• 3BhuddasutigredaIstallazionecreativaVenezia1particolare

  • I “RINNEGATI DEL TERRORE”...
  • di
  • Sandro Giovannini
  • “...Questi sei anni mi hanno cambiato molto, e soprattutto avvicinato
  • molto alla letteratura, ahimè, più in particolare quella accademica.
  • Rinnegato del terrore, ci manca poco che passi alla retorica...”
  • (R. Caillois, La forza del romanzo, trad. it. Sellerio, 1980, pag. 159)

 

  • Nel mio fallito libro “La diversa avventura dell’elitismo. Borges et alii”, finito e tardivamente pubblicato, affronto gli straordinari intrecci difformi di vari elitisti.  Il testo su Borges mi era stato sollecitato da un vecchio amico, ma poi - col lavoro - s’era fatto tanto abnorme da rendere assurdo e forse risibile qualsiasi suo inserimento in una prevedibile collana... Infatti, non contento di fermarmi al solo primo intreccio, come se esso non fosse poi già praticamente inesauribile, avevo ricevuto in sogno, come spesso m’accade, il subdolo suggerimento di cercare di scoprire perché da basi autorali ben assimilabili si possa scivolare, più di quanto non si sospetti abitualmente, in esiti ferocemente discordanti. Questo perché il vero assillo di entrare dentro l’anima degli autori non si ferma certo, credo per nessuno che si possa rispettare, alla sola domanda primaria ove la risposta plausibile sarebbe il prevedibile scarto esistenziale personale, ma procede da esso a configurare una mappa relazionale delle deviazioni umorali, delle follie logiche e delle diverse ma connesse grandezze incommensurabili (appunto) dei “collegati”. Il libro, apparentemente ben sviluppato ed originale nella sua struttura, è diviso in una parte generale dove sono elencati rapporti conseguenti (visti soprattutto dall’ottica pulsionale della Victoria Ocampo) e che scorrono principalmente su Borges, quale motore immobile di tutta un’intera cultura, e poi diffusamente su Tagore, Ortega, Keyserling, Drieu, Caillois ed altre figure d’incontro e di contorno, ed in una antologica ove sono riportati passi degli autori trattati ed immediati miei puntuali commenti, quasi in dialogo continuo con le citazioni soprastanti. Quello che alla fine di un lavoro durato anni mi ha scoraggiato a pubblicare è stato l’aver mancato il bersaglio che mi ero figurato nel sogno.
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  • Avendo lucido disdoro per lo scacco di ragione, provo una tenerezza, spero comprensibile, per il frammento di ricerca e per la sottigliezza che crea pensiero. Pertanto riporto qui di seguito una sola citazione, a caso, dalla seconda parte antologica riguardante nello specifico Caillois, con il riferimento e il susseguente mio commento...)
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  • Citazione:
  • “... ‘Di fronte alla realtà del mondo attuale, come può l’uomo della tragedia imporre il silenzio a ciò che lo circonda?’ Sullo sfondo del Collegio vi è infatti ‘il mondo attuale’. La genericità dell’espressione non deve trarre in inganno. Il mondo è attuale nella misura in cui è segnato da un fatto esorbitante che lascia quasi senza fiato gli anomali intellettuali raccoltisi intorno a Bataille. L’evento è il ‘fascismo’. La sua ascesa fulminea e irresistibile mostra come la moderna società di massa sia predisposta ad un contagio di ‘sublime socialmente imperativo’. Essa è pronta alla formazione, per dirla con Caillois, di una nuova ortodossia e di una nuova gerarchia degli esseri. Il ‘sacro’ espunto dalla critica razionalistica e dal disincanto illuminista è rientrato prepotentemente in gioco con la crisi del mondo liberale travolgendo con irrisoria facilità ogni argine che voleva contenerlo. E’ un sacro certamente imbastardito, corrotto dalla sua tecnicizzazione, utilizzato come strumento della mobilitazione permanente delle masse. (cfr. Kereny 1964, Jesi 1968). Tuttavia esso agisce. L’analisi della fascinazione fascista che fa da presupposto al tentativo del Collegio era già sostanzialmente compiuta negli articoli scritti da Bataille nel bienno ’32-’34 per la ‘Critique Sociale’ di Boris Souvarine (Bataille pensava negli anni ’30, ad una grande opera che avrebbe dovuto intitolarsi Le fascisme en France). Essa muoveva dalla constatazione del carattere logicamente contraddittorio di una ‘esistenza omogenea’, quale è appunto quella che caratterizza la società borghese. Questa pretende di risolvere interamente l’esistenza nella dimensione della poiesis, della produzione, ma non vi riesce, non può farlo se non annullando l’esistenza stessa. L’esistenza, infatti, non si lascia funzionalizzare senza negarsi. La vita è praxis, e non poiesis. L’esistenza pretende per sé la ‘sovranità’, vale dire lo stato d’eccezione sovrana rispetto all’insieme in cui è inclusa. Non vuole ‘servire’, non vuole ‘funzionare’, non vuole essere ‘utile’. Vi è come un’animale ostinazione dello spirito a non lasciarsi ridurre allo stato di cosa, a realtà ‘omogenea’. L’esistenza offre così una resistenza di principio al sistema che cerca d’assimilarla, costituendosi come ‘resto inassimilabile’ e ‘forza eterogenea’. (...) ...Nella realtà del mondo attuale il fascismo, per Bataille, ha sempre l’ultima parola. Se gli uomini si sottomettono volontariamente ad un potere carismatico è quindi perché vi riconoscono, come egli benissimo scrive, la loro ‘verità interiore’, vale a dire quella soggettività sovrana che essi, dispersi nella vita quotidiana, dominata dal marcusiano principio di prestazione, non sono, ma alla quale non possono rinunciare pena la loro riduzione a cosa. L’aura che circonfonde, come luce invisibile, il potere, legittimandolo e rendendolo irresistibile, ha allora a che fare con apparizione di questa eterogeneità radicale. E’ ‘l’apparizione unica’ di quella ‘lontananza’ – di quella negatività senza impiego, di quella differenza senza concetto – che ogni uomo sente nel suo cuore di essere ma che, nelle condizioni storicamente date, deve rimuovere. L’errore e l’orrore fascista affascina e mobilita perché, per usare una calzante espressione di Franco Rodano, ha una ‘verità interna’ che resta ignota al razionalismo. Tuttavia – ed in questo consisteva la scommessa teorica del Collegio di Sociologia – il fascismo non è un destino, per quanto costituisca di fatto la risposta più semplice e più efficace alla domanda di una ‘leggenda per la vita esteriore’ (l’espressione è di Baudelaire) che agita le sradicate masse metropolitane. Vanno tenute in conto ‘le immense risorse, l’inesauribile ricchezza di forme’ di quella ‘affettività eterogenea’ che il fascismo mobilita, ma non esaurisce. Per questo ‘è necessario sviluppare un sistema di conoscenze che permetta di prevedere le reazioni affettive sociali che percorrono la sovrastruttura – forse, ad un certo punto – di disporne (...) ...un sistema di conoscenze rivolto ai movimenti sociali di attrazione e di repulsione si presenta con la più nuda evidenza come un’arma’...(Bataille 1970, pag. 371).   La ‘sociologia sacra’ è questa arma. La sua dimensione non è quindi teoretica. Non è una sociologia “del” sacro ed in questo si distingue dalla sociologia della scuola francese, della cui concettualità è per altro largamente debitrice. La sociologia sacra è infatti operativa, è antifascismo militante, è un’arma rivolta contro la peste bruna e, sia pur in maniera minore, contro la perversione staliniana del comunismo. Il sacro non è l’oggetto di una disciplina, ma la materia incandescente con la quale l’apprendista stregone deve lavorare...”
  • (Rocco Ronchi, Complotto ed esistenza, in: Roger Caillois, a cura di Ugo M. Olivieri, Marcos y Marcos, 2004, pag. 300-302.
                    
  • Commento:
  • E’ di tutta evidenza, che, a parte gli inevitabili noli me tangere, per dovere d’appartenenza più o meno formale, raramente è stata penetrata l’essenza fascista con tanta perspicacia. E’ per questo che nel mio testo introduttivo su Caillois dicevo che, in molte ‘naturali appartenenze fasciste’ di pur grandi anime, forse anche per tutt’altre serie di ragioni altrimenti investigabili, si teneva più la linea di indagine sul sacro che di indagine sacra. Il paradosso è solo apparentemente difficile da penetrare, ma quando si leggono a fondo pagine come quelle di Bataille e Caillois ed i commenti minimamente conseguenti e non liquidatori, si può comunque ben penetrare (ovviamente a contrariis) il plesso pleromatico del fascismo. Al di là di alcuni ineliminabili ed insuperabili distinguo, ciò serve, oltre il necessitato acme storico degli anni ’30 e ’40, ancor più per l’epoca attuale, ove il fascismo deve presentarsi, per la sua (di cui sopra) ben spiegata ineliminabilità, con tutt’altre scaturigini, forme e complessi di evidenza. Il forsennato antifascismo del secondo dopoguerra, che appare incongruamente crescente man mano che si allontanava la stretta epoca di riferimento, ormai apparentato ad una sorta di artificiale ed artificioso tabù apocalittico ed atemporale (...e lo spiegavo credo esaurientemente nel mio saggio “Mitizzazione esogena del fascismo” in: S. G., ...come vacuità e destino - saggi letterari e metapolitici, NovAntico, 2013, pag. 118), ne è il risultato valido ed efficace. Si potrebbe anche tragicamente dire che, pur tanto avversata, vilipesa ed a volte odiata, la lezione di Bataille, di Caillos e dei collegati (ovvero, al di là della stretta scansione critica, ora pariodiare l’oscuro fino a farlo divenire, evocando ed eccitando l’irrazionale oltre ogni misura e decenza, un diabolico totale turbine onnivoro e distruttore), sia stata compresa appieno, non certo dagli ‘stupidi intelligenti’, ma da chi ben dirige, di necessità dietro le quinte, il pensiero unico, con virulenta responsabilità ed immane incidenza...