• 9788827228265 0 0 300 75

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  • "Il Cammino del Cinabro"
  • di 
  • Giovanni   Damiano
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  • Le edizioni Mediterranee hanno di recente pubblicato una nuova edizione del  Cammino del Cinabro arricchita da nuovi documenti (tra i quali le lettere a Himmler su Evola dei servizi segreti nazisti e altre note della polizia politica fascista, un articolo polemico dell’Osservatore romano, le carte della Regia Pretura di Roma sul processo contro il giornalista Danzi, il testamento di Evola, nuove informazioni, tratte da documenti inediti, sul soggiorno di Evola a Vienna nel 1944/45, sul bombardamento e sul successivo ricovero in ospedale, sulla sua morte e sulla vicenda dell’urna cineraria), ulteriori note esplicative e aggiornamenti bibliografici.
  • Detto questo, mi limiterò a qualche sommaria riflessione.  Il Cammino del Cinabro è un testo affascinante innanzitutto perché insolito, pochi essendo i libri che possono essergli paragonati. La ragione di quest’opera, oltre le motivazioni addotte dallo stesso autore, sta probabilmente nell’itinerario, altrettanto inusuale, compiuto da Evola. Un percorso così accidentato, ricco di svolte e d’interessi tra loro tanto diversi, richiedeva evidentemente agli occhi di Evola una ricostruzione che in qualche modo ne segnalasse il ‘filo rosso’, permettendone una lettura unitaria. Certo, in casi del genere può sorgere anche il sospetto di un intento autogiustificativo dell’opera, ma credo sia un sospetto in larga misura infondato; al di là di poche osservazioni sul ruolo e il significato del razzismo, che effettivamente paiono essere, per così dire, autoapologetiche, non ci sono, almeno a mio giudizio, nel Cammino del Cinabro altri indizi in grado di suffragare tale accusa. Piuttosto, ritornando a quanto detto in precedenza, penso che il punctum dolens del testo evoliano stia proprio nel non essere riuscito, in buona sostanza, a giustificare la lettura unitaria di cui sopra. Faccio qualche esempio: la fine della ‘fase artistica’ è lasciata sostanzialmente inspiegata, come non è veramente chiarito l’abbandono della ‘fase filosofica’ o il passaggio, altrettanto cruciale, dalla ‘tradizione mediterranea’ a quella ‘primordiale’. Insomma, gli snodi davvero decisivi, perché davvero problematici, del percorso evoliano, che poi in fondo si consumano nell’arco di nemmeno un decennio, rimangono sostanzialmente impregiudicati. Si resta insomma con l’impressione di una reticenza, di un ‘non detto’ da parte dell’autore, che è poi, alla fin fine, un altro dei motivi del fascino di quest’opera.