola, ridotti alla differenza (spesso troppo evidente) tra dichiarato e realizzato, pressati dal funzionalismo delle pratiche.
  • 6) P. D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio Ubaldini, 1976.
  • 7) “...Così il richiamo costante alla normalità, che rischia di divenire un’invocazione suggestionante alla normalizzazione, non può non trascurare (a pena d’inversione totale), avendo origine dai terreni del positivismo logico e del materialismo dialettico, la teoria della normalità geniale (la normalità guidata identitariamente dai propri geni e cromosomi) ovvero dell’usualità producente, ovvero della sobrietà creativa, che sono tutte misure che appartengono invece (o dovrebbero appartenere...) per statuto alla migliore cultura tradizionale, nata comunque dentro e contro la modernità, se pur nutritasi di altri lieviti (non solo storici, non solo scientifici, non solo emozionali) e che del processo della modernità è, volta a volta, controcanto, parodia, negazione, inveramento, cioè tutto ed il contrario di tutto, ma non solo per una forma d’inessenzialismo soteriologico, di dualismo gnostico, di relativismo metalogico, ma soprattutto per la propria necessitata alterità, per il proprio insopprimibile fondamento reattivo, per la propria autentica vocazione d’attenzione al moderno, persino quando in chiave antimoderna. Per l’autoeducazione al rapporto essenza/personalità, volto/maschera. Ad esempio, vorremmo sapere chi più di Benn, secondo ogni nihilismo possibile ed impossibile, nella letteratura moderna, ha colto la ‘doppia vita’, costante volto di maschere mutevoli, o chi più di Pound ha dettato un latino dello spirito, o chi più di Gurdjieff, ha rilevato l’automatismo dell’apparente sola personalità, o chi più di Jünger ha sferrato un potente assalto all’unidimensionalità anche per stile espressivo/registrativo, o chi più di Evola ha combattuto contro il demone del rapporto tempo-atemporalità, epoca-ciclo o chi più di Mishima ha esemplificato, ancora, la ‘doppia vita’ della spada e delle lettere. Questi lasciti, al di là delle stesse personalità autoriali, e delle specifiche contestualità di riferimento, di volta in volta ben discutibili, e quindi valutate come icone d’orientamento e non solo come miti catafratti, sono complessivamente il nostro ‘vincetossico’ alla normalizzazione, allo snobismo come al populismo; in pratica sono sistemi di segni d’orientamento poco fallibili, che, a noi, infelici e carenti di una visione perfetta, segnalano i confini di un percorso, e che ci impediscono comunque di deragliare...”, in: S. G., ‘Semplificazione, atto rivoluzionario’, da L’Armonioso fine, cit., pag. 84-85.
  • 8) AA.VV., “Letteratura - Tardocronache dalla Suburra”, n.° 2; 1985, Heliopolis Edizioni, ove si affronta validamente il tema della “creatività diffusa”, o della “creatività surrogatoria”, pag. 40-45: Marcello Veneziani, Creatività tra libertà e trasgressione: “...La più autentica realizzazione della creatività non è data dall’affermazione della soggettività, ma al contrario la realizzazione creativa è l’affermazione di una superiore impersonalità, è l’espressione dell’oggettività”. Vedi anche, a riguardo di “trovare un nome” o “vera e finta ignoranza”, la presa d’atto di un coraggioso: ...abbiamo «...coniato un’intraprendente ondata di nuovi ossimori per sospendere le vecchie incompatibilità: life/style, reality/Tv, word/music, museum/store, food/court, health/care, waiting/lounge. Il nominare ha preso il posto della lotta di classe, amalgama sonoro di status high concept e storia. Attraverso acronimi, importazioni inusuali, soppressioni di lettere, invenzione di plurali inesistenti, lo scopo è liberarsi del significato in cambio di una nuova spaziosità… il Junkspace conosce tutte le tue emozioni, i tuoi desideri. E’ l’interno del ventre del Grande Fratello. Anticipa le sensazioni della gente…». Citazione da: Rem Koolhaas, Junkspace, Quodlibet, 2006, pag.84, in: Sandro Giovannini, “A proposito di Rem Koolhaas”, su   www.heliopolisedizioni.com
  • 2 Istall. Creat. Montefiore 1 B

  • I riferimenti logici riportati nelle note sono ora tutti leggibili nel sito ufficiale della Heliopolis Edizioni e della, ivi inclusa, “rivista online heliopolis”: www.heliopolisedizioni.com

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  • Tavoletta sperimentale Heliopolis

  • "TAVOLETTA  SPERIMENTALE"  
  • di 
  • Sandro Giovannini
  • Alla base delle edizioni e successive tirature effettive di Tavolette Heliopolis, in tutto una ventina tra artistiche e promozionali, c'è stata sempre una vasta creazione di prototipi atti a tentare d'individuare il miglior esito successivo.  Ma non sempre la funzionalizzazione per la vendita ha comportato che il prototipo, nelle mie mani, non si distaccasse totalmente dalla sua fattibilità numerica prevedibile e conseguente e non prendesse il sopravvento il puro compiacimento estetico.  Ovviamente mi riferisco alle copertine in vari materiali pregiati, perché dell'interno a stampa - su base sempre a mia mano o digitale, quindi del "cosiddetto contenuto" e del suo discutibilissimo valore - qui non parlo affatto.  Nella foto a corredo di queste poche parole, ecco che viene presentata una delle tantissime copertine da me fatte per la "Profezia di Enea", autori  Braccesi e Manfredi e poi totalmente risolta manualmente per l'interno per testi e figure. Il materiale usato è carta a mano di Fabriano, pergamena vera e  trancia intera di legno. Collage.  Anni '90 del Novecento...


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  • PROPERZ TEDESCO LATINO(Il volumen Properz-Gedichte aperto sulla riproduzione a mano di un famoso mosaico  romano)
    Properz-Gedichte
  • (...il prototipo manufatto portato alla Buchmesse di Francoforte nel 1988)

  • Nell'ottobre del 1988, s’inaugura un diverso format del salone tedesco, alla sua 40° edizione. C’è infatti il primo “ospite d’onore nazionale” alla Buchmesse di Francoforte: l’Italia. Il tutto sponsorizzato e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel 1989 toccherà poi alla Francia, non certo entusiasta del nostro anticipo e poi ancora al Giappone e così di seguito. Ma l’Heliopolis in più è scelta ed ospitata dall’Associazione Italiana Editori fra poche raffinate editrici all’interno del suo stand all’entrata del padiglione principale tedesco (non in quello che ospitava tutte le altre editrici italiane). Al di là della scelta lusinghiera, noi non ce lo saremmo proprio potuto permettere, da soli, perché per noi la struttura delle Buchmesse era del tutto sovradimensionata e girava attorno ad affari che nemmeno ci sognavamo.  Nei giorni dei visitatori professionali, purtroppo m’accorgo in ritardo che, elegantemente e con molta discrezione, gli editori tedeschi del fac-simile, molto presenti ed agguerriti ed evidentemente preoccupati, ci fanno intorno un vero filtro, proprio all’ingresso del loro salone, per dirottare ogni eventuale interesse. Da noi. Cosa per la quale ho persino protestato con l’AIE, senza ovviamente costrutto. Infatti avevamo portato alla Buchmesse il prototipo di un rotolo interamente in tedesco il “Properz-Gedichte”, in bella evidenza nei suoi più di 5 metri d’estensione e pronto per la successiva tiratura in fotocomposizione. 
    Per la prima volta l’avevo risolto totalmente a mano, testo e disegni, il tutto riprodotto con un lungo lavoro durato mesi lungo tutto l’intervallo dal salone del libro di Torino. Credo, con uno sguardo retrospettivo, di poterlo ben definire come il massimo risultato da me ottenuto nel "tutto a mano", lungo l'intera storia dell'Heliopolis. Alternavo ad un’accettabile paleografia, tante parafrasi su carta di tecniche dell’antico riprese da svariati campi: miniatura, mosaico, affresco, bulino, incisioni monetali, etc. Indubbiamente era un’esplosione di forza espressiva (mi son stupito io stesso) oltre ogni possibile critica e giocava sul fascino d’una evocazione doppia, arrischiata al massimo livello tra richiamo filologico e gradevolezza rivolta al mercato colto dei libri da bacheca e da esposizione. 
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 Spirale di immagini heliopolis DEFINITIVA
 

Interpretazione di  PARAEDITORIA,
ORDINE CRONOLOGICO,  FORME

  • Per comprendere appieno ciò che l'Heliopolis intende per PARAEDITORIA  dobbiamo risalire, tramite  la pratica e la teoria, dalle prime poesie/visive del Vertex di fine anni '70 a tutto il lavoro di studio e preparatorio sui primi rotoli lunghi prossimi a gioielli editoriali dei primi anni '80,  poi ulteriormente sviluppatosi lungo 3 decenni di idee, attività continue e brevetti, fino ad elaborare necessariamente un vero e proprio pensiero critico originale sul proprio lavoro creativo...
  • le  forme  e
  • l'ordine  cronologico
  • del  paraeditoriale Heliopolis:

 

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Tavoletta NON AVER PAURA DI DIRE

  • Tavoletta  Heliopolis
  • 42 AUTORI
  • "NON AVER PAURA DI DIRE"
  •   Collana Tabulae 
  • Questa pregiata tavoletta Heliopolis esce in parallelo con un e-book stesso testo.
  • Ma al di là della ormai storica collana a cui tanti scrittori hanno partecipato,
  • cosa ricerca questo doppio filosofico e comunicazionale?
  • Se è vero che oggi è improponibile non cercare di comunicare e nello stesso tempo tutto si sfilaccia nella quantità e nell’indifferenziato, allora questo ossimoro vivente, questo duplice registro serve a soddisfare un’esigenza ineludibile rimanendo fedeli alla profonda vocazione
  • ed evocazione del bello nella sostanza (che è forma),
  • aggiungendo e non sottraendo.
  • Contenutisticamente gli autori perseguono una propria ricerca di verità e di coraggio,
  • oggi altrettanto
  • preziosa. 
    • 130 pagine,
    • n 100 copie numerate,
    • ULTIMI  ESEMPLARI
    • con copertina lignea incisa laser,
    • costo 50 euro.
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...una nuova applicazione web 
RL Bactriano

...si parte da un logo già registrato  e si arriva a circa 350 loghi di vario formato e stile interno, con una realizzazione complessiva che comprende aspetti ideativi, di diritto, legali, commerciali, etc. e che trova la propria prima realizzazione in un libro Heliopolis:  

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  • ROTOLI
  • lunghi
  •  mobiletto portatrerotoli lunghi
  • Nella collana Volumina i Rotoli lunghi sono stati i primi ad essere progettati e prodotti in serie limitate e numerate (media 500 copie), ma in tre successive tirature per tipo.  I primi tre rotoli lunghi sono stati il “De re coquinaria” di Apicio, gli “Aurea carmina” di Pitagora ed una antologia di poesie d’amore di tutti i tempi: Tutti li miei penser parlan d’amore.  Dal quarto rotolo lungo “Symposium”, una riproduzione ancora più accurata del de re coquinaria, è iniziata la tecnica del "tutto a mano", ove l’elemento paleografico (una scrittura in capitale elegante databile a circa il I° sec. d.C.) e l’elemento iconografico (nel prototipo una filologicamente accettabile parafrasi su carta di mosaici, affreschi ed encausti, riprodotti totalmente a mano) sono fusi in una sintesi rispettosa dell’antico e quindi profondamente evocatrice, ma anche aperta ad ogni possibile estetica suggestione del moderno.  Infatti questi manufatti sono indirizzati al mercato, sia pur colto e raffinato e non a soli fini di fac-simile o unicamente per specialisti di antichistica.

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  •  ROTOLI CORTI
  • (Volumina)
  • DISPONIBILI:
  • 2 Rotolo astuccio aperto con scritta
  • nella foto si vede il contenitore "Rotolo-Astuccio" aperto ed il contenuto interno:  "Preghiera ad Helios Re" di Giuliano Augusto... 
  •  ...il cilindro di legno ha un ritorno a molla  della sezione del cilindro di chiusura per  comodità e velocità d'apertura e chiusura
  • ed un blocco  rimuovibile (volendo tener ferma la carta),  visibile nell'immagine in basso a sinistra.

DISPONIBILI:

  • - Il tricolore. Simbolo e logos,  di Sandro Giovannini.
  • L'Altare della Vittoria, di Quinto Aurelio Simmaco, a cura di Sandro Giovannini
  • - Origini e labirinti,  di Sandro Giovannini.
  • - Omaggio  Catullo, di Edoardo Sanguineti,
  • con nota di Franco Brioschi, a cura di S.G.,
    • - Quarto d'ora di poesia della Decima Mas, di Filippo Tommaso Marinetti,
    • con intr. di Benedetta, a cura di S.G..
    • ***
    • - Il giudizio di Pilato, da Marco, *
    • - Canto CXVI, di Ezra Pound,  *
    • - Preghiera ad Helios Re, di Giuliano Augusto *
    • * i precedenti tre rotoli - A RICHIESTA - possono essere anche inseriti nel Rotolo- Astuccio  (=contemitore  cilindrico in legno)
    • ***
      • (Comunque tutti i precedenti Rotoli-corti esclusi  quelli inseribili nel Rotolo Astuccio   (=contemitore  cilindrico in legno)
      • sono racchiusi in un CARTONCINO SEMIRIGIDO CILINDRICO di carta pregiata 
      • ..a seguire caratteristiche specifiche di tali rotoli corti)

 

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Scultura:

"IL CAVALLO DEL FATO"


1 Cavallo del Fato fianco 1

"IL CAVALLO DEL FATO", Scultura di  Sandro Giovannini,   2017
(alt. 3 mt., lungh. 2,50, largh. 1, materiali vari)

 

  •  I 
  • Memoria

La scultura nasce come una sfida ideale al tempo attuale e riporta una passione ed una cura priva di orpelli, essenziale, significativa. Non è solo un rischioso tentativo di ripercorrere con un passo lento e progressivo un mito antico che è andato consumandosi nei secoli quanto una prova che un uomo costantemente può compiere per riprendere il discorso dell’origine, sempre possibile.  (1)

L’incudine ed il martello sono la stessa materia umana sottoposta alla legge entropica che prima dà e poi toglie e poi ridà ancora, senza alcuna pietà, nel primo senso e nel secondo. La pietas invece è tutta nella ricostruzione che un uomo compie, accanto al suo totem, reggendolo per le redini, alleato di spazi e conquiste da tempo immemorabile, come astro di riferimento tra alcuni altri, in una ferma costellazione teologica, sapendo che può perderlo e perdersi con esso. Il cavallo, “scuotitore della terra” (enosichthon), catafratto, dedicato, sacrificabile. Il racconto dice infatti del cavallo come inganno per conquistare Ilio, ma noi sappiamo bene, dagli scavi nel sito di Troia, non risultare affatto un insediamento acheo nella città. (2) Quindi l’inganno che fonda il mito potrebbe rivelarsi duplice; il cavallo simbolo del terremoto, innegabile travaglio di un sommovimento comunque avvenuto, sacro a Poseidone, ma gestito dalla potenza astuta ed atroce di Atena, prima come Palladion teucro,  poi come Vittoria romana, (3) valido a fondare forse una falsa sconfitta dalla quale promana una certa vittoria, anch’essa senza tempo. E’ l’antica storia dell’incudine e del martello, ove l’uomo, il fabbro, l’artefice, l’ingannatore, il distruttore, infine il fondatore e il pio, riesce, assieme al suo antenato, a caricarsi addosso la sua colpa, la sua paura ed il suo coraggio, tutti inevitabili al destino ed affrontabili nella vacuità.   (4)

 

 

  • II
  • Confronto

Confronto sui materiali. Il legno innanzitutto, scarto delle navi e dei tanti apprestamenti, ora scarto di produzione nell’immane mercato in cui siamo immersi tutti e dell’altro legno, invece, molto prezioso, a tasselli di mosaico radicali e profumati, lavorati uno per uno. E poi il piombo greve della condotta sotterranea e della lotta di fronte, usbergo di ogni scontro a viso aperto, richiamo al duplice materiale tossico dell’esistenza ma anche immune alla corrosione, dialettico come sconfitta e riscatto. La pesanteur come dimensione, inevitabile, di fondo. La commistione dei materiali e delle forme attira il già detto della “scrittura esterna”, (5)  con un’approssimazione al rispecchiamento dello spettatore nella torre merlata e nell’antico muro di truia, che avviene al punto più alto della rappresentazione umana e dell’utopia, con l’iscrizione della profezia di Enea, che instaura la nostra vera storia e che rimanda, nel suo rito lustrale e fondatore, al tanto giovane perdurante ed attestato lusus troiae, (6) labirintico parto della memoria ancestrale. (7) Ma su tutto dominano le dee, ambedue già consumate da secoli e sempre in complessa diatriba tra racconto letterario e mito, già copie di copie, la Minerva Tritonia del sacello di Enea a Lavinio e quella romana dell’Altare della Vittoria, sottostante, inquieta nei suoi ultimi anni di vittoria, quasi ad invertire (e ribadire) la partenza nemica e disastrosa. L’inganno, la divergenza e la rovina, incombono perennemente come le due dee, una sopra composta dall’autore in arte di terra sull’altra, trovata, in fusione di bronzo. Il rispecchiamento duplice quindi avviene anche nella materia più dura e significativa e non solo nell’immagine alta e transeunte che noi proiettiamo di noi stessi, sulle pareti cangianti del tempo. Il bronzo è l’altro che domina dal livello della sua epoca a ricordarci che non tutto, anche oggi, è necessariamente di plastica.

 

  •  
  • III
  • Atteggiamento

L’autore non cerca nulla che non sia nell’opera, quindi il lavoro più volte rifatto, non solo il progetto presuntuoso, l’affidamento costante, la protezione ormai benevola, quotidiana, persino il possibile gioco infantile per un ideale destinatario, ragioni semplici di un asseverarsi nei sempre perseguiti sogni della giovinezza, il tutto nella compagnia di una bestia, possiamo dire, non tanto immaginaria quanto storica. Che, nel suo alternato passaggio da sconfitta a vittoria, perenni, non inganna e non tradisce più. E’ un segno continuo, forse pesante ma caldo. L’animale viene ancora offerto in sacrificio allo sguardo di favorevoli e contrari, non sappiamo più quanto capaci realmente di vedere questo, fuori dagli ammiccamenti di mercato; determinato invece, nella proiezione fantastica, ad un sacrificio ben più ampio, ad una storia che non si arresta neanche con la caduta, apparentemente irreversibile, del racconto iniziale... Quindi più che il cavallo troiano qui vi è il cavallo del fato, ovvero un processo che mai trova requie e spiegazione piena se non in una auto rappresentazione che forse sa meno ordinatamente della storia, sperimentando più sapientemente il mito...

 

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  • Rotolo corto
  • (medio)
  • "Quarto d'ora di poesia della Decima Mas"
  • di
  • Filippo Tommaso Marinetti
    • Marinetti rotolo medio

    Introduzione 
  • di
  • Sandro Giovannini
  • Questo testo ultimo, così arditamente poesia e testamento spirituale, sintesi di un'esperienza di vita-pensiero, veniva pubblicato dall'Istituto grafico Bertieri per conto dell'editore Mondadori, negli ultimi giorni della guerra civile.

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  • I prodotti del
  • PARAEDITORIALE
  • totalmente esauriti e non più in produzione:
    • Rotolo lungo in argento per Morpier con Symposium;
    • Pagillari cartacei;
    • Scatole-astuccio;
    • Braccialetti letterari;
    • Spille letterarie;
    • Mobili design portarotoli; Mobili espositori;
    • Cartoline lignee serigrafate a colori;
    • Cartoline lignee incise a laser;
    • Cartoline cartacee;
    • Bolli postali augurali;
    • Grandi poster-poesie;
    • Scritte e disegni  a ricalco per automobili;
    • Cuscini inscritti,
    • Sedie-sculture...
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  • Symposium aperto
  • (Symposium  (latino-italiano), aperto sulla riproduzione - a mano - di un larario famoso)
  • ***
  • Symposium
  • (da Apicio)
  • Dal quarto rotolo lungo Symposium, una riproduzione ancora più accurata del de re coquinaria di Apicio,  è iniziata la tecnica del "tutto a mano"  ove l'elemento paleografico (una grafia in capitale elegante  riferibile a circa il I sec. a.C.) e l'elemento iconografico (nel prototipo creato per la successiva tiratura in fotocomposizione in 500 copie numerate) risulta essere una filologicamente accettabile parafrasi su carta di tecniche quali mosaico, affresco ed encausto. Questo per offrire al lettore un'immagine il più possibile ampia della trasposizione moderna dell'antico e per dimostrare anche una nostra abilità poliedrica che fuoriuscisse dagli schemi prevedibili delle operazioni consuete del restauro, che pure sono compiute al massimo grado di valore e competenza scientifica.  Questo sempre perché il nostro paraeditoriale è operazione creativa e non operazione conservativa ed i nostri manufatti sono indirizzati al mercato, sia pur colto e raffinato, e non al solo fine del fac-simile o unicamente per specialisti di antichistica.  In realtà, a parte il successo commerciale, in molti casi abbiamo ricevuto proposte di realizzate rotoli da centri universitari di eccellenzza, e talvolta abbiamo seguito tale via. Comunque i due manici del volumen sono stati operati sulle essenze di legno più pregiate con anche incisioni a laser ed a volte persino inserti d'ottone, argento o cuoio firenze, per rendere ancora più prezioso il manufatto complessivo. In un caso poi si è optato, con questo stesso testo tutto a mano, anche per una gioiellizzazzione completa dei due bastoni reggirotolo, affidando su richiesta del grande gioielliere Morpier di Firenze, la realizzazione conseguente. In tal caso Morpier fece una tiratura di 500 pezzi numerati che andarono, già in buona parte prenotati, in tutto il mondo, e noi dovemmo fornire una nuova tiratura della carta pergamenata in 6 fogli orizzontali incollati da noi a mano, di altri 500 copie.


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  • 1 foto astuccio acero e ciliegio chiusi
  • Il 
  • "Rotolo-Astuccio"
  • dell’Heliopolis (modello d'Invenzione industriale), è stato progressivamente perfezionato con l’inserimento di una molla di ritorno-carta, all’interno del cilindretto superiore e di un bastoncino fermo-carta, inserito in apposito alloggio all’interno del cilindretto inferiore.  Il ritorno-carta a molla ed il fermo-carta, il primo per una veloce apertura e chiusura senza problemi ed il secondo per una stabile lettura ed una apertura anche prolungata, permettono quindi un'apertura ed una chiusura agevole, con una estensione della carta per circa 70 cm. di lunghezza massima per circa 22 cm di altezza.  In pratica la carta interna contenuta utilmente si dispiega per poco più di 2 fogli di A4 disposti orizzontalmente.  Il “Rotolo-astuccio” è un prodotto del paraeditoriale con una fortissima valenza regalistica e promozionale ed è stato introdotto anche nel mercato librario, nella cartolibreria di qualità, nell'uso di molti comuni per titoli di matrimonio, nel promozionale istituzionale per premi e documenti di nazionalità,  e nell’arredamento privato...

 

  • I pregiati testi Heliopolis  (non promozionali)  montati dentro il
  • "ROTOLO-ASTUCCIO":
  •  - "Preghiera ad Helios Re" di Giuliano Imperatore, edizione 1989,
    500 esemplari numerati, ultime copie, 50 euro.
    - "Il giudizio di Pilato" da Marco, edizione 1989,
    500 esemplari numerati, ultime copie, 50 euro. 

     - "Canto CXVI" di Ezra Pound,  versione di S.G., edizione 1989,
    500 esemplari numerati, ultime copie, 50 euro. 

  • (qui sotto aperta  "PREGHIERA AD HELIOS RE"  di Flavio Claudio Giuliano Augusto,
  • con la riproduzione manuale dei mosaici pavimentali del palazzo imperiale di Costantinopoli)

2 Rotolo astuccio aperto con scritta

  • contenitore cilindrico eventualmente aggiuntivo al "Rotolo-Astuccio" in seta serigrafata in oro 
  • contenitore cilindrico in seta serigrafata oro per rotolo astuccio
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"Pagillari"
pagillari (pagillaria, pagillares, pugillares...), sono la riproposizione di uno tra i sistemi scrittori romani, appunto quello applicato su sottili fogli di betulla od altre essenze di legno, piegati a soffietto o cuciti ai bordi con cordicelle e largamente usati, nell'uso comune, in contemporanea ed in concorrenza, alle tavolette cerate.  Il modello di scavo in riferimento, è primariamente quello fornito dai pagillari ritrovati nel forte di Vindolanda sul limes britanno, ove gli esemplari usati dall'intendenza o "corpo di guardia", o "compagnia comando", della guarnigione,  perlopiù come "fogli di giornata", sono stati ritrovati in  grande quantità in una fossa usata dall'intendenza stessa come fossa di rifiuto dopo la dismissione... Ritrovati in ottimo stato di conservazione (paradossalmente proprio per l'eccesso di umidità della terra fortemente torbata, come altri ritrovati in buono stato invece anche nell'estremo secco dei deserti mediorientali), assieme ad altri pagillari sempre assimilabili per tipologia formale e destinazione, usati però per diverse comunicazioni di servizio, lettere di legionari e persino per inviti di cortesia tra le mogli dei comandanti...

 

(qui sotto il pagillare:"Lettere deal Limes")
PAGILLARE. Lettere dal Limes 1
 
 
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  • "Borsello da braccio"
  • HELIOPOLIS
  • Secretum Heliopolis 2

Il "borsello da braccio" ('secretum') è una delle ultime proposte heliopolis,  brevettata, riproduzione esatta del tipo di borsa usata dai legionari romani in marcia e negli alloggiamenti. anche di notte.  Si infila al braccio e salendo impedisce naturalmente l'accesso all'interno del borsello stesso essendo l'apertura all'interno, in linguette sovrapposte... (secretum).   Realizzata in cuoio naturale o nero è una pratica ed affascinante proposta da indossare...

 

 

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Le
"magliette letterarie"
heliopolis
furono portate al Salone del Libro di Torino,
nel 1988 e furono subito un successo travolgente...

 
Catullo Sanguineti ipg

Create in due serie, la prima con citazioni letterarie, la seconda con immagini delle legioni romane si vendettero tutte e si replicarono velocemente con distributore nazionale. Successivamente lo stesso distributore decise di puntare su altro produttore creato ad hoc ed in tal modo l'enorme vantaggio commerciale passò in mani non originarie...
 
 
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