• XIII QUELLAZZURRO SILENZIO TRA DUE ESPLOSIONI ridotta

  • Una prima lettura
  • di
  • Sandro Giovannini
  • a
  • Il Milite Ignoto illustrato al Popolo
  • di
  • Karl Evver

  •  (Pubblicato su EreticaMente il 10.12.18)

  • “...Savinio si diceva certo che le rovine di Troia fossero quelle scoperte da Schliemann,
  • per il fatto che durante la prima guerra mondiale il cacciatorpediniere inglese Agamennon
  • le aveva cannoneggiate. Se l'ira non ancora sopita di Agamennone
  • non li avesse animati, perché mai quei cannoni
  • avrebbero sparato su delle rovine in una landa?
  • I nomi, nonché un destino, sono le cose stesse...”
  •                                                                                                    Leonardo Sciascia, La scomparsa di Majorana, 1975, Einaudi.

  • “La scoperta etimologica è una illuminazione.
  • La scoperta etimologica ci dà l’impressione (o l’illusione)
  • di toccare con mano la Verità. ...
  • Spenta la curiosità di scoprire le radici,
  • una maggiore libertà ci rimane per scoperte più importanti” .
  • Alberto Savinio, Nuova Enciclopedia, 1977, Adelphi.
  • Credo sia non solo giusto ma anche utile che Carlo Fabrizio Carli nella sua “Un’appassionata scelta di pittura”, sincera introduzione all’aureo libretto “Il Milite Ignoto illustrato al Popolo” di Karl Evver, insista sull’“austerità di linguaggio”- sia dell’-“elaborazione pittorica, che nella scelta dei temi e delle didascalie”. Forse perché, oggi, nell’orgia dell’antiretorica paredro apparentemente insostituibile della precedente retorica storica, si spera possa tornar utile a legittimamente diradare la nuvolaglia ideologica e la cortina velenosa della dialettica coll’aprire la terra di mezzo tra i due fuochi (troppo spesso, proprio, terra di nessuno) ad un cielo meno plumbeo e mortifero.

 

  • Ma - al di là della sempre più rara educazione dei rapporti - non credo questa sincerità possa servire a molto se non per spiriti che si siano già autonomamente liberati dall’iprite della fazione e della lettura strumentale (“...vincetossico è il viatico per entrare l’arcano”... e già il moly - protezione contro la magia maligna di Circe - è condizione necessaria ma non sufficiente). Basterebbe sottoporre il complesso poetico di Evver (inventio e dispositio) a dei lettori meno provveduti d’efficienti maschere antigas e tutto ricadrebbe nell’intossicazione gravida di conseguenti spasimi.
  • E questo non lo credo perché non veda quanto il lavoro di Evver sia realmente al di sopra delle miserie dicotomiche, quanto proprio perché non m’illudo che anche il più nobile lavoro non sottostia, volenti o nolenti, al giogo spaventoso della pesanteur. Tu potrai essere anche il più grande degli artisti (persino i sommi ne hanno dolorosamente sofferto) ma dovrai mercanteggiare alquanto - prima con te stesso e poi con altri - per cercare possibilmente d’evitare quei paesaggi di rovine e macerie. Umane od epocali che si rivelino, poi. Che tali restano, anche se tu - od altri - comprensibilmente, abbiano sopra elevato monumenti. Leggeri o pesanti, archetipi o stereotipi, che siano.
  • Per questo i furbi - coloro che sempre e comunque e dovunque arraffano - si dilatano in astrattezze fascinose e si restringono in dialoghi ammiccanti, senza neanche far finta d’assumersi il carico di quel portato storico (ma eventualmente solo di beceri od insignificanti déjà-vu) leggeri come falsi angeli di plastica, come palloncini egoici gonfiati ad autostima. Perché è vero che Evver è realmente sopra quelle miserie dicotomiche, ma non fugge le rovine e le macerie. Lui le sorvola, le attraversa, le rilegge con la telecamera di un drone che tutto vede e nulla perde col suo occhio di falco.
  • Allora sarà già più facile intuire quanto il suo “minimalismo” (titolo oggi - in troppi contesti - ambiguo se non azzardato) sia una costante di penetrazione più che una via di fuga - sempre contrato poi da un discernimento poetico-filosofico allusivo e tangenziale ma profondamente significante - e dia comunque, qui, il senso d’una compiutezza che il bianco di moda troppo spesso o quasi sempre, lascia sconsolatamente irrisolto, per difetto più di visione (di cuore, di sangue) che di stile di facciata (prevedibilmente racchio, ma convintamente posatore).
  • Dobbiamo essere grati ad Evver per il suo coraggio, ch’è coraggio d’artista persino prima che coraggio d’uomo, per averci donato ancora un sogno lieve ma pervasivo d’una Patria morta, ma, per noi che crediamo nel più d’uno, ancora vitale, qualsiasi siano i suoi futuri, temuti od auspicabili.  Egli, come un buon padre che tutto sacrifica al dovere di testimonianza, legato docilmente ai suoi parenti ma prodigo del seme senza iattanza e senza boria, ci tende la mano - un’ultima volta - dalla linea del fronte, per ricordarci ancora quanto si possa essere solidali, puliti, generosi.
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  • Il Milite Ignoto illustrato al Popolo.  
  • Un mito portato in pittura.
  • (La vita di un uomo dalla madre alla morte in 14 stazioni dipinte da Karl Evver)
  • testo critico di Carlo Fabrizio Carli, catalogo di mostra, edito da “la Casa del Calicanto”, 2018, Euro 12.
  • INDICE:
  • Un’appassionata scelta di pittura, di Carlo Fabrizio Carli.
  • Elenco delle stazioni.
  • Vox Populo.
  • Il Milite Ignoto illustrato al Popolo.
  • Perché.
  • Cenni biografici.
  • Consigliamo a tutti i nostri amici e conoscenti d’affrontare quest’autentica avventura conoscitiva ‘in’ Karl Evver e ci auguriamo che acquistino il libro-catalogo. Noi ritorneremo volentieri a parlarne, ampliando la richiesta di riscontri al proposito.