• Immagine MUTA

  • …Nel 2015 l’Heliopolis
  • si è cimentata in una piccola impresa per il suo statuto ormai amatoriale…
  • Infatti commercialmente era in ritirata almeno dal 2005 data dell’ultima
  • convinta partecipazionee al ‘Salone del libro di Torino’,
  • quindi, dal 1985, erano stati più di 30 anni di onesto lavoro in faccia al mondo…
  • Ma questa era un’indagine che partiva dall’illusione
  • di poter sottoporre - ora possiamo ben dirlo - con una notevole sfacciataggine,
  • all’universo dei nostri accademici e pensanti vari, una domanda:
  • “Non aver paura di dire”…
  • Era una sfida che faceva riferimento ad un lavoro ormai tipicizzato
  • su “libri-idea
  • (…non s’ironizzi troppo facilmente sull’apparente ovvietà dell’endiadi,
  • considerando proposizione, acquisizione e svolgimento comunitario del metodo scelto),
  • pratica ormai già ben avviata
  • (coinvolgendo poi anche altre realtà editoriali)
  • principalmente dopo tre testi come il
  • “Manifesto per una Nuova Oggettività”,
  • “Al di là della destra e della sinistra”,
  • “Per quale motivo Israele…?”
  • ed altri ancora
  • su Pierre Pascal, su Filippani Ronconi e su Andrea Emo
  • La novità assoluta però era che ci si rivolgeva non più a dei “richiesti prevedibili”
  • ma si allargava l’indagine a 360°.
  • Cosa anche ben criticabile, per merito e metodo.
  • Ora, sarebbe un poco nostalgico se tentassimo di ripercorrere quel grande sforzo fatto
  • per poi ottenere 130 paginette, apparentemente facili e nello stesso tempo inattese,
  • se non nutrissimo ancora un possibile nuovo progetto
  • da confrontarsi (necessariamente) con quello.
  • Diversamente e consapevolmente.
  • Per farlo ripercorro, ora a titolo strettamente personale, quell’esito
  • della tavoletta Heliopolis del 2015
  • e spero che questa lettura possa essere di piccolo supporto almeno
  • a coloro che vorrano ancora risponderci positivamente in un prossimo futuro
  • sull’ipotesi scrittoria che assieme, a breve,
  • nuovamente decideremo…
  • (S.G.)
  •  
  • ‘La paura di dire’
  • di
  • Sandro Giovannini

  •  Bìos/Biòs
  •  
  • “Non aver paura di dire…”, lo dico ora io, che non sono stato uno dei rispondenti del libro/tavoletta, con questo stesso titolo, che abbiamo edito nella collana ‘tabulae’ dell’Heliopolis, per una precisa scelta. Starne fuori e fare solo la promozione (in senso totale) e la curatela era la condizione necessaria per non far apparire troppo condizionata la cosa sin dalla partenza, già oltre i limiti di ciò che la nostra storia comune (e la mia poi particolare) poteva abbondantemente presupporre, sia negli honestiores che nei maliziosi. Ma in definitiva, il precipitato scrittorio… cui prodest? Perché aprire a 360° un’indagine sui “richiesti”, oltre 250 tra i principali accademici attuali di filosofia italiana e dintorni, di cui una percentuale (il 6% circa) precipitati infine tra i 42 del complesso scrittorio (ma pochissimi tra i tanti … e questo è già rivelatorio), quando si volesse una tesi sostanzialmente precostituita, ovvero una - sia pur implicita - condanna della situazione attuale e come recitano le non molte (ma le cose cambiano velocemente) menti più versate dell’anti/establishement, dichiaratamente in alternativa organica all’attuale globalizzazione del pensiero?

 

  • ...
  • Forse direbbe (il perspicace e/o malizioso) - al di là dell’accettazione teorica o meno di questa generale tesi - proprio per tarare questo cambio, che - a nostro personalissimo avviso - si affaccia ormai nell’orgia terminale della falsificazione mediatica a favore del modello occidentalista, liberista e capitalista. Orgia terminale che è quindi parossistica, necessitata da un classico in fine velocior… anche se nessuno di noi, ovviamente, possiede la sfera di cristallo e gli esiti potrebbero essere i più diversi, perché poi la posta in gioco è vitale per tutti e le forze in campo sono immani e quindi ognuno giocherà la sua partita senza sconti e molti senza pietà alcuna.
  • Ma il processo che si sta determinando rivela un suo clinamen indubitabile, di stanchezza ormai definitivamente evidente a tutti, del modello occidentalista, che sta prendendo anche le sembianze di un nuovo populismo, spesso necessariamente sguaiato e sgangherato e forse per ora abbastanza inconcludente ma speriamo prodromico, quanto abbondantemente e prevedibilmente bacchettato - per forsennata reazione - dai sapientoni dell’ortodossia al potere, in nuovamente compiaciuta arroganza subentrata ultimamente all’indifferenza… (come recitava perfettamente Tarchi in un suo editoriale di un ultimo Diorama). Cosa che rivela una paura non secondaria o facilmente tollerabile, formatasi nel momento della consapevolezza diffusa - popolare, o come dicono oggi molti, anche “volgare” - del disagio. Forse poco a che vedere, allora, con chi giudica anche severissimamente, dovunque si situi e comunque lo faccia, l’attuale bailamme? Non so… ad esempio… (tanto per essere chiari), alcuni scelti elitisti ‘da’ sinistra (il da è necessario per le provenienze personali ma non sufficiente per i possibili esiti futuri) che darebbero, in teoria, molta sostanza al rifiuto ed alla sua consapevolezza, ma che hanno orrore come la peste di poter essere scambiati per sovranisti o di destra e di cui è inutile fare il nome, perché sono molti di più del prevedibile?…
  • Così il “non aver paura di dire…”, non è solo stato un atto di coraggio aperto all’incondizionato… ovvero non ha aiutato solo a non partire per la tangente sempre prossima dell’astrazione - forse recente (o antica) risorsa di qualche ‘professore’ (e non solo) che ben si guarda dal non essere troppo criticabile, là dove a lui serva… - (saggia opportunità? scaltro opportunismo?) magari con una bella e prevedibile tiritera su linguaggio e silenzio, per aggiungere al già infinitamente detto qualcosa di noiosamente inutile, quanto anche - autocriticamente - “a non inciampare nelle nostre idee…” come consigliava scherzosamente (?!) un sodale, che a questo ‘titolo’ (ed indagine) ha dato primissima origine… E lo metto in chiaro per la prima volta: Ettore Bonessio di Terzet… caro amico dolorosamente venutoci meno (“…ai giovani non occorrono metodologie ma contenuti”).
  • Residua ancora, come non eliminabile, che l’esito editoriale fu più modesto dell’idea prima (avere proprio il coraggio di dire…) e questo non certo perché i testi presenti non si possano reputare all’altezza della domanda, anzi a volte sorprendentemente arditi proprio per il poco paludamento del metodo e che sarebbe ingeneroso ed ancor più presuntuoso addurre, primo per la qualità indubitabile dei ‘richiesti’ e degli effettivi interventi e secondo anche per un comunque altrettanto indubitabile coraggio a mettersi in gioco di coloro che poi realmente l’hanno fatto, ma proprio perché, per infiniti motivi, tutti dovuti all’attuale generale condizione, i termini della questione erano tali e tanto aperti - e le condizionalità ‘ufficiali’ negative così limitanti - che si sarebbe ben ancor più potuto richiedere, ad una intellettualità sollecitata nel suo complesso (…quella che ha sostanzialmente - con mille motivi - rifiutato) di avere uno scatto complessivo (e non limitato in fondo a pochi) d’autenticità assoluta. Comunque ennesima innegabile cartina di tornasole.
  • Personalmente conosco bene poi ancora quell’altra, ancora diversa, disposizione di alcuni… "…non ho mai avuto paura di dire… e ne ho pagato il prezzo…" e la accetto proprio perché credo di esserne stato parte (di questa non tanta diffusa koinè) ma devo ammettere di aver nutrito comunque continue quasi sempre inconfessabili paure, da me non sempre espresse e spesso aggirate, di fronte alle magari enormi e macroscopiche, per altri (diversi caratteri), affrontate. Già... quelle inaffrontabili per altri magari erano ‘piccole’ per me, ma altre, invece, mi erano proprio difficili... Il mio statuto di “vacuità e di destino” spiega abbondantemente l’ossimoro e l’incongruenza che ci mette sempre di fronte alla nostra completa inadeguatezza, persino quando pensiamo o tentiamo d’agire cose grandi… ma non ho colto il fatto personale per una risibile graduatoria quanto perché è l’unico metro che mi certifichi ‘in’ e ‘di’ un io che si è confrontato con la paura nel mentre cercava di costruirsi… e poi…   chi sono io (il Papa?, ormai… come un Bergoglio qualsiasi), per ambire ad avere una dimensione di verità e dignità assolute? Per presumere della mia morale, quasi fosse l’unica dimensione animica che mi competa e per la quale debba avere così tanto rispetto da non rischiarla per nulla e per nessuno? Come se questa moralità fosse un golem, a cui dare patente di persona, "trattando l’ombre come cosa salda"… e non uno stato di coscienza, seppur conseguentemente perfezionabile? O per una compiaciuta (soprattutto dichiarata) essenzialità, che non potrebbe mai essere esausta (e neanche esaustiva) e sempre disperatamente tutta da dimostrarsi? Una dimensione tendenziale verso la grande/anima, il mito della maestria che tanto affascina quanti al meno lavorino su di sé… e che a volte si rivela solo la maschera sopra il volto reale della paideia, ch’è sempre in gioco e sempre a rischio caduta… Infatti per presumere poco, istintivamente, appunto della mia moralità - come altri tra noi - ho preferito sempre Ettore sublimato da Enea… (e viceversa… ma grandezza ineguagliabile del poeta, oltre ogni dato presumibile del reale storico e psicologico) ed ultimamente, in termini teoria/prassi propendo - per di più - per una “paideia negativa”… Opportunità contro opportunismo allora si danno la voce… si richiamano alternativamente in un gioco che ha del tragico… ad una rappresentazione dialettica di noi stessi teorico/eroica (…D’Annunzio, Marinetti, Gentile, Pound, Jünger, Evola, Heidegger, Drieu, Céline, Mishima, Noica, Emo, tanto per citarne solo alcuni), che ci giudica poi di una vita…
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  • Residua alla grande (…quando residua) il “non arraffare” come diceva Montherlant… (che comunque smarca sempre), ma non basta... questo forse basterebbe per i livelli meno convincenti della scala gerarchica, diciamo… invece per quelli ove si cerca di lavorare oltre, il "non arraffare", non basta… ci vorrebbe proprio il togliere e togliereGrund der Seele… il mettersi in una condizione di autocritica nella possibile visibilità esterna, il farlo (nel fare però… non nel sottrarsi) addirittura senza clamori, senza eccesive dichiarazioni, senza troppe convinzioni su sé...   !!!Notate... quanto le anime piccole appena possano parlare... dicano subito: “Io sono fatto così, questo è il mio carattere, io reagisco in tal modo…”, eccetera eccetera!!!…
  • Dare impulso ed abbandonare… intraprendere e mollare… senza neanche (se non è tutto indubitabilmente, impeccabilmente, puro) la postura eroica della “nobiltà della sconfitta”, sapendo bene che sempre conviene vincere e magari alla fine, quando hai vinto, magari nella tua infinitesima parcellizzata occasione, lasciar perdere… lasciare agli altri vedere, commentare, appropriare, decidere ed anche far conseguente storia/verità… “vacuità e destino”. Tanto lo farebbero lo stesso. Tanto la Forza è ciò che domina il mondo (…ed il dirlo potentemente - oltre l’accettazione passiva di cui anch’io sono stato vittima teorica per troppo tempo - è venuto a volte da direzioni imprevedibili) e quindi non perché ontologicamente sia più giusto a favore di altri, i prepotenti, paludati o straccioni che siano, che magari non sono proprio ‘il massimo’ (forse neanche il minimo), ma più giusto propriamente a favore tuo. Sei proprio tu che ci guadagni, ed alla fine ti senti più pulito. Comunque sideralmente lontani dalla risposta pronta di troppi progressisti/umanisti fasciati sin dalle culle nella loro prosopopea di un divenire imbecille ed indimostrato.
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  • Tutti quindi siamo abbastanza impreparati alla richiesta e tutti incompleti alla bisogna, ma questa certezza non mi rende (ora parlo al singolare assoluto) meno desideroso di illusione e di utopia, di riconforto e di slancio, di lucida pietas… Certo questa pietas ci avvolge tutti, avvolgendo me per primo nella mia ‘fervente pochezza’, ma non è per nulla un nascondere, un celare, un passare oltre (…se non ‘dopo’).
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  • Le due colonne d’Ercole sono quindi ben visibili ed i marosi correntizi pure ed i piccoli fantastici mostri marini disseminati nelle nostre ingombre coscienze pure… ma noi non vogliamo, qui, fare una troppo grande storia per un piccolo libro… anche se il vero ‘non aver paura di dire’ dovrebbe essere il carteggio preparatorio, quasi sterminato, molto più implicante e rivelatorio che il precipitato scritturale, alla fine più scontato e controllato... sarebbe giusto… ma cosa di poca durata per il mondo che si vuole vestire, in genere, di abiti conformi e non sopporta, comunque, la violazione della privacy… come si dice ora.
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  • Invece vorremmo chiederci perché, ad esempio, certe volte è più facile chiedere ad un estraneo (di formazione culturale, di storia personale, di giro vocazionale) un parere libero ad una domanda che si potrebbe persino rivelare insidiosa, che ad un vecchio conoscente, ad un vecchio compagno di strada, un antico collaborante? (troppe cose dure da ricordare?, troppe melanconiche foto di gruppo nell’armadio?). Quest’ultimo (...non l’armadio, ma proprio lui, l’ex collaborante) magari riscontrato (ritrovato), non direttamente (che a volte sembra stagliarsi una distanza ingiustificata…), ma sulle idee, parola per parola, gusto per gusto e magari persino disgusto per disgusto. (…il nuovo cinquantenario degli ‘scettici blu’, anarcoidati e pronti per la - speriamo dignitosa - pensione). Ma il ‘fastidio’ - a volte, per fortuna nostra non sempre - di color che pensano le stesse cose, per se medesimi, o meglio per gli altri simili a sé, ha raggiunto sovente un livello ridicolmente paradossale… Insopportabile.  Troppe delusioni di mezzo. Subite e praticate. Questo spiegherebbe, forse, troppe posture altrimenti incomprensibili... O, sempre ad esempio, quando e quanto più ci si allontani dalla prevedibile koinè umanista e magari ci si muova in quella “a cavallo delle due culture”, subito si senta un interessamento più attento ed una comprensione più facile (dico… proprio degli scientifici, magari meno onusti di "ideo-logia", alla Augé), meno problematica che per altri, per l’apparentemente facile domanda?  Non so rispondere perché non sono un patologo/tuttologo
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  • La prima domanda, ci regala comunque un insegnamento sicuro: da tempo abbiamo staccato gli ormeggi, ma la mente troppo spesso ancora si rifugia comprensibilmente nell’Itaca d’origine… perché è lì poi che ritorneremo (“…E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. / Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso / già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare”). Mari sconvolti… troppi compagni persi fra le onde... e la nostra una barca meravigliosa ma fragile… così continuiamo a navigare reggendo il vento e pompando dalla sentina, ma sospettiamo l’imponderabile e temiamo l’impregiudicato, conoscendo la forza immane del mare… Dobbiamo scamparla, non tanto per noi, ma per il carico che, convintamente, portiamo.
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  • La seconda, ci mostra campus verdi ove sogniamo d’insufflare dosi massicce di ricerca, d’eccellenza e di convivialità, come se fossimo una start-up (tanto di moda...), troppo in fretta ingrandita, speranzosa ed utopica… Dappertutto, fuori, impazzano urlandosi uno sull’altro, i marginali, i creativi, gli esaltati, i conferenzieri ed i ‘mondani’, e noi, tutto nonostante, siamo lì, convinti delle nostre buone ragioni secolari, ma circondati da ciò che non ci appartiene che per contesto: bailamme anarcoide, compiaciuto e grottesco. Spesso gratuitamente violento. Non certo il mondo omerico della Forza… ‘Che la Deità ce la mandi buona’…

  • Tavoletta heliopolis:  
  • AA.VV., “non aver paura di dire...”, 130 pagine, copertina lignea incisa laser,
  • edito da HELIOPOLIS EDIZIONI di idee e materiali di scrittura,
  • Collana Tabulae, Gennaio 2015,
  • a cura di Luigi Sgroi, Gianni Bertuccioli, Sandro Giovannini.
  • Autori: Angela Ales Bello, Univ. Lateranense, Roma. Luigi Alfieri, Un. Urbino. Alberto Cesare Ambesi, scrittore. Saronno. Umberto Bianchi, filosofo e poeta, Roma. Mariano Bizzarri, Un. Roma 1. Ettore Bonessio di Terzet, Un. Genova. Claudio Bonvecchio, Un. Insubria. Giuliano Borghi, Filosofo della Politica, Roma. Riccardo Campa, Un. Cracovia. Agostino Carrino, Un. Napoli. Vitaldo Conte, Acc. Belle Arti. Roma. Raimondo Cubeddu, Un. Pisa. Giovanni Damiano, scrittore, Salerno. Vittorio de Pedys, economista, Roma. Gianfranco de Turris, scrittore, Roma. Massimo Donà, Un. San Raffaele, Milano. Adriano Fabris, Un. Pisa. Francesco Franci, matematico, Roma. Luca Gallesi, scrittore, Milano. Romano Gasparotti, Acc. Brera, Un. San Raff. Milano. Giuseppe Gorlani, scrittore, Assisi. Luca Grecchi, filosofo, Lodi. Roberto Guerra, poeta, performer, blogger, Ferrara. Michelangelo Ingrassia, Un. Palermo. Vito Limone, Un. San Raff. Milano. Luigi Lombardi Vallauri, Un. Insubria e Sassari. Francesco Mancinelli, cantautore, storico musicale, Roma. Gian Ruggero Manzoni, pittore, critico d’arte, scrittore, Lugo di Romagna. Gianluca Montinaro, Un. IULM, Milano. Raffaele Perrotta, Un. Genova. Miro Renzaglia, poeta, performer, blogger, Roma. Antonio Saccoccio, Un. Roma, Tor Vergata. Andrea Scarabelli, saggista, Milano. Giovanni Sessa, filosofo, Alatri. Luca Siniscalco, saggista, Milano. Francescomaria Tedesco, Scuola Superiore S. Anna, Pisa. Stefano Vaj, filosofo, Milano. Marco Vannini, teologo, scrittore, Firenze. Marcello Veneziani, scrittore, Roma. Filippo Venturini, archeologo. Pesaro. Piero Visani, scrittore, polemologo, Torino. Eduardo Zarelli, editore, Bologna.
  • Un utile accompagnamento al libello è anche quello che forniscono Roby Guerra e Sandro Giovannini intervistati da Luca Siniscalco per ‘barbadillo.it’, scritto ora confluito in: ‘Rivista online Heliopolis’ (www.heliopolisedizioni.com) con titolo: “Intervista a Roberto Guerra e Sandro Giovannini a proposito della tavoletta Heliopolis ‘Non aver paura di dire’, a cura di  Luca Siniscalco”…