Cover URBS AETERNA Consolato


  • URBS  AETERNA
  • di
  • Sandro Consolato
  • (Arya Edizioni)
  • rec. di
  • Sandro Giovannini
  • Cosa si può dire di un libro del genere? Da parte mia... poi, che non sono certo al livello di poter entrare nelle segrete cose che si squadernano in questo testo con una calma apparente ma con un flusso di cascata prorompente ed inarrestabile? Eppure ne parlerò per la passione che ne sprigiona e di cui non posso che dichiararmi adepto osservatore e felice lettore... Quindi con quella irresponsabile ingenuità che presiede alle cose più amate dove risiede (lo sappiamo tutti) la nostra vita più vera... dove ci è scusato persino l’errore... se abbiamo qualche difensore non palese o persino sperato, sognato, incontrato forse alle poste più difficili della nostra vita... quelle che - superate - ci giustificano di tanti errori e di tante carenze.
    Diciamo che il testo di Sandro Consolato, come prima altri nel suo lignaggio solitario ed assieme comunitario, meriterebbe qualcosa di ben più saldo di ciò che io posso proprio dire - pur affascinato dalla pulsione inarrestabile - ... ma con una autorevolezza che vorrei essermi conquistata nel tempo e non con quel sempre presente dubbio sulla mia inadeguatezza allo specifico. E qui lo specifico s’estende per le classiche tre parti e per i tredici capitoli a cui s’aggiunge un’Appendice, complesso che pur nato in tempi e contesti diversi affluisce magicamente nell’estuario sontuoso di chi sa unire formazione profonda e mai liquidatoria e capacità illuminante di sintesi, percorribili solo da chi ha operato una scelta a viso aperto, negli anni e con una progressione inarrestabile.

  • Il focus al centro di tutti gli interventi è il rinvenimento della traccia augusta non certo solo a livello erudito, per quanto si sappia quanto l’erudizione sia mossa a volte da una passione divorante per la ricerca della verità, quanto il saper repertare tutte le informazioni accumulate con una sagacia che non trascura (giustamente) alcun mezzo (da quelli apparentemente più facilmente condivisibili a quelli ancor più spinti ai confini delle pratiche storico-antiquarie, alla manualistica strettamente citazionale-archeologica-rituale) e con una tecnica sapiente ove il filtro dialettico mai meccanico e felicemente disteso anche a studi e studiosi non necessariamente sempre nell’elenco del prevedibile, porta a soluzione credibile la tesi di fondo.

    Consolato nella premessa evidenzia apertamente il proprio taglio “...interno, per certi versi addirittura invisibile...”, sia dell’antico che della memoria dell’antico, ma devo dire che nella lettura allargata ed in quella puntuale del testo non mi sembra ci sia nulla di una tesi forzata oltre ragione.

  • Nella ‘Parte prima’, Mysteria, avanti tutto... direi che non si può far passare come scontata (=pacifica) la sottovalutazione storico-ideologica pervicacemente praticata dalla storiografia ufficiale dei contesti magico-sacrali appena essi (di necessità) comportino l’accostamento più spinto a tesi interpretative, anch’esse obbligatoriamente, più a rischio. Ottusità che ha determinato - con poche eccezioni - devastazioni, sia pur paludate, del senso (interpretativo ma anche scientifico), senza che minimamente Consolato, all’opposto, possa essere iscritto ad una qualsiasi loggia del variegato e altrettanto impazzante e sovente infrequentabile, new age.    Ancora notevolissimo è il parallelo con il senso magico-rituale della materialità e della non-materialità tibetana (della terra e della mente), più che cogente, tangenziale ed afferente, ma atta a determinare una concordanza significativa, come sostanziale esempio d’una comparazione che può sempre estendersi da quell’orizzonte culturale ad altri collegabili, sulla base di dati il meno possibilmente discutibili di vario genere, sia testuali, che archeologici o testimoniali.

  • Ancora, nella contemporaneità, il salvare i testi (e non solo) ritrova un suo avvincente memento con la scoperta degli 80.000 materiali di scrittura nel monastero di Sakya in Tibet sapientemente (ed utilmente) nascosti per secoli.    
    L’apparente distanza è ancora più istruttiva, al proposito, di altri, forse non meno suggestivi ma più frequentati, riscontri. Importante anche la testimonianza topica su Orione e le sue perduranti problematiche ciclico-calendariali, come ripetuta traccia dell’immemoriale religione siderale anche secondo la lettura di De Santillana, ...ed, al proposito, se pur impossibile, ci piacerebbe molto conoscerne le sollecitazioni archeoastronomiche con le conseguenti riflessioni filosofiche, a seguito delle recenti scoperte nell’imprevedibile sito di Göbleki Tepe (...cintura di Orione, funzione di Sirio, etc...).
    Nella ‘Parte seconda’ tra i Ritratti romani di Publio Rutilio Rufo, di Marco Velleio Patercolo, di Marco Aurelio Antonino, di Costantino, di Virio Nicomaco Flaviano, tutti interessanti ed interessatamente centrati dalla funzione allora testimoniata esemplarmente al servizio della pietas tradizionale, si pone problematicamente la figura di Costantino. La soluzione interpretativa anfibia da parte di Consolato giunge alla fine di una convincente rassegna di pro e di contro sulla figura per troppi lati enigmatica dell’imperatore, ma serve anche a dimostrare che si può sempre, se si ha il coraggio e l’onestà intellettuale del vero ricercatore fare lavoro serio ed utile, avendo una corretta e non dissimulata tesi interpretativa.

  • Nella ‘Parte terza’, Il ritorno degli Dei, pur trattando diversi materiali temporali ed antropologici, potremmo notare che il saggio “Dante e ‘li dèi falsi e bugiardi’” è quello che sicuramente s’apparenta maggiormente a quello su Costantino per problematicità, affrontata però con tutti gli strumenti adeguati a comprendere quanto sotto il velame si debba e si possa muoversi per corrispondere in verità a tempi sempre sostanzialmente totalitari, seppur in modi evidentemente diversi dai nostri.

  • Tutte le dimensioni tra l’incredibile, il difficilmente interpretabile, il comunque sorprendente ci vengono, con una potenza non facilmente riducibile ai puri dati cosali, dalle avventure del platonismo di ritorno, dell’umanesimo sotterraneo, trionfante, sopravvivente o sconfitto, ovvero dagli altri saggi dove si parla di Gemisto Pletone, di Pomponio Leto, di Leon Battista Alberti e di tutte le innumerevoli accademie, circoli e gruppi più o meno tollerati od ufficializzati che hanno dato - comunque innegabilmente - un nuovo senso ed un nuovo stile ad un’intera clamorosa epoca.

  • Ho apprezzato particolarmente, come, con fine sentire da storico, Consolato ripercorra le varie tesi interpretative dell’ideologia classicista, strumenti capaci di farci orientare un minimo fra varie egemonie fra loro in forte, a volte aperto ed a volte sordo, ma sempre teso conflitto. Quella ufficiale dell’umanesimo curiale teso “ad un’apologetica del potere pontificio basata proprio sull’universalismo classico-cristiano”; una seconda: “...quella del Platonismo romano connesso con il filo rosso che lega l’insegnamento fiorentino del greco e pagano Giorgio Gemisto Pletone alla formazione di ambienti in cui, come nella Firenze medicea prisca theologia e cristianesimo si fondono attraverso la mediazione neoplatonica e per i quali il punto di riferimento è oltre al tedesco Niccolò Cusano un altro sapiente greco il monaco basiliano Giovanni Bessarione”, ed una terza linea: “...di un classicismo diffuso al di fuori dell’ambiente di Curia e mosso da esigenze ideologiche rapportabili all’eredità della tradizione municipale romana”. ...Le loro interazioni, carsiche o burrascose, le loro sovrapposizioni, più o meno facilmente solubili, il loro portato - oggettivamente - risultante... Tutto ciò, progressivamente, nelle varie corti rinascimentali.
    Complessivamente un testo inevitabile per la sua forza essenziale, col quale conviene confrontarsi appieno perché allegando i romani, come per noi è fortunatamente ancora genetico, lo si faccia con “...maggiore intelligenza d’esso... che coloro che leggeranno queste mie declamazioni possino più facilmente trarne quella utilità per la quale si debba cercare la cognizione delle storie...”, come dice il Machiavelli nel Proemio dei “Discorsi...”

  • Sempre che lo si faccia con quello spirito con cui si accompagna un dono ad un principe... Il Principe... Nicolaus Maclavellus ad Magnificum Laurentium Medicem: “...Desiderando io adunque, offerirmi, alla vostra Magnificenzia con qualche testimone della servitù mia verso di quella, non ho trovato intra la mia suppellettile cosa, quale io abbia più cara o tanto esístimi quanto la cognizione delle azioni delli uomini grandi, imparata con una lunga esperienzia delle cose moderne et una continua lezione delle antique: le quali avendo io con gran diligenzia lungamente escogitate et esaminate, et ora in uno piccolo volume ridotte, mando alla Magnificenzia Vostra.”