• Klages anima e spirito
  • Ludwig Klages
  • un filosofo da rivalutare
  • Una nuova edizione de
  • ‘L’anima e lo spirito’
  • di
  • Giovanni Sessa
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  • Il pensiero di Ludwig Klages sta, finalmente, tornado sotto i riflettori della critica anche in Italia. L’interesse per la sua opera, da un lato, risponde ad un bisogno del tempo presente, in cui si mostra, con evidenza, la crisi delle certezze della ratio, nonché la pervasività della Tecno-Scienza ma si accompagna anche al rinnovato interesse per un autore a lui prossimo, Stefan George. E’ da poco nelle librerie, per meritoria scelta di Meltemi editrice, il volume klagesiano, tradotto in italiano nel 1940 da Remo Cantoni, L’anima e lo spirito. Il testo, curato da Davide Di Maio, autore di una pregevole prefazione, presenta al lettore tre scritti capitali del filosofo tedesco: L’essenza del ritmo, Preludio alla caratteriologia, La natura della coscienza, (per ordini: 02/22471892, pp. 301, euro 20,00). Si tratta di una vera e propria sintesi dell’opera principale di Klages, che attende ancora di essere tradotta integralmente nella nostra lingua.
  • Il pensiero del nostro filosofo è stato lungamente ostracizzato: le sue pagine testimoniano un radicale antimodernismo e, soprattutto, una strenua opposizione al logocentrismo. Ciò indusse Lukács ne, La distruzione della ragione, a presentarlo, tout court, quale insigne rappresentante dell’«irrazionalismo» e «precursore» del fascismo (anche se dai nazisti fu perseguitato!). Ciò non deve stupire, in quanto, per il pensatore tedesco, critico del Gestell, dell’Impianto heideggeriano, capitalismo e marxismo condividevano le medesime responsabilità in merito alla «meccanizzazione» della vita umana e allo sfruttamento della natura. Del resto, su di lui è gravato quello che, uno studioso, ha definito il «trauma giudaico»: insomma, il filosofo, è andato incontro alle medesime «riprovazioni» che hanno gravato su autori prossimi alla Rivoluzione Conservatrice (movimento altro dal nazionalsocialismo!), quali Heidegger o Jünger. In realtà, Klages rappresenta nel pensiero europeo primo novecentesco, una sopravvivenza residuale di romanticismo intuizionista. Le sue suggestioni speculative hanno agito in modo carsico e profondo sulla definizione benjaminiana di «aura», quanto sulla dialettica dell’Illuminismo dei Francofortesi, come evidenzia Di Maio. Egli, inoltre, fu attivo membro, assieme a Schuler e Wolfskehl (autori che, come Klages, attendono di essere riscoperti) dei Cosmici monacensi, circolo intellettuale che guardava con estremo interesse al «paganesimo».
  • Attualmente, in ambito germanistico, lo rileva il curatore, è in atto un recupero di Klages in termini post-moderni: il suo soggetto «patico», sostiene Preusser, decreterebbe la fine della soggettività cartesiana e sarebbe un io: «che ha ormai deposto le insegne della supremazia (utilitaristica) sulla Lebenwelt» (p. 9). In questo senso, Klages è letto quale apripista della tendenza teoretica che, muovendo da lui, giungerebbe a definirsi in Derrida, Foucault e Barthes. Per altri studiosi, al contrario, in Klages bisognerebbe ravvisare l’antesignano della Nuova Fenomenologia. Le sue intuizioni relative al: «concetto di immagine […] rivelano il portato di rottura […] con la Fenomenologia tradizionale» (p. 10). Egli comprese che ridurre immagini ed atmosfere ad oggetti e cose, in funzione delle pretese cognitive del soggetto, rappresentava un tradimento dell’essenza non quantificabile, determinabile, dell’immagine stessa.
  • I tre scritti della silloge hanno avuto lunga gestazione e sono stati rivisti, ampliati e modificati, in più di una circostanza, dall’autore. Complessivamente, essi attestano la discendenza intellettuale e spirituale di Klages dal «Romanticismo di Heidelberg», dalla sua simbolica della storia e, in particolare, da due autori, Nietzsche e Bachofen. Del filosofo dell’eterno ritorno egli radicalizza il tema dionisiaco, rendendo tale polarità divina di fatto inconciliabile con la dimensione apollinea, oltre che la critica al Cristianesimo. Anzi, Klages ritiene che la volontà di potenza nietzschiana sia l’altro volto del Dio-Volontà del Cristianesimo. Il dionisismo è, del resto, la chiave di volta, di cui il nostro si serve per liberare Bachofen dai residui cristiani, attraverso l’esaltazione del passato a-storico dei Pelasgi. Per Klages, l’anima è, nel mondo pelasgico: «spazio ‘estatico’ di un Io che in essa sperimenta l’unione con il corpo in perfetta armonia con il cosmo […] libero dal fardello dello spirito» (p. 14). Quest’ultimo è ridotto ad attività meramente intellettuale, discriminate, che alla luce dell’adesione al principio d’identità, risulta incapace di cogliere la natura dell’immagine, se non trasformandola in «cosa», oggettivandola.
  • L’anima si esprime essenzialmente per simboli, suoni, gesti, mantenendo rispetto alle immagini un rapporto di prossimità-lontananza dal tratto erotico-contemplativo. Lo spirito risulta, pertanto, latore di un atteggiamento apprensivo, maschile, rispetto alla realtà metamorfica della natura, l’anima, di contro, è portatrice di una visione delle cose che «lascia essere», lascia fluire. Quando Klages superò le suggestioni del George Kreis, individuò in Goethe l’ultimo rappresentate dell’ atteggiamento patico nei confronti del mondo. Alla riduzione cosale del mondo, propria dello spirito, è consustanziale l’approccio misurabile ed utilitarista, oggi dominante. Solo alla visione patica e animica è concesso di rilevare, in termini eraclitei, il «ritmo» del fluire del tutto. Con Parmenide e Platone, nella storia del pensiero europeo, si è affermato l’atteggiamento opposto, centrato sullo spirito, che tende a scindere in singoli momenti il ritmo, a dividerli, riducendoli a «battute». Attraverso il ritmo, la physis dà luogo ad un rinnovamento perenne di sé stessa, fondato sul simile. La lettura soggettivistica e moderna della realtà, coglie, al contrario, nelle cose semplicemente l’identico: «La battuta ripete, il ritmo rinnova» (p. 17).
     Per Klages la chiave di lettura della vita, non può, pertanto, essere che analogica, ad essa si può  solo accennare. Nell’uomo i due atteggiamenti convivono, come del resto l’anima e lo spirito: perfino nella poesia, espressione per antonomasia di creazione patica, si rende necessario l’uso dei metri. Resta il fatto che, per il filosofo tedesco, davvero reali sono le immagini, mentre le cose vengono semplicemente pensate. E’ importate sottolineare come nello scritto, Preludio alla caratteriologia, ci sia una riferimento all’«Es». Nella personalità, a dire del pensatore, l’Io occupa un posto centrale, essendo collocato tra l’«Es» ed il sorgere dell’azione umana. Klages è un filosofo sul quale è necessario tornare a riflettere, al di là dei pregiudizi politici, che per troppo tempo hanno gravato sulla sua opera. Un compito che, in primis, dovrebbero assumersi quanti si sentono prossimi al pensiero di Tradizione.